Un pezzo d’Europa ideale per creare le “micronazioni”
Per trovare piccoli stati autonomi fittizi che non sono riconosciuti da nessuno bisogna andare al confine tra Serbia e Croazia, sul Danubio

C’è un pezzettino di Europa dove negli anni è diventato piuttosto frequente che qualcuno provasse a creare delle “micronazioni”, cioè piccoli stati autonomi fittizi che non sono riconosciuti da nessuno. Questo territorio si trova tra Serbia e Croazia, lungo un confine che non è mai stato ufficialmente delimitato e che scorre lungo il fiume Danubio, tra la frontiera con l’Ungheria, a nord, fino al punto di confluenza con il fiume Drava, più a sud.
La nascita di micronazioni è avvenuta per esempio nell’area di Gornja Siga, grande circa 7 chilometri quadrati, ricoperta di boschi e sostanzialmente abbandonata: lì sono stati creati Liberland e Panagua. Un’altra micronazione, Verdis, è stato creato in una piccola area simile, qualche chilometro più a sud. Sono tutte zone che si trovano sul confine e la cui appartenenza alla Serbia o alla Croazia è ambigua.
Il fatto che il confine tra i due paesi non sia mai stato chiaramente delimitato ha a che fare con la storia di questo pezzo di Europa. Fino al 1991 Serbia e Croazia facevano parte di un unico stato, la Jugoslavia, insieme a Slovenia, Bosnia Erzegovina, Macedonia del Nord, Montenegro e Kosovo. La Jugoslavia era un paese federale, formato cioè al suo interno da più repubbliche, i confini delle quali vennero stabiliti dopo la Seconda guerra mondiale da apposite commissioni.
Quello tra Croazia e Serbia venne tracciato da una commissione formata nel 1947 e presieduta da un importante funzionario jugoslavo, Milovan Đilas, insieme a rappresentanti dei governi federati di Serbia e Croazia. Le conclusioni però non vennero mai adottate con una legge all’interno della Jugoslavia e la situazione rimase sempre piuttosto confusa. Dal momento che Serbia e Croazia facevano entrambe parte dello stesso stato, la mancanza di un confine consolidato non sembrava un problema così grosso.
La situazione cambiò quando la Croazia dichiarò la propria indipendenza, nel 1991, staccandosi dalla Jugoslavia. Tra Croazia e Jugoslavia (che a partire dal 1992 rimase esclusivamente formata da Serbia e Montenegro) iniziò una guerra, che durò fino al 1995 e provocò migliaia di morti e sfollati.
Dalla fine della guerra, Croazia e Serbia hanno iniziato a ridiscutere di quel tratto di confine: la Serbia vorrebbe che scorresse al centro della parte navigabile del Danubio, la Croazia che seguisse i vecchi confini catastali dei comuni croati tracciati alla fine del Diciannovesimo secolo.

La città croata di Vukovar, al confine vicino al Danubio, distrutta dall’esercito jugoslavo nel 1991 (Getty/Romano Cagnoni)
Oggi la linea provvisoria che divide i due paesi passa di fatto nel Danubio, come chiede la Serbia. La situazione è però complicata dal fatto che nel tratto in questione il fiume è stato deviato più a ovest rispetto a quando i confini catastali furono tracciati: come risultato, la Croazia reclama diverse aree che la Serbia ritiene sue (complessivamente 115 chilometri quadrati); al contrario ci sono alcune aree che di fatto nessuno dei due paesi è interessato a occupare, ed è in queste aree che negli anni sono nate varie micronazioni indipendenti.

L’ipotetico confine richiesto dalla Croazia. Le aree in giallo nel territorio della Serbia sono quelle che la Croazia rivendica. Quelle in verde sono aree che la Croazia considera parte del territorio della Serbia, ma che la Serbia non è interessata a occupare (la mappa è tratta “War and Peace on the Danube: The Evolution of the Croatia-Serbia Boundary”, di Mladen Klemenčić e Clive H. Schofield, la cartina è su Wikimedia Commons).
Per quanto si tratti di iniziative poco concrete, in passato Serbia e Croazia (e in particolare la polizia croata, che di fatto pattuglia quelle aree) hanno reagito negativamente alla creazione delle micronazioni: hanno sostenuto che disturberebbero il processo di tracciamento del confine.

Una pattuglia della polizia croata nel Danubio, nel 2015 (AP/Darko Vojinovic)
Trovare un confine formale e accettato da entrambe le parti però non è facile, anche perché ci sono diverse regole da tenere in considerazione. Per esempio il diritto di entrambe a usare il Danubio per la navigazione; il fatto che la Serbia negli anni abbia esercitato un controllo effettivo sulle aree reclamate dalla Croazia (per esempio, ha chiesto le tasse, ha fatto rispettare le proprie leggi, ha chiesto alle persone che ci vivevano di fare il servizio militare); il fatto che la Croazia possa provare che diverse aree del territorio della Serbia facevano parte dei propri comuni (attraverso il catasto).

In alcuni casi i problemi creati dal disaccordo tra Serbia e Croazia sono stati risolti provvisoriamente grazie alla collaborazione tra le autorità locali. Per esempio, dal 2006 i residenti della città di Vukovar possono tranquillamente attraversare il Danubio senza bisogno di controlli per andare in un’isola che sta proprio di fronte alla città, e che è chiamata comunemente Vukovarska Ada (“Isola fluviale di Vukovar”), un luogo di escursione molto popolare per chi vive lì. La foto è tratta dal sito dell’Ufficio del Turismo di Vukovar.
Serbia e Croazia potrebbero risolvere la questione con un accordo reciproco, oppure chiedendo a un tribunale internazionale di farlo al posto loro. Finora però non l’hanno mai fatto, sia perché non lo considerano una priorità sia perché i rapporti tra i due governi rimangono tesi. Una commissione comune fu creata nel 2002, ma si riunisce raramente e non ha combinato granché.



