Dino Buzzati e la caramella “stregata”
«Uno dei reportage più strani della storia del giornalismo italiano inizia da un cimitero napoleonico infestato dai fantasmi a pochi chilometri da Treviso. Sessant’anni dopo è venuto il momento per la mia indagine parallela»

A una festa, un uomo conosce una donna che assomiglia moltissimo alla sua fidanzata morta anni prima. Le offre un passaggio in auto e le presta il suo pullover. Lei si fa lasciare su una strada deserta e sparisce nel buio, dimenticandosi di restituire il maglione.
Tornato indietro per cercarla, l’uomo trova solo un cancello dalle cui sbarre pende il pullover: è l’ingresso del cimitero dove è sepolta la defunta fidanzata.
A raccontarci questa storiella in Italia è l’amico che l’ha sentita dal fantomatico cugino; negli Stati Uniti, invece, probabilmente si ascolta attorno al fuoco, tra marshmallow bruciacchiati e rumori sinistri provenienti dal bosco. Si tratta della classica leggenda metropolitana che, con dettagli diversi, trova spazio nel folklore di ogni paese.
La trama contiene più o meno gli stessi elementi: una giovane donna, in genere bellissima, pallida e malinconica, chiede un passaggio in auto, ovviamente di notte, e si fa lasciare nei pressi di un cimitero oppure scompare all’improvviso in un grido raccapricciante. In seguito, l’automobilista scopre che la donna era morta anni prima e che quindi lui aveva dato un passaggio a uno spettro.
Ma come nasce una leggenda metropolitana? A un certo punto è davvero esistita una ragazza che ha dato il via al mito dell’autostoppista fantasma?
Immagino che anche Dino Buzzati si ponga le stesse domande quando, il 10 gennaio 1967, racconta sul Corriere della Sera il mistero della “bionda fantasma”, che in quella variante si chiama Màrion e – da viva – è originaria di Treviso.
Quell’articolo fa parte di un progetto iniziato nell’estate del 1965.
Sfogliando la Guide de la France mystérieuse, una sorta di almanacco dei luoghi oscuri e magici d’Oltralpe compilato dallo scrittore René Alleau, a Buzzati viene l’idea di fare una cosa simile per l’Italia e quindi parte come inviato speciale, scrivendo dei reportage che vengono pubblicati sul Corriere nella rubrica “In cerca dell’Italia misteriosa”. Ai quattordici articoli firmati da Buzzati nella veste di acchiappafantasmi si aggiungono negli anni successivi altri pezzi affini, confluiti tutti, dopo la sua morte, nella raccolta I misteri d’Italia, edita da Mondadori.
Il momento è perfetto. Nel 1965 l’Italia è travolta dalla “moda” americana dello spiritismo, interesse trasversale che presto raggiunge case umili e salotti borghesi, con il suo seguito di poltergeist, sedicenti medium, colpi e tavolini volanti. Buzzati, ammaliato dal mistero («questa bellissima cosa senza la quale la nostra vita sarebbe un totale schifo»), dal soprannaturale e da tutto ciò che non può essere spiegato, contatta una serie di amici e conoscenti – tra i quali c’è anche «la persona in Italia più carica di misteri» e cioè Federico Fellini, tanto per citarne uno – e chiede loro aiuto per stilare una lista di leggende e luoghi prodigiosi.
Perché i reportage di Buzzati sono così incredibilmente coinvolgenti e ci piacciono così tanto? Lo scrittore riesce a prendere anche la leggenda popolare più inverosimile e assurda e a darle la dignità di materia giornalistica da analizzare con cura e raccontare, senza preconcetti su superstizioni e credenze. La sua cronaca è un misto di stupore, inquietudine e ironia e ci racconta uno spaccato eccezionale della società del tempo che, sebbene travolta dal materialismo del boom economico, indugia ancora in una dimensione dove non tutto può essere spiegato.

