Le elezioni di metà mandato arrivano in un brutto momento per Milei
Il presidente argentino soffre nei sondaggi ma può puntare a guadagnare qualche seggio in parlamento, e non sarebbe poca cosa

Domenica in Argentina si vota per le elezioni legislative di metà mandato, con cui si rinnovano la metà della Camera dei Deputati e un terzo del Senato. Il voto è importante anche perché contribuirà a misurare la popolarità del presidente ultraliberista Javier Milei, che sta attraversando un periodo non positivo in termini di consenso e quasi certamente non riuscirà a ribaltare i rapporti in parlamento, che oggi è controllato dalle opposizioni.
Dall’esito del voto dipenderà anche un pezzo di economia argentina, visto che il presidente statunitense Donald Trump, molto vicino a Milei, ha minacciato di sospendere l’attuale piano con cui gli Stati Uniti sostengono il valore del peso, la valuta argentina (del piano avevamo parlato estesamente qui).

Un sostenitore di Milei con un tatuaggio di Lionel Messi e una maschera da leone, uno dei simboli del presidente (AP Photo/Rodrigo Abd)
L’Argentina è una repubblica federale presidenziale. Il presidente può governare con decreti di urgenza (con limiti), ma le leggi vere e proprie sono promosse e approvate dal parlamento. Proprio in parlamento il partito di Milei è in netta minoranza: nel 2023 prese poco più del 25 per cento dei voti ed elesse 7 senatori (poi diventati 6) e 37 deputati. Anche allora si rinnovavano un terzo dei 72 seggi del Senato e metà dei 257 della Camera.
Contando sull’appoggio della destra tradizionale e dei partiti di centro, a giugno Milei è riuscito a far approvare la cosiddetta legge bases, una serie di riforme ampia e molto discussa. Poi le cose sono cambiate e Milei non è più riuscito a promuovere le sue riforme. L’opposizione guidata dai peronisti (centrosinistra) ha la maggioranza alla Camera e al Senato e ha proposto e approvato leggi che andavano apertamente contro le politiche di Milei. Per esempio negli ultimi mesi il parlamento ha votato lo stanziamento di fondi per l’università pubblica, per la sanità e per le pensioni, aumentando la spesa pubblica.
Nonostante in queste occasioni Milei abbia esercitato il diritto di veto che gli garantisce la Costituzione, il parlamento è riuscito più volte a superarlo grazie a una maggioranza di due terzi (l’ultima volta è successo a inizio ottobre).
Nell’ultimo comizio prima di queste elezioni Milei ha accusato il parlamento di essere «destituente» e di aver cominciato a fare ostruzionismo quando ha visto che le misure economiche funzionavano. L’unica soluzione, sostiene Milei, è «cambiare faccia al parlamento». Fino a sei mesi fa La Libertad Avanza, il partito di Milei, puntava a un successo elettorale che lo avvicinasse alla maggioranza e convincesse alcuni potenziali alleati a sostenere il partito di governo. Ora l’obiettivo più credibile è mettere insieme un numero di parlamentari superiore a un terzo del totale e quindi recuperare il diritto di veto per il presidente.
È un obiettivo minimo e per proporre le sue leggi Milei dovrà comunque cercare l’appoggio delle componenti dell’opposizione più aperte al dialogo.
Le prospettive politiche di Milei del resto sono cambiate in modo radicale negli ultimi mesi. A febbraio il presidente era finito al centro di una truffa legata a una criptomoneta che aveva pubblicamente promosso (su cui stanno indagando la magistratura argentina e quella statunitense). Ad agosto la potente sorella Karina, sua principale consigliera, era stata accusata da un ex funzionario di prendere tangenti su contratti sanitari.

