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  • Martedì 23 settembre 2025

Come stanno cambiando le accuse nell’inchiesta sull’urbanistica di Milano

Il tribunale del riesame dice che l'ex assessore Tancredi si sarebbe messo a disposizione dei privati, pur senza provvedimenti illegittimi

L'ex assessore alla Rigenerazione urbana del Comune di Milano, Giancarlo Tancredi, esce dal tribunale di Milano dopo l'interrogatorio, 23 luglio 2025 (Ansa/Andrea Fasani)
L'ex assessore alla Rigenerazione urbana del Comune di Milano, Giancarlo Tancredi, esce dal tribunale di Milano dopo l'interrogatorio, 23 luglio 2025 (Ansa/Andrea Fasani)
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Il tribunale del riesame, l’organo che si occupa di validare o annullare le misure di custodia cautelare, ha reso note le motivazioni della revoca degli arresti domiciliari per altri tre indagati nelle inchieste sull’urbanistica a Milano. I tre sono nello specifico l’ex assessore alla Rigenerazione urbana Giancarlo Tancredi, l’ex presidente della commissione per il paesaggio Giuseppe Marinoni e l’architetto e imprenditore Federico Pella.

Le motivazioni erano attese perché, solo una settimana fa, il tribunale del riesame aveva criticato duramente le accuse contro un altro indagato, Alessandro Scandurra, dicendo che non ci sono prove dei reati di cui è accusato. Nel caso di Tancredi, Marinoni e Pella invece i giudici hanno confermato alcune delle conclusioni del gip, il giudice per le indagini preliminari, ma hanno valutato che bastassero l’interdizione dai pubblici uffici e dalle loro professioni. La loro eventuale colpevolezza sarà accertata durante un processo, dovessero essere rinviati a giudizio.

Gli arresti domiciliari per Tancredi, Marinoni e Pella erano stati revocati ad agosto, così come le misure cautelari disposte per gli altri tre indagati nell’ambito dello stesso filone di inchiesta. Gli altri tre sono appunto l’architetto ed ex membro della commissione per il paesaggio Alessandro Scandurra, il presidente della società immobiliare Coima, Manfredi Catella, e Andrea Bezziccheri, socio e amministratore della società immobiliare Bluestone (l’unico per il quale era stata disposta la misura cautelare in carcere). Le motivazioni per gli ultimi due non sono ancora state depositate.

Il tribunale del riesame può decidere di revocare le misure cautelari disposte dal gip per diversi motivi, come l’insufficienza di esigenze cautelari (per esempio perché non c’è il rischio di fuga o di reiterazione del reato), la mancanza di gravi indizi di colpevolezza, oppure perché ci sono stati errori procedurali. Nei casi di Tancredi, Marinoni e Pella il gip aveva ritenuto che ci fossero sia gravi indizi di colpevolezza che il rischio di reiterazione del reato.

Le accuse a Tancredi, Marinoni e Pella sono collegate. Marinoni è accusato di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio e falso perché, in quanto presidente della commissione per il paesaggio, avrebbe agito in conflitto di interessi agevolando l’approvazione dei progetti di aziende dalle quali aveva ricevuto incarichi di consulenza come architetto privato. Marinoni inoltre aveva ricevuto dal comune il patrocinio per svolgere – a titolo gratuito – uno studio (Nodi e Porte Metropolitane Milano 2050) su come riqualificare gli scali ferroviari e alcune zone di Milano attualmente degradate. Per farlo, scrivono i giudici, aveva preso contatti con diverse aziende che volevano costruire in queste zone e da loro riceveva «alte parcelle». Con queste aziende quindi Marinoni aveva rapporti sia in quanto privato che in quanto pubblico ufficiale, essendo a capo della commissione che avrebbe valutato i loro progetti e avendo ricevuto dal comune il patrocinio per svolgere questo studio.

Tra le aziende con cui Marinoni aveva rapporti c’era anche la J+S di Federico Pella, accusato di corruzione: a Marinoni viene contestata la messa a disposizione del suo ruolo di presidente della commissione per il paesaggio «in favore degli interessi economici della J+ S». Marinoni avrebbe inoltre approvato i progetti della J+S in cambio di incarichi in quanto architetto privato con «conseguenti affari e guadagni».

