La prima donna a capo della Chiesa d’Inghilterra
È Sarah Mullally, nominata arcivescova di Canterbury: in 500 anni di storia erano stati solo uomini

Sarah Mullally è stata nominata arcivescova di Canterbury: è la prima donna a ricoprire la massima carica della Chiesa d’Inghilterra nei 500 anni della sua storia, ed è di fatto anche la prima a ricoprire la massima carica di una qualsiasi grande religione (anche se in alcuni casi le donne possono accedere a posizioni di sacerdozio o equivalenti). Ancor prima dello scisma l’arcivescovo di Canterbury, la cui posizione esiste da circa 1500 anni, era il vescovo più importante in Inghilterra. Oggi Mullally rappresenta tutte le persone di fede anglicana nel mondo, che si stima siano circa 85 milioni.
Mullally ha 63 anni ed è vescova di Londra dal 2017, la terza carica più importante all’interno della Chiesa anglicana, dopo l’arcivescovo di Canterbury e quello di York. In passato ha ricoperto anche ruoli civili: tra il 1999 e il 2004 è infatti stata la responsabile nazionale del settore infermieristico, un ruolo di consulenza per il governo britannico. È nota per avere delle posizioni relativamente progressiste: sostiene i matrimoni omosessuali e una maggiore inclusione delle donne, mentre è critica rispetto alla morte assistita.
La nomina di Mullally è stata resa possibile grazie a una serie di riforme promosse dall’ex arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, che è stato un sostenitore dell’ampliamento degli spazi per le donne all’interno della Chiesa anglicana. Welby si era dimesso a novembre dell’anno scorso perché accusato di aver insabbiato un grosso caso di abusi sessuali, e da quel momento è stato avviato il processo che ha portato alla nomina di Mullally. In merito agli scandali che avevano portato alle dimissioni di Welby, Mullally li aveva definiti «scioccanti» e aveva offerto il proprio sostegno alle vittime. Potrà rimanere in carica fino ai 70 anni, quando agli arcivescovi è chiesto di ritirarsi per permettere la nomina del successore.

Sarah Mullally nel 2024 (Photo by Ben Stansall – WPA Pool/Getty Images)
A differenza del papa della Chiesa cattolica, che è stato eletto in meno di venti giorni, il processo per la nomina di Mullally è durato molto di più. A votare sono state 17 persone che ricoprono le più alte cariche ecclesiastiche e che fanno parte di una commissione di 20 (tre sono presenti ma non hanno diritto di voto). La nuova arcivescova è stata nominata ufficialmente da re Carlo, che è il capo della Chiesa d’Inghilterra, su designazione del primo ministro Keir Starmer: di solito è un passaggio soltanto formale e il primo ministro tende ad assecondare il suggerimento della commissione, anche se non è obbligato a farlo.
Nonostante per le donne della Chiesa anglicana sia ufficialmente possibile diventare vescove dal 2014, esistono ancora moltissime resistenze alla loro inclusione nei ruoli sacerdotali apicali, specialmente nei paesi più conservatori. La nomina di Mullally non era quindi scontata. A causa del colonialismo e del proselitismo condotto dai britannici nel Novecento, infatti, la religione anglicana è diffusa in 165 paesi in tutto il mondo, ed è composta da 46 diverse Chiese, che si rifanno tutte a quella di Inghilterra ma che sono anche molto diverse tra loro: mentre quella britannica e quella statunitense tendono a essere più progressiste (per esempio, sul tema dell’inclusione delle donne e delle persone LGBTQ+), le Chiese anglicane dell’Africa o dell’Asia sono più conservatrici.
Anche per questa ragione all’interno della Chiesa d’Inghilterra – che tende a essere generalmente più flessibile e aperta al cambiamento rispetto ad altre confessioni cristiane – si sta ragionando da tempo su una riforma che permetta di tenere insieme queste correnti molto diverse. Per esempio, si sta discutendo di introdurre una rotazione per la nomina di una nuova figura che assuma alcuni degli attuali compiti dell’arcivescovo di Canterbury, e che rappresenti di volta in volta le chiese dei vari continenti con un mandato di 6 anni.