Corriere della Sera, 31 luglio 1965
Ho letto I misteri d’Italia per la prima volta qualche anno fa e ovviamente non sono riuscita a resistere: sono partita subito sulle tracce di Buzzati e mi sono messa in testa di visitare i luoghi da lui citati, se non tutti almeno la maggior parte (del resto, si trovano quasi tutti in Veneto, «la regione più misteriosa di tutte»). Dato che quest’anno ricorre il sessantesimo anniversario di quello che è certamente stato uno dei reportage più strani e innovativi della storia del giornalismo italiano, mi sembra il momento adatto per raccontare la mia “indagine parallela”.
Inizio, per deformazione professionale, dal mio racconto preferito, che si intitola “La caramella stregata vola per quattro chilometri” e parla di un cimitero napoleonico infestato dai fantasmi che sorge a pochi chilometri da Treviso.
Buzzati lo scopre grazie all’amico trevigiano Bepi Mazzotti al quale chiede di presentargli «la persona più misteriosa che conoscesse nel Veneto». Detto fatto: il prescelto è Bruno Lava, un medium piuttosto conosciuto al tempo. Fa il geometra e vive a Nervesa della Battaglia ma frequenta salotti mondani ed è richiestissimo dalla borghesia locale (ad alcune delle sue sedute hanno partecipato anche Gae Aulenti, Goffredo Parise e Giovanni Comisso). Immaginando queste strane congreghe, dove si incontrano persone di tutti i tipi – “era come se un invisibile Federico Fellini avesse rastrellato da tutta Italia i tipi più selezionati per una delle sue geniali féeries” –, non posso non pensare alle atmosfere di Signore & signori, il film di Pietro Germi del 1966, ambientato proprio a Treviso.
Viene combinato un incontro tra il medium e Buzzati, anche se quest’ultimo ha una paura folle che Bruno Lava gli possa predire la data della sua morte. Al termine della cena, durante la quale lo spiritista racconta alcune delle sue mirabolanti imprese, scatta l’inquietante proposta di andare a visitare un cimitero di notte. E perché non proprio il famigerato cimitero stregato di Lanzago di Silea, del quale tutti temono le lapidi volanti e nel quale sono stati spesso registrati fenomeni insoliti?
La comitiva, di cui fanno parte anche Nerina Mazzotti – moglie di Bepi – e Almerina Antoniazzi – futura moglie di Buzzati –, si raccoglie di fronte al cimitero immerso nel buio e nel silenzio della campagna, e inizia a tirare sassolini al di là del muro. I sassolini, dopo poco, tornano indietro, come scagliati da una forza soprannaturale. Il gioco continua con un gettone telefonico – che, obbediente, torna – e con una “caramella rossa di marca inglese” che svanisce al di là del muro e non torna più, salvo poi ricomparire nel corso di una seduta spiritica che gli amici tengono una volta ritornati in casa Mazzotti.
Del resto, chi non fa una seduta spiritica, dopo essere stato in un cimitero stregato a giocare con gli spiriti erranti?
«Non provavo paura però ne avevo abbastanza», dice Buzzati. Possiamo biasimarlo?

Il signor Bruno Lava (la foto è tratta da un fascicolo di ESP. Parapsicologia e fenomeni dell’insolito pubblicato nel 1975)
Trovare questo cimitero non è stato proprio semplice e, quando sono arrivata lì, ho capito perché. Semplicemente, non esisteva più. Certo, non mi aspettavo lapidi vibranti e caramelle rosse, ma almeno qualche tomba speravo di trovarla. E invece, al di là del muro, ho visto filari di pomodori e zucchine che spuntavano tra i resti dei pochi monumenti funebri superstiti. Da quando Buzzati e compagnia erano andati lì, infatti, il terreno del cimitero era stato venduto, i morti traslati al San Lazzaro di Treviso, e la terra fertile (non chiediamoci come mai) trasformata in orto.
