Come si vendono i gioielli rubati al Louvre?

Sono troppo riconoscibili anche per il mercato nero, e smembrandoli si rischia comunque parecchio

La tiara dell’imperatrice Eugenia (Museo del Louvre via REUTERS)
La tiara dell’imperatrice Eugenia (Museo del Louvre via REUTERS)
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Il valore degli otto gioielli rubati domenica scorsa al Louvre è “inestimabile” secondo esperti ed esperte, e non è un’espressione retorica per dire che valgono molto. Stimare il valore economico di questi beni è praticamente impossibile: venderli nelle loro condizioni attuali, anche a compratori abituati a trattare beni rubati, sarebbe infatti difficilissimo, dal momento che sono talmente riconoscibili che ladri e acquirenti rischierebbero di essere scoperti subito.

Nonostante questo è difficile che siano stati rubati per motivi diversi da quello di arricchirsene. Alexandre Léger, esperto di gioielli e orologi da collezione, ha detto a Le Monde che anche non considerando il valore storico di questi gioielli, il prezzo dei singoli materiali che li compongono è «astronomico».

I gioielli fanno parte della collezione di Napoleone e di alcune sovrane francesi e contengono, secondo Léger, migliaia di pietre da oltre 2500 euro al grammo, a cui va aggiunto il valore dei metalli preziosi. Tra i gioielli rubati ci sono la collana della regina Maria Amelia e della regina Ortensia, composta da otto zaffiri e 631 diamanti, e la tiara dell’imperatrice Eugenia, che contiene quasi 2mila diamanti.

Una spilla dell’imperatrice Eugenia, che fa parte degli oggetti rubati durante il furto (Museo del Louvre via REUTERS)

Secondo vari esperti una delle ipotesi più plausibili è quindi che i ladri smembreranno i gioielli, fondendo i metalli preziosi per venderli separatamente dalle pietre, così che sia più difficile riconoscerne l’origine. È probabile comunque che aspetteranno un po’ di tempo prima di vendere i gioielli in questo modo: i primi giorni dopo il furto sono infatti il periodo in cui l’attenzione della polizia è più alta e in cui correrebbero il maggior rischio di essere scoperti.

Il fatto che qualcuno decida di rubare dei gioielli di un tale valore storico dal Louvre per rivenderli come farebbe con qualsiasi pietra o metallo prezioso è meno assurdo di quanto possa sembrare. Come ha spiegato infatti al Guardian Christopher Marinello, esperto di recuperi di opere d’arte rubate, «oggigiorno un negozio di Cartier ha una sicurezza migliore» del Louvre.

Corinne Hershkovitch, avvocata esperta in diritto dell’arte, che ha parlato col quotidiano francese Libération, sostiene che anche se venissero vendute singolarmente le pietre preziose sarebbero comunque troppo riconoscibili a un occhio esperto, e i ladri rischierebbero troppo anche in quel caso. Secondo Hershkovitch è quindi più probabile che un ricco mandante abbia commissionato il furto dei gioielli per impossessarsene. È un’ipotesi sostenuta anche da altri. La procuratrice di Parigi Laure Beccuau ha detto che non si può escludere che sia stato un mandante straniero a finanziare il furto. Sono comunque solo ipotesi.

Il montacarichi usato dai ladri per entrare al Louvre (AP Photo/Alexander Turnbull)

I gioielli facevano parte delle collezioni dei “Gioielli di Napoleone” e dei “Gioielli dei Sovrani francesi”, e sono stati rubati da 4 persone a volto coperto che sono salite su un balcone con un montacarichi e hanno usato delle smerigliatrici per tagliare i vetri delle finestre e delle teche. Diversi politici francesi si sono lamentati della gestione della sicurezza del Louvre e degli altri musei francesi, anche perché questo non è il primo furto di questo tipo in tempi recenti: a settembre erano stati rubati oggetti d’oro per un valore di 600mila euro dal Museo di storia naturale di Parigi, e sempre a settembre erano stati rubati due piatti e un vaso dal Museo nazionale Adrien Dubouché di Limoges, nella Francia centrale, con perdite stimate pari a 6,5 milioni di euro.