Come Milano diventò la capitale italiana della moda
Prima degli anni Settanta, gli stilisti si dividevano fra Firenze, Roma e Napoli: poi cominciarono ad aver bisogno di fabbriche

Sono circa quaranta le città nel mondo che ospitano settimane della moda, da Copenaghen a Rio de Janeiro a Seul. Milano è una delle più importanti: assieme a New York, Londra e Parigi fa parte delle cosiddette “big four”, quelle durante le quali sfilano i marchi più prestigiosi a livello internazionale e che vengono più seguite dalla stampa.
La settimana della moda di Milano ha assunto questa rilevanza negli ultimi cinquant’anni, da quando la moda italiana cominciò a essere sempre più conosciuta e apprezzata, in particolare per il lavoro di stilisti come Giorgio Armani, Valentino Garavani, Gianni Versace, Krizia, Ottavio e Rosita Missoni, e Gianfranco Ferré, per citarne alcuni. Tuttavia Milano non è sempre stata la “capitale della moda” in Italia, come viene spesso definita.
La settimana della moda arrivò a Milano all’inizio degli anni Settanta, quando lo stilista Walter Albini sposto lì la sua sfilata da Firenze. Fino a quel momento in Italia non esisteva una vera “capitale della moda” perché c’erano molte città storicamente specializzate nella produzione di specifici prodotti artigianali, come Firenze nella pelletteria, Biella nei filati come lana e seta e Napoli nella sartoria. Più che un’unica settimana della moda c’erano tante esposizioni di moda, principalmente a Firenze, Roma e Milano.

Una sfilata di Krizia a Milano nel 1981 (Vittoriano Rastelli/Corbis via Getty Images)
Nel 1951 l’imprenditore Giovan Battista Giorgini organizzò la prima settimana della moda italiana a Firenze. All’inizio voleva farla negli Stati Uniti con l’aiuto dei grandi magazzini B. Altman & Co., che rifiutarono perché costava troppo. Così la ospitò a Villa Torrigiani, casa sua. Come scrive Vogue, Giorgini non era stato l’unico a pensarci: prima di lui gli stilisti Salvatore Ferragamo e Christian Dior avevano immaginato un palazzo a Firenze dedicato alle sfilate internazionali.
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Giorgini si era ispirato alla Press Week, la prima versione della fashion week, organizzata a New York nel 1943 da Eleanor Lambert, la direttrice delle pubbliche relazioni del New York Dress Institute. Era nata perché durante la Seconda guerra mondiale non era possibile andare a Parigi (allora era la città più interessante per il mondo della moda) per studiare le nuove collezioni e importare abiti e tessuti; così il governo americano ne approfittò per valorizzare i produttori locali.
“The First Italian High Fashion Show”, ovvero “Il primo spettacolo di alta moda italiano”, fu organizzato subito dopo le sfilate di Parigi per invitare gli ospiti e la stampa internazionali che si trovavano già là. Sfilarono stilisti come Emilio Pucci, Salvatore Ferragamo, le sorelle Fontana e l’allora emergente Valentino Garavani. Da allora Firenze è rimasta una città importante per la moda e dal 1972 viene organizzato Pitti Uomo alla Fortezza da Basso, una delle esposizioni di moda maschile più famose al mondo.

Giorgio Armani con delle modelle dopo una sfilata (Photo by Vittoriano Rastelli/Corbis via Getty Images)
Roma invece era un punto di riferimento per l’alta sartoria e ancora oggi ospita la settimana Alta moda Roma, dedicata ai vestiti fatti su misura con i tessuti e le lavorazioni più pregiate. Negli anni Cinquanta e Sessanta era famosa in tutto il mondo per i film che ci venivano girati e molte star di Hollywood, anche grazie al successo di registi come Federico Fellini, ci arrivavano dagli Stati Uniti per recitare o fare shopping. È qui che avevano sede aziende di moda come Valentino e Fendi.
Come dicevamo lo spostamento delle principali sfilate di moda a Milano avvenne negli anni Settanta, principalmente per un cambiamento strutturale del modo in cui venivano prodotti i vestiti. Milano era la città italiana più industrializzata, e molte delle aziende che producevano gli abiti si trovavano lì, in particolare quelli non fatti su misura, il cosiddetto “prêt-à-porter”, che si stava diffondendo in quegli anni. Proprio per la presenza di molte aziende tessili, già dalla fine degli anni Cinquanta, a Milano era stata istituita la Camera nazionale della moda. Nel 1958, quando fu fondata, si chiamava Camera sindacale della moda ed era una sorta di associazione di categoria per le aziende del settore. Nel 1962 era arrivata a Milano Vogue Italia, la versione italiana della famosissima rivista di moda Vogue America.
Albini fu tra i primi stilisti a fare “prêt-à-porter” e a proporre una collezione completa, con anche accessori, scarpe e borse disegnati da lui. Erano prodotti da cinque aziende che avevano, tutte tranne una, sede in Lombardia, e in questo contesto di grandi cambiamenti spostò quindi la sua sfilata da Firenze a Milano.

Ottavio e Rosita Missoni alla fine di una sfilata nel 1996 (Getty Images)
La vera svolta arrivò nel marzo del 1976, quando tutti i principali stilisti italiani spostarono le loro sfilate a Milano. Molti aprirono qui le sedi delle proprie aziende, come Giorgio Armani, Krizia, Gianni Versace e Franco Moschino, e da allora Milano è considerata il polo creativo della moda italiana.

Gianni Versace assieme alle modelle della sua sfilata nel marzo del 1991 (Vittoriano Rastelli/Corbis via Getty Images)
Il successo aumentò nel tempo grazie alla creatività degli stilisti ma anche grazie alla loro abilità nel farsi conoscere all’estero. Per esempio Elio Fiorucci attirò moltissima attenzione negli Stati Uniti con i suoi jeans da donna; Giorgio Armani finì sul New York Times come esempio di eleganza e fu tra i primi a vestire le star di Hollywood insieme a Gianni Versace, famoso anche per far sfilare le supermodelle del momento, come Naomi Campbell e Linda Evangelista; per finire Miuccia Prada inventò l’“ugly chic”, cioè l’idea che il brutto possa essere attraente, diffondendo in tutto il mondo un nuovo gusto nel vestire che piace ancora oggi.

Miuccia Prada sistema il vestito alla modella Carla Bruni (Vittoriano Rastelli/Corbis via Getty Images)