Volendo continuare in qualche modo l’indagine di Buzzati, mi sono detta che non mi sarei dovuta limitare a osservare quel che restava del vecchio cimitero dal cancello. Dovevo trovare il proprietario attuale e chiedergli le chiavi. Nessuna delle due cose è stata facile, ma alla fine ce l’ho fatta e mi sono data un obiettivo: accertarmi della presenza (o assenza) dei fantasmi in modo rigorosamente scientifico, pur conservando il lusso di lasciarmi suggestionare. Proprio come Buzzati.
Ho quindi chiesto aiuto a due esperti del CICAP (il Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze). Luigi Garlaschelli e Alessandra Carrer, che hanno esplorato assieme a me i resti del camposanto, tra erbacce e vecchie cappelle familiari pericolanti, come prevedibile, non hanno avuto dubbi. Di fenomeni paranormali o almeno inspiegabili, lì non c’era traccia.
Per convincermi, mi hanno spinto a lanciare qualche sassolino al di là del muro. Anche se a quel punto la mia paura mi avrebbe fatto credere a qualunque cosa, di fronte all’evidenza – i sassi proprio non tornavano – mi sono dovuta arrendere.
E quindi? Era tutto un trucco e Buzzati stesso era probabilmente troppo spaventato per accorgersene. Lo capisco. Del resto, sarebbe bastato chiedere in giro: gli abitanti di Lanzago avrebbero tranquillamente ammesso che quello di nascondersi dietro il muro a tirare sassi ai passanti era uno scherzo molto diffuso qualche decennio prima. Pare che Bruno Lava, poi, fosse anche un bravissimo prestigiatore e che questo fosse uno dei suoi trucchi più riusciti e conosciuti, tanto che se ne trova traccia anche nel libro Casa nostra. Viaggio nei misteri d’Italia di Camilla Cederna pubblicato da Mondadori nel 1983.
Anche Cederna racconta la storia di un cimitero infestato, ma nel suo reportage ci sono delle variazioni e anche qualche inesattezza. Il mio sospetto è che la giornalista abbia semplicemente riportato una storia sentita da qualcuno. Forse anche lei aveva quel cugino. Il protagonista, però, è sempre lui: Bruno Lava, il medium straordinario che «ha l’abitudine di arrivare sempre senza essere visto, di colpo, come uno spirito».
Il camposanto narrato da Cederna è abbandonato e si trova nei pressi di Treviso – e su questo ci siamo – ma vanta un particolare aggiuntivo: al di là del muro, oltre alle tombe, si troverebbe anche una piccola fontana a forma di conchiglia. I sassolini lanciati, pertanto, ritornano indietro – come ci racconta Buzzati – ma nel caso di Cederna sono anche bagnati.
Ho subito capito che la giornalista aveva confuso storie e luoghi e, dopo una ricerca piuttosto complicata (dovete sapere che a Treviso le fontane sono famose per altri motivi), ho scoperto che la presunta fontana stregata non si trovava nel cimitero di Silea, bensì di fronte al cimitero monumentale San Lazzaro di Treviso.

La fontanella stregata a forma di conchiglia che si trova di fronte al cimitero San Lazzaro di Treviso (foto Giulia Depentor)
Per chiudere il cerchio di questa lunga indagine e ripercorrere davvero tutti i passi di Buzzati, serviva un altro tassello: la casa di Bepi Mazzotti, ossia il luogo dove si svolge la famosa seduta spiritica in cui la “caramella rossa di marca inglese” si materializza cadendo al centro del tavolo. Ecco, devo ammettere che questa l’ho trovata per puro caso, passeggiando con il mio cane e notando sulla facciata di una bella villetta color mattone una lapide commemorativa alla memoria di Mazzotti. Si affaccia sul Put, la circonvallazione di Treviso, e oggi è soffocata dal traffico e dal frastuono. Quando l’ho individuata, mi sono accorta che era in vendita, ho anche avuto modo di guardare le foto dell’annuncio immobiliare e immaginare Buzzati & company riuniti nel grande salotto attorno alla tavoletta ouija o qualcosa del genere. C’è stata, a un certo punto, anche una mezza idea di fingermi interessata per andarla a visitare, ma alla fine mi è mancato il coraggio. Me ne pento amaramente.

