Claudia Cardinale e la sua voce «rauca, ingoiata, graffiante, cupa»
All'inizio i registi la consideravano improponibile, poi arrivò Fellini e la trasformò in un tratto distintivo

«Ancora oggi, quando rispondo al telefono, mi scambiano per un uomo». L’attrice Claudia Cardinale, morta martedì a 87 anni, raccontò questo aneddoto nel 2011, ironizzando su uno degli aspetti più noti e discussi della sua carriera: la sua voce bassa, roca e profonda, accentuata ulteriormente dal fatto che era una fumatrice accanita. All’inizio questa caratteristica fu considerata problematica da molti registi, che reputavano il suo timbro vocale inelegante, sgradevole e poco femminile.
Col tempo però la voce diventò un segno distintivo del modo di recitare di Cardinale, capace di esaltare il suo fascino e di rendere memorabili le sue interpretazioni.
Quando fece le sue prime apparizioni nei film di Mario Monicelli, Claudio Gora, Alberto Cavalcanti e Luigi Zampa, Cardinale veniva spesso doppiata da altre attrici, tra cui Rita Savagnone, Adriana Asti, Lucia Guzzardi, Maria Pia Di Meo e Noemi Gifuni.
Il problema non era soltanto il suo basso timbro vocale, ma anche la sua scarsa dimestichezza con la lingua italiana. Era nata e cresciuta in Tunisia, ai tempi un protettorato della Francia, e i suoi genitori erano emigranti siciliani che parlavano tra loro in francese o in dialetto. Cardinale si impegnò moltissimo per colmare queste lacune: prese lezioni private da insegnanti di italiano e di dizione, e dedicò molte ore a esercitarsi per migliorare la pronuncia, l’intonazione e la padronanza della lingua. Ma non bastò: nel 1962 Cardinale aveva recitato in 20 film, era già famosissima in Italia e non solo, ma non aveva ancora pronunciato una sola battuta con la sua vera voce.
Le cose cambiarono grazie a Federico Fellini, uno dei suoi più grandi ammiratori, che nel 1963 la scelse per affiancare Marcello Mastroianni in 8½, il suo film più concettuale e ambizioso. Fellini pretese che recitasse con la sua vera voce, facendole doppiare sé stessa, e alla fine questa trovata diventò uno degli elementi più riconoscibili e distintivi del film. «Ho fatto un solo film con Fellini, ma mi ha fatto sentire al centro del mondo, la più bella, la più importante», disse Cardinale ricordando l’importanza di 8½ per il prosieguo della sua carriera.
Pochi mesi dopo, prendendo ispirazione dall’intuizione di Fellini, Luigi Comencini fece lo stesso. Selezionò Cardinale per farle intepretare Mara Castellucci, la contadina protagonista di La ragazza di Bube, film tratto da un famoso romanzo di Carlo Cassola.
Per chi andò a vedere 8½ e La ragazza di Bube al cinema, l’effetto fu spiazzante. Il pubblico conosceva già benissimo il volto, l’espressività e le movenze di Cardinale, ma era ancora piuttosto disabituato alla sua voce, che grazie al successo di quei film diventò un argomento di discussione frequente tra gli addetti ai lavori. In un articolo pubblicato nell’aprile del 1964, poco dopo l’uscita di La ragazza di Bube, la rivista di cinema Tempo scriveva:
«Buona parte del successo del film è dovuto alla sua [di Cardinale] voce afona, rauca, ingoiata, graffiante, cupa. Affascinante e sensuale secondo alcuni, antipatica e sgraziata secondo altri, ma divenuta comunque motivo di curiosità e attrazione. Fino al punto che la gente ne parla, s’incuriosisce, va al cinema per ascoltarla. Fino al punto che i critici ne scrivono, ne discutono, e che un letterato come Mario Soldati dedica all’argomento tre colonne di testo».
Cardinale ripetè più volte di andare piuttosto fiera del suo timbro vocale, che contribuì a sdoganare un’idea di femminilità meno stereotipata e anche un modo diverso di “essere una diva”. «Le attrici dalla voce roca come Scarlett Johansson dovrebbero ringraziarmi», disse nel 2018.
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