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  • Domenica 12 ottobre 2025

Hamas è ancora lì

I miliziani sono ricomparsi e stanno cercando di riprendere il controllo del territorio: è un problema per l’accordo di pace

La città di Gaza, 12 ottobre 2025
La città di Gaza, 12 ottobre 2025 (AP Photo/Abdel Kareem Hana)
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Poco dopo il ritiro dell’esercito israeliano da ampie zone della Striscia di Gaza, a seguito dell’entrata in vigore del cessate il fuoco, i miliziani di Hamas hanno cominciato a uscire dai tunnel e dai luoghi in cui erano nascosti. Uomini incappucciati, alcuni dei quali con cappelli con scritto «Sicurezza interna», e armati di kalashnikov hanno cominciato a pattugliare le strade e a muoversi per recuperare il controllo del territorio lasciato dagli israeliani.

Nel fine settimana ci sono stati anche scontri con armi da fuoco con altre milizie rivali sorte in questi due anni di guerra, alcune delle quali avevano ricevuto armi e sostegno da Israele. La più importante di queste milizie si chiama “Forze popolari” e ha assunto un certo rilievo nella zona di Rafah, nel sud della Striscia, soprattutto nell’ultimo anno: è di fatto una milizia anti Hamas creata e armata da Israele.

Hamas ha dato un ultimatum a tutti i gruppi rivali, imponendo di lasciare le armi e di consegnare i propri leader, ma il capo delle Forze popolari, il 31enne Yasser Abu Shabab, ha detto che non intende arrendersi. Hamas ha fatto anche sapere di aver avviato trattative con altri gruppi locali per farsi consegnare le armi e riprendere il controllo del territorio.

In varie zone della Striscia, secondo testimoni sentiti da vari media internazionali, i miliziani di Hamas hanno già ricominciato a gestire la sicurezza pubblica: presidiano le strade e gli incroci più importanti. Nella città di Gaza, dove migliaia di persone stanno tornando dopo il ritiro dell’esercito israeliano, i miliziani ispezionano i veicoli per verificare che non contengano armi, come mostrato tra gli altri da alcuni servizi pubblicati in questi giorni dai media internazionali.

Secondo un articolo di BBC (che però Hamas ha smentito) sarebbero stati mobilitati 7.000 miliziani, e la dirigenza del gruppo avrebbe nominato cinque nuovi governatori per gestire le zone da cui l’esercito israeliano si è ritirato.

Non è la prima volta in questi due anni di guerra che durante un cessate il fuoco Hamas riemerge per recuperare il controllo del territorio. Era successo anche a gennaio, quando i miliziani del gruppo erano rapidamente tornati in strada con armi e divise. Questi episodi mostrano che Hamas, seppure gravemente indebolito, è ancora in grado di esercitare un certo controllo militare.

Questa volta però il ritorno di Hamas rischia di complicare l’attuazione del piano di pace in 20 punti del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che tra le altre cose prevede il disarmo completo del gruppo e la fine del suo governo sulla Striscia di Gaza.

Sono tutte condizioni che dovranno essere negoziate nei prossimi giorni, ma che Hamas ha già detto di rifiutare. Venerdì in un comunicato il gruppo ha fatto sapere: «Rifiutiamo ogni forma di sovranità straniera e confermiamo che la forma di governo della Striscia di Gaza e i princìpi che guidano le sue istituzioni sono una questione interna palestinese, da decidere in maniera congiunta tra i componenti del nostro popolo».

Il piano Trump prevede la creazione di un governo palestinese “tecnocratico” che governi Gaza e di un “Consiglio di pace” internazionale che lo sovrintenda ad interim. Il consiglio di pace dovrebbe essere presieduto da Donald Trump e dovrebbe farvi parte anche l’ex primo ministro britannico Tony Blair. Secondo il piano, il governo tecnocratico dovrebbe rimanere in carica fino a che non sarà completata una non meglio specificata riforma dell’Autorità nazionale palestinese, che poi prenderà in carico la Striscia. L’Autorità palestinese è il rappresentante internazionalmente riconosciuto dei palestinesi, che adesso governa parte della Cisgiordania ma è debole, divisa e fortemente screditata tra la popolazione.