Javier Milei e la sorella Karina Milei, segretaria generale alla presidenza (AP Photo/Natacha Pisarenko)
Nel frattempo, anche la situazione economica del paese è tornata a essere complessa: Milei era riuscito a ridurre fino a livelli sostenibili l’enorme inflazione argentina, grazie soprattutto a una rivalutazione del peso, la moneta locale. Il peso forte ha però frenato la crescita economica e soprattutto ha intaccato il già limitato potere d’acquisto dei cittadini. Le fasce più povere sono state colpite dai tagli ai sussidi, la riduzione della spesa pubblica ha portato al licenziamento di molti dipendenti statali.
Fra scandali ed economia Milei ha perso parte del favore popolare e alle elezioni locali della provincia di Buenos Aires (dove vive il 40 per cento degli argentini) Fuerza Patria, la coalizione peronista, ha vinto con 14 punti di scarto sul partito del presidente. Il risultato ha allarmato gli investitori internazionali e la valuta argentina ha perso valore, rischiando di innescare una nuova crisi profonda.
Milei ha ottenuto però il sostegno statunitense: l’amministrazione Trump lo considera il principale alleato in Sudamerica e ha promosso l’acquisto di 2o miliardi di dollari di valuta argentina, a cui ne seguiranno altri 20 da parte di banche private statunitensi.
Ma l’intervento di Trump e la minaccia di ritirare gli aiuti in caso di vittoria delle opposizioni potrebbero non favorire Milei alle elezioni. La sinistra ha definito Milei un presidente «comandato da Washington» e ha denunciato l’ingerenza statunitense.

Una manifestazione antigovernativa con caricature di Milei e Donald Trump (AP Photo/Victor R. Caivano)
Nell’ultimo mese sono anche continuati gli scandali. José Luis Espert, principale candidato di La Libertad Avanza in queste elezioni a Buenos Aires, è stato accusato di aver ricevuto 200mila dollari da un uomo in attesa di essere estradato per narcotraffico negli Stati Uniti. Si è ritirato il 5 ottobre, troppo tardi perché il suo nome e la sua foto fossero cancellati dalle schede elettorali, che così presenteranno agli elettori un capolista che non ha trovato modi convincenti per giustificare quel pagamento.
Negli ultimi giorni poi il governo di Milei ha perso due ministri: Gerardo Werthein, degli Esteri, si è dimesso mercoledì, dopo ripetute polemiche; mentre Mariano Cúneo Libarona, ministro della Giustizia, lo farà lunedì.
Altri cambi saranno resi necessari dall’elezione di ministri al Senato o alla Camera, visto che non è possibile il doppio ruolo. Ci saranno quindi sostanziali modifiche alla formazione di governo, e potrebbe guadagnare ulteriore potere e influenza Santiago Caputo, l’altro rilevante consigliere di Milei, che guida una sorta di corrente interna militante e con attrazioni verso l’esoterismo chiamata Las Fuerzas del Cielo (Le forze del cielo), che si definisce come «il braccio armato di Milei». Caputo ha portato alle dimissioni Werthein accusandolo di non avere rapporti sufficientemente buoni con l’amministrazione statunitense.
La Libertad Avanza potrebbe comunque risultare il primo partito su base nazionale: un risultato superiore al 35 per cento sarebbe considerato positivo, uno sotto al 30 per cento preoccupante.
Il principale partito di opposizione continua a essere quello peronista che fa riferimento a Cristina Kirchner, a giugno condannata in via definitiva a sei anni di carcere per corruzione. Le opposizioni sono forti e attive a livello locale, con molti governatori provinciali diventati i principali oppositori del governo del presidente, ma frammentate e incapaci di proporre un’alternativa credibile a livello nazionale. Con Kirchner agli arresti domiciliari, ha assunto il ruolo di leader il governatore di Buenos Aires Axel Kicillof, considerato un potenziale candidato presidente per il 2027.

Il governatore della provincia di Buenos Aires Axel Kicillof il 23 ottobre 2025 (EPA/JUAN IGNACIO RONCORONI)
Nel comizio di chiusura della campagna, Kicillof ha criticato lungamente l’operato di Milei, fra le altre cose dicendo che si era presentato come una grande novità, ma che sta riproponendo misure economiche liberiste già provate senza successo in Argentina: «Quella cosa della motosega era una truffa su TikTok». La motosega contro le spese dello stato fu uno dei simboli della campagna presidenziale di Milei, che proponeva misure estreme e prometteva un cambio radicale nella politica argentina, che fino a oggi non si è davvero realizzato.
I sondaggi delle ultime settimane hanno mostrato una generale disillusione di parte dell’elettorato, che ha opinioni negative su tutte le formazioni politiche.



