Il comune di Venezia ha raccolto troppi dati personali, con il biglietto per i turisti
Per questo è stato multato dal Garante della privacy e ora sta cercando di adeguarsi

Il comune di Venezia è stato multato per violazione della privacy per il biglietto a pagamento per visitare la città, l’iniziativa partita lo scorso anno per limitare il numero di visitatori nei momenti di picco, come i ponti o i fine settimana: prevede il pagamento di 5 euro per coloro che visitano la città in giornata dalle 8:30 alle 16, che diventano 10 se si prenota meno di quattro giorni prima dell’arrivo. Per quest’anno il periodo soggetto a pagamento è finito il 27 luglio.
Secondo il Garante per la protezione dei dati personali la raccolta di informazioni che ne risulta sarebbe sproporzionata rispetto all’obiettivo. Il problema riguarda in particolare i dati di alcune categorie di persone esentate dal pagamento del biglietto, ma per cui il comune richiede la registrazione obbligatoria sul sito dedicato.
Ci sono infatti due tipi di categorie esenti. La prima comprende le persone nate a Venezia, i residenti in Veneto, i bambini sotto ai 14 anni, le persone con disabilità e i loro accompagnatori, il personale delle forze armate, delle forze dell’ordine e dei vigili del fuoco. Tutti questi non devono pagare né registrarsi, e quindi non devono fornire i loro dati.
La seconda categoria esente comprende i turisti che pernottano a Venezia, i lavoratori pendolari, gli studenti, e chi deve curarsi in una struttura sanitaria. Questi devono invece registrarsi: significa fornire i propri dati personali, come la residenza o il motivo per cui devono andare in città.
Il Garante sostiene che raccogliere i dati di queste persone non sia sufficientemente motivato: il comune infatti non ha fissato una soglia massima di persone che possono entrare in città, e dunque per il garante non c’è la necessità di far registrare le persone che il biglietto non devono pagarlo (se ci fosse un limite, raccogliere i dati di chi è in città sarebbe più giustificato). La multa alla fine è stata di 10mila euro, una cifra contenuta perché il comune dall’anno scorso a quest’anno ha ridotto le categorie di persone che devono registrarsi, proprio per andare incontro alle richieste del Garante: la stessa autorità ha specificato che inizialmente l’importo della multa avrebbe potuto essere ben più alto, fino a 20 milioni di euro, ma si è tenuto conto della collaborazione del comune.
Nel 2024, nei 29 giorni in cui è stato imposto il pagamento, il comune ha incassato 2 milioni e 425mila euro. Hanno pagato 485mila persone, mentre 3 milioni erano esenti: 1,5 milioni di turisti che hanno pernottato in strutture alberghiere, 500mila studenti, 700mila lavoratori, 220mila veneti. Quest’anno i giorni sono stati 54, e il comune ha raccolto 5,4 milioni di euro.
Di questa iniziativa si è discusso molto, tra chi sosteneva che Venezia dovesse continuare a essere liberamente accessibile e chi invece propendeva per limitare gli accessi. Il comune ha comunque sempre negato che la finalità del “contributo di accesso”, come si chiama formalmente questo biglietto, fosse quella di guadagnarci. L’intento, a dire del sindaco Luigi Brugnaro e della sua amministrazione, è quello di disincentivare l’arrivo di turisti nei momenti di massima affluenza, dirottandoli su altre date dove invece l’accesso è gratuito.
È evidente che però il biglietto serva anche a compensare il costo per la città dell’arrivo di un numero sempre maggiore di turisti, che spesso visitano le attrazioni turistiche rapidamente e quindi utilizzano i servizi pubblici ma non pagano la tassa di soggiorno, obbligatoria invece per chi alloggia nelle strutture ricettive della città. Da diversi anni la presenza di decine di migliaia di persone, strette nelle calli o nelle piazze principali del centro storico, i cosiddetti campi, ha portato amministratori e abitanti a interrogarsi sulla sostenibilità di questo modello di turismo, anche perché mentre i turisti aumentavano gli abitanti e i residenti sono diminuiti costantemente.
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