Un’altra aggressione contro alcuni lavoratori in sciopero a Prato
In un video si vedono un uomo e una donna, probabilmente la titolare dell'azienda, prendere a calci e pugni gli scioperanti

Martedì c’è stata un’aggressione ad alcuni lavoratori di un’azienda del distretto dell’abbigliamento di Prato, noto tra le altre cose per diversi casi di sfruttamento. Il sindacato Sudd Cobas, che segue questi lavoratori e molti altri della zona, ha pubblicato un video in cui si vedono una donna e un uomo rincorrere, insultare e prendere a calci e pugni alcuni lavoratori. Secondo il sindacato la donna, italiana, è la titolare dell’azienda Alba, che si occupa di cucire e stirare capi di abbigliamento per conto di diversi marchi di moda.
Nel video si vede anche la donna buttare giù il gazebo del presidio. Il sindacato ha detto che oltre a lei, dopo, sono arrivate altre persone apposta per darle manforte e picchiare gli scioperanti. Questi lavoratori, perlopiù provenienti dal Bangladesh e recentemente regolarizzati, scioperavano contro alcune delocalizzazioni decise da Alba, che avrebbero rischiato di ridurre la produzione interna e forse anche i posti di lavoro. Uno di loro è stato portato all’ospedale con diverse contusioni. La procura di Prato, che in questi mesi si è molto attivata per provare a risolvere i numerosi problemi della città, ha aperto un’inchiesta.
A Prato ci sono due grandi distretti intrecciati tra loro, uno dell’abbigliamento e uno del tessile. Quest’ultimo è il più grande d’Europa, ma è in crisi per via del generalizzato calo di vendite. Negli ultimi anni ci sono state diverse aggressioni di questo tipo nei due distretti. Sono tentativi violenti di reprimere gli scioperi organizzati contro le pessime condizioni di lavoro a cui sono sottoposti i lavoratori, non solo nelle moltissime aziende cinesi di cui è noto lo sfruttamento sistematico, ma anche in quelle a conduzione italiana.
Un anno fa ci fu un caso in cui alcuni scioperanti – non solo lavoratori, ma anche studenti e sindacalisti a sostegno della causa – furono presi a sprangate da cinque persone italiane, che poi dissero: «La prossima volta vi spariamo».
Secondo le ricorrenti denunce fatte dai sindacati di base, nelle aziende gestite da cittadini cinesi i lavoratori lavorano più di 80 ore alla settimana, 12 ore al giorno da lunedì a domenica, in nero e senza tutele o a fronte di contratti part time non rispettati. Ad alcuni viene chiesto di restituire la tredicesima, altri non hanno mai visto una busta paga regolare. I controlli da parte delle autorità hanno effetti limitati, con le aziende che chiudono e riaprono uguali dopo poco, con un altro nome.
La situazione è poi aggravata da un generale clima di violenza perpetrato dalla criminalità organizzata cinese, con frequenti aggressioni, attacchi incendiari, intimidazioni e omicidi: è quella che è stata chiamata dai giornali, con un’espressione un po’ romanzesca, “guerra delle grucce”, che indica la lunga serie di scontri violenti tra gruppi criminali che puntano a controllare la produzione di grucce e più in generale il mercato della logistica dell’abbigliamento.
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