La casa di Bepi Mazzotti in cui si è svolta la seduta spiritica “della caramella rossa” (foto Giulia Depentor)
Mi mancava solo una cosa per concludere questa indagine. Sapevo che Bruno Lava era morto nel 1983 ed era stato sepolto proprio al San Lazzaro e quindi mi sono messa in testa di trovare la sua tomba, la cui collocazione non era nota. Studiando i fotogrammi di un vecchissimo video di YouTube pubblicato da qualche appassionato di spiritismo, sono riuscita a risalire all’ubicazione della sepoltura. Al cimitero, però, sono rimasta delusa: Bruno Lava era sparito. Il medium, tuttavia, non si era volatilizzato durante l’ennesimo prodigio. Semplicemente era scaduto il periodo di affitto del loculo, e la sua salma era stata estumulata.
Per dire la verità, un grande mistero ancora permane attorno a tutta questa storia: la marca inglese della caramella volante rossa che, malgrado le mie ricerche quasi ossessive, ancora non sono riuscita a scoprire.
In questo viaggio immaginario in compagnia di Dino Buzzati, la tappa successiva mi ha portato sulle Dolomiti Bellunesi, per la precisione a San Pellegrino di Belluno, dove lui è nato ed è sempre tornato in cerca della pace delle montagne.
Anche in casa Buzzati-Traverso, ovviamente, c’è un fantasma da stanare.
Nel granaio che sorge accanto alla bellissima villa di famiglia, infatti, si troverebbe lo spirito inquieto di un antico castaldo condannato a contare in eterno le misure di granoturco dei padroni, come punizione per averli imbrogliati in vita.
Buzzati tenta di incontrarlo per ben due volte, «per un semplice desiderio di constatazione», e in entrambe le occasioni si verificano fenomeni insoliti.
Il primo tentativo si svolge in compagnia di suo cognato Giuseppe. I due uomini attendono le tenebre e si appostano sulla scala che conduce al granaio. Le ore passano in un crescendo di emozioni contrastanti: Buzzati sente qualcosa che definisce «un’emanazione indipendente», ma forse nel silenzio e nella solitudine di quella notte tutte le emozioni sono più intense e ogni rumore innocente sembra il presagio di qualcosa. L’attesa angosciante raggiunge l’apice a mezzanotte – quanto sarebbe prevedibile che il fantasma si manifestasse proprio con i rintocchi del campanile! – e poi inizia ad affievolirsi, in un misto di sollievo e delusione. Buzzati e cognato stanno per andarsene, quando sentono un inequivocabile rumore di passi provenire dal granaio. Aprono la porta, vogliono vedere il fantasma: lui, però, non si palesa e i rumori cessano di colpo.
Buzzati ci riprova, da solo, undici anni dopo. Anche questa volta sente dei passi, ma non si allarma perché non provengono dal granaio, bensì dalle stanze adiacenti in cui abita la custode. Dato che Buzzati l’ha avvertita delle sue intenzioni di andare a caccia di fantasmi, lei adesso sta certamente passando a controllare che lui sia davvero lì. Una porta si schiude leggermente nelle tenebre, e Buzzati, anche se non la vede, le rivolge un breve saluto che non ottiene risposta. Il giorno successivo, lo scrittore scopre che la donna non si era mai mossa dal suo letto e che, quindi, quella notte aveva augurato la buonanotte allo spettro del castaldo.

