Come una startup di pagamenti è arrivata a competere con le più grandi banche italiane

Revolut ha circa 4 milioni di clienti solo in Italia, un numero paragonabile a quello di Banco BPM e BPER Banca

(Ricardo Rubio/Contacto via ZUMA/ansa)
(Ricardo Rubio/Contacto via ZUMA/ansa)
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Quando venne fondata nel 2015, Revolut era una startup di pagamenti digitali come molte altre. Oggi invece compete con le più grandi banche europee, puntando a offrire gli stessi loro servizi ma a un costo minore. In Italia è arrivata ad avere 4 milioni di clienti, molti meno dei circa 20 e 15 milioni delle leader di mercato Intesa Sanpaolo e UniCredit, ma all’incirca quanto quelli di Banco BPM e BPER Banca, due tra gli istituti italiani più grandi.

Revolut non è quotata in borsa, ma si sa che vale all’incirca 75 miliardi di dollari (poco meno di 64 miliardi di euro), abbastanza per avvicinarsi al valore delle grandi banche europee, che ci hanno messo decenni per arrivarci. Per dare una dimensione: UniCredit e Intesa Sanpaolo valgono all’incirca 100 miliardi di euro, e sono tra le banche italiane più importanti. Revolut ha raggiunto un valore simile dopo molti meno anni di attività, e nonostante qualche difficoltà con le autorità finanziarie e qualche scandalo.

I fondatori di Revolut, che è una multinazionale inglese, sono Nikolay Storonsky e Vlad Yatsenko. Entrambi lavoravano nella finanza a Londra, il primo è russo e faceva il trader nella banca Credit Suisse, e il secondo è ucraino e sviluppava software per il settore. Crearono Revolut cercando di sfruttare una nicchia del mercato, quella dei pagamenti all’estero: volevano cioè offrire un servizio che consentisse di fare pagamenti e trasferire denaro all’estero in altra valuta senza pagare alte commissioni alle banche, sfruttando la tecnologia per abbassare i costi e proporre commissioni più competitive. Con questo obiettivo volevano che tutti i loro servizi fossero digitali, quindi senza filiali fisiche. In dieci anni non ne hanno aperta neanche una.

Nikolay Storonsky nel 2018 (Seb Daly/Web Summit via Sportsfile)

Inizialmente la loro clientela era di un certo tipo: persone tendenzialmente giovani che viaggiavano, che avevano bisogno di fare i loro pagamenti con la carta e di trasferire o convertire soldi velocemente. Nel 2015 non c’era la stessa sensibilità di oggi ai pagamenti digitali, tanto che il nome Revolut fu scelto proprio per trasmettere un’idea di revolution. Ancora oggi Revolut è molto usata proprio con questa concezione, per avere un conto veloce, digitale, dove mettere i propri soldi per cambiarli in altre valute con commissioni limitate, e fare pagamenti all’estero. Tutto tramite l’app e una carta digitale che funziona con i circuiti accettati in tutto il mondo. Non serve una carta fisica, si può caricare la carta direttamente sullo smartphone.

I due soci avviarono la società grazie a L39: un “incubatore” di startup tecnologiche, cioè che si occupa di aiutare le piccole società a svilupparsi e trovare gli investitori, con sede nel centro di Londra. Revolut trovò così i primi investitori e passò poi per una campagna di raccolta fondi. I soldi per Revolut non furono in realtà un grosso problema, non tanto quanto invece lo è stata la regolamentazione finanziaria. Alle società del settore del fintech, quindi quello a cavallo tra finanza e tecnologia, non basta infatti raccogliere fondi, perché talvolta non riescono a entrare completamente in attività se prima non ottengono le autorizzazioni necessarie a operare nel settore finanziario, ben più redditizio della sola nicchia dei pagamenti.

Revolut ci è riuscita nel 2018, quando ottenne la licenza bancaria dalla Lituania, un paese che da qualche anno è diventato molto attrattivo per l’industria fintech per la scelta del governo di concedere autorizzazioni più agevoli e garantire una burocrazia più snella. E dato che la Lituania fa parte dell’Unione Europea, con la licenza lituana Revolut è riuscita ad accedere a tutto il mercato europeo, fornendo tra le altre cose prestiti e servizi di investimento. L’unico vincolo è che i conti correnti erano conti lituani, con IBAN lituano: ci potevano essere ostacoli per esempio per accreditarci lo stipendio, o domiciliare le bollette, e così via per chi li usava dall’Italia, ma erano comunque comodi per i pagamenti all’estero.

Nel 2021 l’azienda ha ottenuto anche le autorizzazioni dalla Banca Centrale Europea, e gradualmente Revolut sta ottenendo specifiche licenze bancarie anche in altri paesi europei più grandi. In Italia l’ha ottenuta nel 2024, e da allora i clienti italiani hanno un IBAN italiano. E infatti secondo un manager dell’azienda intervistato dal Sole 24 Ore i clienti italiani sono aumentati proprio negli ultimi mesi.

Negli ultimi anni si è fatta conoscere in Italia anche grazie a campagne pubblicitarie con i personaggi della TV Gerry Scotti e Mara Maionchi, ed è diventata sponsor della squadra di calcio del Como, che è in Serie A dal 2024 e ha una proprietà molto ricca e desiderosa di investire per far crescere il club.

Al contrario le autorità finanziarie del Regno Unito sono state più riluttanti, e le hanno negato la licenza bancaria fino allo scorso anno, col paradosso che la società inglese poteva operare come banca nei paesi europei ma non nel paese dov’era stata fondata. Revolut ha faticato tre anni per ottenerla, mentre di solito ne serve circa uno: le autorità le chiedevano maggiore trasparenza nei conti e nella struttura societaria.

La titubanza delle istituzioni britanniche è stata ricondotta anche al fatto che negli scorsi anni Revolut è stata coinvolta in alcune indagini e scandali, cosa che comunque accade piuttosto di frequente alle società del settore che sono operative da poco.

Nel 2023 era emerso che a Revolut erano stati sottratti circa 20 milioni di euro sfruttando una falla nel sistema di rimborsi. Non erano soldi dei clienti ma della stessa società. È capitato anche che i clienti di Revolut si lamentassero di essere finiti in qualche truffa; in Italia la società è al momento oggetto di un’indagine per pratiche commerciali scorrette da parte dell’Antitrust, l’autorità che si occupa di vigilare sul rispetto della concorrenza.

Con l’obiettivo di istituzionalizzarsi sempre di più, Revolut ha nominato come dirigenti alcuni ex banchieri molto noti nella finanza londinese. Da tempo si parla di una quotazione in borsa della società, un destino un po’ inevitabile per un’azienda che punta a fare in tutto e per tutto la banca. Non si sa ancora dove si quoterà: se in una tra le varie borse europee, dato che è il mercato europeo quello di riferimento, oppure a New York, visto che la società vorrebbe espandere i suoi affari anche negli Stati Uniti.