L’assessore Tancredi, accusato di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio e falso, secondo il gip era a conoscenza di tutto quello che faceva Marinoni e lo aiutava: partecipava alle trattative con le società immobiliari e suggeriva degli accordi che potessero essere approvati più facilmente dal comune. I giudici del riesame però hanno ritenuto non applicabili le accuse di falso: nelle motivazioni si legge che le accuse sono «insussistenti» perché per stabilire il concorso di persone nel reato «non è sufficiente la semplice presenza o l’inerzia di soggetti che da quella condotta traggano beneficio».

I giudici del tribunale del riesame contestano anche l’altro reato di cui sono accusati Tancredi e Marinoni. Secondo i giudici infatti non dovrebbero essere accusati di “corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio”, contenuto nell’articolo 319 del codice penale, ma per “corruzione per esercizio della funzione”, ovvero l’articolo 318.

– Leggi anche: Le accuse sull’urbanistica a Milano scricchiolano

Nel primo caso serve che l’indagato commetta effettivamente un atto contrario ai doveri di ufficio, per esempio un provvedimento illegittimo, nel secondo caso invece è sufficiente che si metta a disposizione del privato ricevendo in cambio dei compensi o dei vantaggi. Questo complica un po’ le cose per Tancredi perché la sua difesa puntava sul fatto che gli atti corruttivi contestati dalla procura poi si fossero conclusi con un nulla di fatto, dal momento che i progetti non erano stati portati a termine. Applicando invece l’articolo 318 è sufficiente che fossero stati presi accordi e che lui ne ricavasse dei benefici.

Per Tancredi e Marinoni i giudici del riesame hanno stabilito non ci sia rischio di inquinamento delle prove – come aveva già stabilito il gip – ma che tuttavia esista il rischio di reiterazione del reato. Nonostante Tancredi si sia dimesso dalla carica di assessore, infatti, per i giudici conserva rapporti con politici ed è «solidamente inserito» in circuiti con operatori dell’edilizia. Dalla «spregiudicatezza» che ha caratterizzato i reati che avrebbe commesso, scrivono, è facile dedurre il concreto rischio che occasioni simili possano essere sfruttate ancora.

Anche Marinoni, pur non ricoprendo più il ruolo di presidente della commissione per il paesaggio, aveva comunque molti rapporti istituzionali e con società immobiliari attive a Milano, in altre città d’Italia e all’estero. I giudici fanno riferimento a una sua «attività criminosa perpetrata attraverso il sistematico impiego distorto della funzione pubblica», con dei «benefici di ritorno».

I giudici hanno stabilito quindi che per evitare che il reato possa ripetersi fosse sufficiente per loro l’interdizione dai pubblici uffici e il divieto di esercitare attività professionali o imprenditoriali per un anno.

Nel caso di Federico Pella, architetto e socio fondatore della società J+S Spa, una società di progettazione e urbanistica, le accuse sono strettamente legate a quelle di Marinoni. Anche in questo caso, come per Tancredi, i giudici ritengono che sia più corretto accusare lui e Marinoni del reato di “corruzione impropria”, contenuto nell’articolo 318: non ci sono singoli e determinati episodi di natura corruttiva, si legge nella motivazione, «quanto il generale e sistematico asservimento della funzione del pubblico ufficiale Marinoni, come detto messosi a disposizione per favorire gli interessi del privato J+S Spa/Pella», in cambio di utilità. Durante l’interrogatorio Pella ha anche ammesso di essere a conoscenza del conflitto di interessi di Marinoni.

Secondo i giudici del riesame esiste la possibilità di reiterazione del reato a Milano e non solo, avendo Pella molti contatti e incarichi anche in altre città d’Italia, ma hanno deciso che sia sufficiente – come nei casi di Marinoni e Tancredi – l’interdizione dai pubblici uffici e dalla sua professione per un anno.