La casa natale di Dino Buzzati a San Pellegrino di Belluno (a sinistra) e l’edificio in cui si trova il granaio infestato (a destra) (foto Giulia Depentor)
Villa Buzzati, oggi, è in parte adibita a bed & breakfast. Quando arrivo, fortunatamente incontro per caso la nipote dello scrittore che, saputo del mio progetto, mi accompagna a visitare il complesso, loculo vuoto dello scrittore compreso (questo argomento – che chiamerei “il mistero delle ceneri di Dino Buzzati” – ce lo teniamo per un’altra volta).
Il granaio infestato dal fantasma è sempre uguale. Forse è solo suggestione – sempre lei –, ma varcando la soglia mi sembra di sentire più freddo e ovviamente mi convinco che il castaldo mi stia aspettando rintanato in qualche angolo.
Entro nello stanzone e cammino sul pavimento di legno, provocando lo stesso rumore che aveva fatto sobbalzare Buzzati tanti anni prima. Ripercorro i passi del fantasma, socchiudo la porta e guardo la scala dove lo scrittore aveva aspettato insieme al cognato.
A un certo punto, mi sembra che al ritmo dei miei passi si sia aggiunto qualcosa, un’eco di colpi che mi accompagna, come se qualcuno mi stesse seguendo. Penso agli esperti del CICAP e mi tranquillizzo, cercando subito una spiegazione logica. Probabilmente, anche quella notte Buzzati è stato vittima di uno scherzo e, complice la suggestione di quel luogo che fa paura anche con il sole, non se ne è accorto. Oppure non ha voluto accorgersene, perché, in fondo, a quel fantasma di famiglia era affezionato e voleva continuare a crederci.
Nel dubbio, io me ne vado di fretta.
L’eco dei passi mi segue fino all’uscita, e poi cessa di colpo.

Il granaio infestato di casa Buzzati (foto Giulia Depentor)
Forse peccando di tracotanza, mi spingo oltre e decido di occuparmi di un’indagine che Buzzati non ha concluso: quella dell’autostoppista fantasma.
Chi ha raccontato per primo questa leggenda metropolitana e su quale base?
La mia ricerca dura pochissimo perché, non senza disappunto, vengo a sapere che qualcuno ci ha già pensato. Inoltre, non potrò svolgere alcuna indagine in prima persona, almeno in tempi brevi, perché la storia ha origine negli Stati Uniti.
Negli anni Trenta, a Justice (Illinois), una ragazza bionda di nome Mary viene investita e uccisa su Archer Road, la strada che passa di fronte al Resurrection Cemetery, dove la sfortunata giovane viene poi sepolta. Da allora iniziano i numerosi avvistamenti: una donna vestita di bianco chiede un passaggio e scompare nel nulla nei pressi del cimitero, oppure qualcuno la conosce a una festa e finisce come già sappiamo.
Nel 1976, come da tradizione, alla leggenda si aggiungono particolari inquietanti: una notte, qualcuno vede una donna aggirarsi tra le tombe del cimitero e il custode dichiara di aver trovato delle tracce bruciacchiate sul cancello, come se qualcuno avesse cercato disperatamente di uscire.
Chi ha svolto questa ricerca prima di me, incrociando i dati delle sepolture del Resurrection Cemetery e spulciando i necrologi del periodo, è riuscito anche a risalire alla presunta identità della sfortunata giovane. Potrebbe trattarsi di una certa Mary Bregovy, investita e uccisa in quella zona nel 1934. Alcuni particolari non coincidono ma, al momento, sembra la candidata più papabile al ruolo di autostoppista fantasma.
Le leggende, quindi, hanno sempre un fondo di verità? Probabilmente sì ma, ora che ci penso, non è neanche poi così importante scoprirlo. Se una cosa ho davvero imparato da questo viaggio in compagnia di Buzzati è che, proprio nella zona grigia in cui realtà e fantasia si confondono, il mistero continua a vivere e ad affascinarci.
E forse è meglio lasciare tutto così.
La marca inglese della caramella rossa, però, la voglio scoprire lo stesso.
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