La protesta di 50 famiglie sfrattate a Bologna ha portato a una mezza soluzione
Per sei giorni hanno occupato una palazzina, finché il comune ha proposto delle sistemazioni

Mercoledì sera, a Bologna, circa cinquanta famiglie che per sei giorni avevano occupato una palazzina dopo i violenti e discussi sfratti avvenuti la settimana scorsa l’hanno liberata: il comune si è accordato con la prefettura in modo che le famiglie (142 persone in tutto, di cui una settantina di minori) ricevano un alloggio temporaneo in albergo oppure rientrino nelle case in cui abitavano per il tempo che servirà a negoziare coi proprietari le modalità di sfratto. Nel frattempo le persone hanno trovato vari tipi di sistemazioni temporanee nella notte tra mercoledì e giovedì.
Gli sfratti che hanno portato all’occupazione, diventati un caso per le modalità violente con cui sono stati attuati, avevano riguardato solo due famiglie: lo stabile era stato occupato sia da loro che da altre decine di famiglie in emergenza abitativa in altre parti della città. Queste altre famiglie si sono organizzate per occuparlo insieme all’organizzazione locale Plat, che si occupa di diritto alla casa e ha seguito molto il caso. Plat aveva detto che l’intenzione dell’occupazione così partecipata era di «rendere collettivo il problema abitativo». Lo stabile occupato e poi liberato si trova in via Don Minzoni 12, non lontano dal centro e vicino alla stazione.
Gli sfratti in questione avevano suscitato molte reazioni politiche per la sproporzionata violenza con cui erano stati fatti, oltre a proteste da parte delle stesse famiglie. Vivevano in uno stabile di via Michelino, nella periferia nord est della città, e gli era scaduto il contratto d’affitto: giovedì 23 ottobre alcuni agenti in tenuta antisommossa avevano sfondato la porta di un appartamento e poi il muro confinante per poi entrare in quello di fianco, il tutto alla presenza delle famiglie e dei minori (due ragazze adolescenti e tre bambini, tra cui una con disabilità e uno di dieci mesi).
Gli sfratti hanno portato nuovamente l’attenzione sulla questione del diritto alla casa, che a Bologna è molto sentita: sia perché è una delle grandi città che più hanno risentito dell’aumento dei prezzi dovuto al crescente mercato degli affitti brevi, sia perché si era distinta finora per un approccio avanzato e progressista sul diritto alla casa (in particolare per quanto riguarda le occupazioni).
Gli sfratti erano stati fatti dopo mesi di trattative tra la proprietà dello stabile e le famiglie dopo la scadenza del contratto d’affitto. Secondo Plat, gli inquilini avevano continuato a pagare il canone mentre cercavano di trovare un accordo per il rinnovo con la proprietà, descritta come una società immobiliare che vorrebbe usare l’immobile per affitti brevi e che aveva rifiutato qualsiasi offerta al rialzo delle famiglie.
I legali della proprietà hanno detto che lo sfratto era stato attuato dopo mesi di rinvii in cui le famiglie avevano rifiutato altre soluzioni, come la sistemazione temporanea in hotel, e avevano negato di voler convertire le case degli sfratti in appartamenti per affitti brevi (la vicenda è raccontata estesamente qui).
La soluzione su cui si sono accordati comune e prefettura è temporanea, e prevede due soluzioni diverse per i due gruppi in cui sono divise le famiglie che avevano occupato lo stabile di via Don Minzoni.
Il primo gruppo, che aveva già ricevuto l’ordine di sfratto, verrà temporaneamente sistemato in alberghi convenzionati col comune per poi essere inserito in progetti di accoglienza gestiti da ACER: l’Azienda Casa Emilia-Romagna, l’ente pubblico che gestisce le case popolari.
L’inserimento dovrebbe avvenire «nel più breve tempo possibile», ha detto al Corriere di Bologna Fabio Scaramella di Plat, che ha partecipato alla trattativa che ha portato all’accordo insieme al sindaco Matteo Lepore, alla vicesindaca Emily Clancy, all’assessora comunale al Welfare e alla Sicurezza Matilde Madrid, al prefetto Enrico Ricci e al questore Antonio Sbordone.
Gli alberghi in cui verranno sistemate queste famiglie saranno a Bologna, ed è un fatto rilevante: prima dello sfratto alle famiglie era stato proposto di andare in alberghi in provincia, soluzione inadeguata perché la struttura è molto lontana dal luogo di lavoro e dalle scuole che frequentano i figli, e non hanno una macchina per spostarsi.
Il secondo gruppo di persone, destinatario di un ordine di sfratto entro la fine dell’anno, rientrerà nelle case da cui è stato sfrattato continuando a pagare l’affitto. Nel loro caso è meno chiaro cosa succederà: dopo l’incontro in prefettura, Plat ha detto alla stampa locale che le trattative con la proprietà serviranno a evitare modalità di sfratto violente fino a quando non verranno trovate soluzioni abitative migliori, ma al momento non ci sono altre informazioni né su come dovrebbe avvenire lo sfratto né sul tipo di soluzioni proposte.
Un’ipotesi è che vadano a vivere in 30 alloggi che ACER sta ristrutturando, ma la vicesindaca Clancy ha chiarito che lì andranno sistemate anche altre famiglie che a breve subiranno uno sfratto, che sono in lista d’attesa e che in alcuni casi potrebbero avere la precedenza sulle famiglie sfrattate giovedì scorso.



