È morta l’attivista e scienziata Jane Goodall

Era una delle studiose di animali più conosciute al mondo, nota soprattutto per le sue ricerche sugli scimpanzé

Jane Goodall nel 2017
Jane Goodall nel 2017 (Gabriela Herman/The New York Times/Contrasto)
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È morta a 91 anni Jane Goodall, scienziata inglese tra le più conosciute al mondo: le sue ricerche cambiarono il modo in cui pensiamo agli scimpanzé e ai primati non umani in generale. Negli anni Goodall usò la celebrità dovuta alle sue scoperte per finanziare numerose forme di attivismo per la salvaguardia degli ambienti naturali. La notizia della sua morte è stata data sui social dal suo istituto, che ha detto che Goodall si trovava in California per un tour di conferenze negli Stati Uniti.

Nata a Londra nel 1934, Goodall divenne famosa al di fuori dell’ambito scientifico quando nel 1965 la rivista divulgativa National Geographic diede risalto alla sua scoperta che gli scimpanzé sono capaci di usare strumenti, un’abilità considerata fino a quel momento una prerogativa umana. La rivista pubblicò una foto di Goodall insieme a un gruppo di scimpanzé, rimasta enormemente celebre.

Goodall fu una delle prime scienziate a studiare le grandi scimmie antropomorfe non umane, come gli scimpanzé, nel loro ambiente naturale. Fu anche una delle prime donne a portare avanti questo tipo di ricerche sul campo, in un periodo in cui le scienziate erano ancora pochissime in generale. Anche per questo divenne una sorta di simbolo, sia per le donne che si occupano di scienza, sia per chiunque si impegni per la difesa degli ambienti naturali.

Goodall era cresciuta a Bournemouth, una città affacciata sul canale della Manica. Aveva più volte raccontato che il suo interesse per l’Africa e i suoi animali si sviluppò quando era ancora bambina: finite le scuole superiori nel 1952, non poté studiare all’università per ragioni economiche e seguì un corso per lavorare come segretaria, un mestiere all’epoca molto comune per le giovani donne.

Jane Goodall nel 2020, a Magdeburgo

Jane Goodall nel 2020, a Magdeburgo (Marcus Simaitis/laif/contrasto)

Nel 1956, a 22 anni, le capitò l’occasione che le avrebbe cambiato la vita: un’ex compagna di scuola la invitò ad andarla a trovare in Kenya, ai tempi una colonia britannica. Lì Goodall conobbe Louis e Mary Leakey, una coppia di paleoantropologi che in quegli anni stavano cercando, trovando e studiando resti fossili di specie progenitrici di quella umana. I Leakey le offrirono un lavoro al museo di Storia naturale locale di Nairobi.

Nel 1960, su proposta di Louis Leakey, Goodall andò a studiare nella foresta, sulle rive del lago Tanganica nell’attuale Tanzania, per aiutarlo a dimostrare che gli umani e gli scimpanzé discendevano da antenati comuni. Il lavoro di quella missione scientifica fu la base dell’articolo su Nature del 1964, quello sul comportamento degli scimpanzé che poi fu ripreso da National Geographic. Leakey l’aiutò anche ad andare a studiare all’Università di Cambridge, in Inghilterra, perché potesse fare un dottorato pur senza essere laureata.

Grazie agli studi condotti a Cambridge, Goodall ottenne vari finanziamenti per le sue ricerche, anche dall’Università di Stanford negli Stati Uniti, grazie ai quali aprì un proprio centro di ricerca a Gombe, sul lago Tanganica. Nel 1970 Goodall fondò il Jane Goodall Institute, la sua ong che si occupa di salvaguardia ambientale e della difesa dei primati e che ha anche una divisione italiana.

Negli anni la sua fama di divulgatrice continuò a crescere nel mondo: fu una dei primi scienziati a dimostrarsi efficaci comunicatori per un pubblico vasto, e ispirò molte persone, comprese tante donne, a studiare gli animali. Negli anni Novanta lasciò la ricerca scientifica per promuovere attività di sensibilizzazione di vario genere, contro la deforestazione e in favore di uno sviluppo sostenibile per le popolazioni dei paesi poveri in cui si trovano foreste tropicali.