Migliaia di insegnanti precari non hanno mai ricevuto soldi a cui avevano diritto
I tribunali sono pieni di ricorsi per colpa di un pasticcio con la “Carta del Docente”, e lo Stato perde sempre

Negli ultimi mesi in diversi tribunali amministrativi regionali (TAR) italiani si sono accumulati migliaia di ricorsi contro il ministero dell’Istruzione e del Merito, presentati da insegnanti precari che non hanno ricevuto, pur avendone diritto, i 500 euro annuali previsti dalla cosiddetta Carta del Docente, un buono per la formazione e l’aggiornamento professionale.
La Carta del Docente esiste dal 2015, inizialmente era destinata solo agli insegnanti con un contratto a tempo indeterminato (quelli di ruolo), ma due sentenze della Corte di giustizia dell’Unione Europea (l’organo giurisdizionale dell’Unione) hanno stabilito che hanno diritto ad averla anche gli insegnanti a tempo determinato (come i supplenti annuali, o chi ha supplenze anche più brevi). L’Italia però non ha modificato la legge di riferimento di conseguenza, e quindi moltissimi insegnanti che ne fanno richiesta non riescono comunque a ottenere il contributo.
Solo al TAR del Piemonte nel 2025 sono già arrivati 1.400 ricorsi per questo motivo, contro i quasi 900 di tutto il 2024; la presidente del TAR della Toscana ha parlato di un incremento «eclatante» del 46 per cento nel numero di nuovi ricorsi presentati, dovuto alle «numerosissime» pratiche per la mancata erogazione della Carta del Docente agli insegnanti precari. Raffaele Miglietta, del sindacato FLC CGIL, dice che i dati di Piemonte e Toscana sono «in linea con quanto sta succedendo in tutte le altre regioni italiane», con numeri più alti nel nord Italia visto che lì è concentrato un numero maggiore di supplenti.
Tutto questo ha costi alti per lo Stato. Finora i ricorsi arrivati al termine sono stati generalmente vinti, con spese aggiuntive per il ministero dell’Istruzione: per ogni pratica è stato condannato a pagare non solo i 500 euro della Carta del Docente, ma anche gli interessi e le spese legali aggiuntive, raggiungendo anche i 2-3mila euro per ogni singola pratica.
In tutti questi casi i ricorsi erano stati presentati e in moltissimi casi vinti nei tribunali del lavoro, che avevano stabilito che il ministero dell’Istruzione dovesse versare le somme dovute agli insegnanti precari che ne avevano fatto richiesta. Il ministero però non le ha mai versate, e i ricorsi sono finiti nei TAR con una procedura che si chiama giudizio di ottemperanza: è utilizzata proprio per ottenere un pagamento da parte della pubblica amministrazione, quando è stabilito da una sentenza che non è mai stata eseguita.
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Per richiedere la Carta del Docente si accede a un portale del ministero attraverso un sistema di identità digitale, come lo SPID. Una volta entrati si ha a disposizione una specie di portafogli digitale che contiene i 500 euro annuali: possono essere spesi nell’acquisto di libri, riviste, ingressi nei musei o corsi di formazione fatti da enti qualificati.
Nonostante le due sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea, il ministero non ha fatto i decreti attuativi per modificare la legge: il sistema quindi continua a generare i buoni solo per gli insegnanti a tempo indeterminato, e per una piccola parte di quelli a tempo determinato.
Quest’estate infatti il ministero ha esteso l’accesso alla piattaforma anche a insegnanti con contratti a termine fino al 31 agosto del 2025. La modifica però esclude automaticamente tutti gli insegnanti con contratti di supplenza minori di un anno, che iniziano a settembre e finiscono il 30 giugno, e sono la maggior parte: nell’anno scolastico 2023/2024 gli insegnanti precari con contratti fino al 31 agosto erano circa 40mila, contro oltre 94mila con contratti fino al 30 giugno.
Isetta Barsanti Mauceri, avvocata esperta di diritto scolastico che ha seguito molti ricorsi in Toscana, dice che gli insegnanti precari li presentavano già prima delle due sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea, ritenendo che gli spettasse il buono. Dopo le due sentenze il numero di ricorsi è cresciuto moltissimo.
La prima sentenza, del 2022, aveva definito discriminatoria la distinzione tra insegnanti a tempo indeterminato e determinato nell’ottenimento della Carta; l’ultima, del 3 luglio del 2025, ha ribadito questo principio concentrandosi in maniera più specifica, ed esplicita, sugli insegnanti con supplenze brevi, quindi con incarichi che hanno una durata anche minore di un anno scolastico.
Barsanti Mauceri fa un esempio concreto sui costi che questi ricorsi comportano per lo Stato: cita un caso che seguì nel 2023, di un insegnante precario che si era rivolto al tribunale di Prato per chiedere la somma prevista dalla Carta del Docente per l’anno scolastico 2018/2019 e 2020/2021 (quindi prima delle sentenze della Corte di giustizia dell’Unione Europea). In quel caso il tribunale riconobbe il diritto dell’insegnante ad avere le somme per le Carte del docente, stabilendo quindi che il ministero dovesse versargli mille euro più oltre 900 di spese legali.
Il ministero non pagò mai questa somma e il caso finì al TAR della Toscana: la sentenza, di quest’anno, ha condannato il ministero a pagare i mille euro delle Carte del docente più gli interessi, l’IVA e le spese legali, per un totale di oltre 2.500 euro.



