Quante cose dice di noi un capello
Dall'esposizione a sostanze a indizi sulla nostra salute, e solo in certi casi il DNA

I capelli che abbiamo in testa sono morti, eppure possono raccontare lo stesso qualcosa di noi. Non solo per quanto riguarda i nostri gusti, per esempio a seconda dell’acconciatura che abbiamo scelto, ma in certa misura anche per lo stato della nostra salute. Nella loro struttura sono racchiuse le tracce delle sostanze che il nostro organismo ha prodotto o assorbito nei mesi precedenti, e che entro certi limiti possono essere utili per ricostruire aspetti del benessere fisico e ambientale.
Anche a causa delle molte pubblicità che parlano di “nutrirli” e “ravvivarli”, tendiamo spesso a pensare che i capelli siano vivi, composti da cellule che si comportano come tutte le altre presenti nel nostro organismo. In realtà, nella parte esterna e visibile del capello (il fusto) non c’è nulla di “vivo”, solo proteine, grassi e pezzi di cellule morte. Non c’è quindi niente da nutrire o da riparare con shampoo, balsami e altri prodotti: i cosmetici servono per proteggere quello che c’è ed evitare che si degradi troppo velocemente.
La parte viva del capello è il bulbo, che si trova nel follicolo pilifero, il profondo avvallamento nel cuoio capelluto dove le cellule producono le sostanze come la cheratina che formeranno poi il fusto del capello stesso (lo stesso vale per i peli). Ogni follicolo attua un ciclo in maniera indipendente dagli altri, passando per una fase di crescita in cui il bulbo è attivo (anagen), una di pausa (catagen) e una in cui si libera del capello ormai troppo vecchio facendolo cadere insieme alla parte non più vitale del bulbo (telogen), che intanto si rigenera nel follicolo per il ciclo successivo. In ogni momento, circa un follicolo su dieci è nella fase catagen o telogen, quindi è normale perdere sempre qualche capello, ma una perdita più consistente può essere l’indizio di qualche problema.

Un periodo in cui cadono più capelli (“telogen effluvium”) può indicare uno sbilanciamento ormonale, collegato per esempio a un forte periodo di stress. Alla fase acuta, che può durare qualche mese, segue di solito un recupero graduale e quindi con modalità diverse dalle forme di alopecia che causano una perdita irreversibile. La condizione non viene sempre diagnosticata correttamente, ma dai dati disponibili è sempre più comune tra le donne, per esempio per i cambiamenti ormonali che si verificano durante la gravidanza. Tra le cause di stress vengono indicati spesso interventi chirurgici importanti, malattie acute con febbre o eventi emotivi intensi.
L’analisi chimica dei capelli può invece offrire indicazioni sulle sostanze con cui è venuto in contatto il nostro organismo, mentre solo in certe circostanze può essere utile per risalire al DNA di una persona. Nelle serie televisive crime spesso chi indaga riesce a risolvere il caso grazie al materiale genetico trovato dentro un capello, ma nella realtà uno solo non sempre è sufficiente.
Il DNA nucleare – cioè quello conservato nel nucleo delle cellule – può essere trovato nel bulbo che come abbiamo visto è costituito da cellule che lavorano per produrre il capello, mentre è assente dal fusto che contiene cellule morte spesso prive di nucleo. Un frammento di capello senza parte del bulbo non è quindi sufficiente per estrarre del DNA nucleare e talvolta non lo è nemmeno un capello con il bulbo, se è caduto normalmente nella fase telogen, perché ormai le sue cellule non erano più vitali da qualche tempo. In compenso, nelle cellule del fusto si possono trovare tracce dei mitocondri, particolari strutture che hanno al loro interno molte copie del DNA materno, che se ben conservato può essere estratto per ricostruire la provenienza del capello.
Al di là della genetica, i capelli sono comunque un minuscolo archivio del nostro passato recente. Sono tra i tessuti del nostro organismo che crescono più velocemente, a una velocità media di 1-1,5 centimetri al mese. Ogni centimetro di capello corrisponde quindi a circa un mese di vita del follicolo e, considerato che la fase di crescita può durare qualche anno, si possono ricostruire molti mesi di esposizioni a sostanze e processi biologici. Attraverso la circolazione sanguigna, nei follicoli transitano diverse sostanze che raggiungono il bulbo e vengono inglobate nel fusto dei capelli.
Analizzando il capello si possono riscontrare esposizioni a sostanze come cocaina, anfetamine, oppiacei e farmaci di vario tipo, anche a mesi dall’assunzione. Le loro molecole restano infatti intrappolate all’interno della cheratina in modo stabile e molto più a lungo rispetto al sangue e alle urine. È il motivo per cui si ricorre spesso al test del capello per le analisi tossicologiche, anche se non sono sempre infallibili e ci possono essere errori.
Nei capelli possono essere identificate anche sostanze che vengono prodotte dal nostro organismo, come gli ormoni legati allo stress. Una concentrazione superiore alla media di cortisolo, per esempio, può indicare un periodo psicologicamente difficile per una persona e aiuta a misurare il suo livello di stress. I capelli possono anche trattenere sostanze tossiche che si legano facilmente alle proteine dei capelli, come metalli pesanti (arsenico, piombo e mercurio, per esempio) o sostanze industriali, dai pesticidi ai solventi.
L’analisi dei capelli può anche essere utile per verificare l’aderenza a un trattamento farmacologico da parte dei pazienti. È una pratica che è stata sperimentata nel caso della prescrizione di farmaci psichiatrici con pazienti poco collaborativi, o ancora per le terapie per trattare dipendenze da certe sostanze. I test hanno comunque dei limiti perché non riflettono l’esposizione giornaliera (e quindi effettiva nel sangue), ma quella cumulativa e la rivelazione può essere fatta solo a settimane di distanza, data la velocità di crescita dei capelli. Inoltre non tutti i farmaci sono adatti, perché non interagiscono allo stesso modo con la cheratina. L’impiego di shampoo e cosmetici può influire ulteriormente, falsando i risultati.



