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  • Sabato 23 agosto 2025

Cos’è una carestia e a cosa serve riconoscerla

Prima di Gaza era stata dichiarata altre quattro volte

Alcuni palestinesi durante la distribuzione di cibo a Gaza City, la principale città della Striscia di Gaza, il 16 agosto
Alcuni palestinesi durante la distribuzione di cibo a Gaza City, la principale città della Striscia di Gaza, il 16 agosto (AP/Jehad Alshrafi)
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Ieri l’Integrated Food Security Phase Classification (IPC) ha riscontrato per la prima volta la presenza di una carestia nella città di Gaza, dove da molti mesi Israele impedisce l’ingresso di cibo e di diversi altri beni essenziali (come in tutto il resto della Striscia). L’IPC è un consorzio di diverse organizzazioni che si occupa di rilevare le situazioni di mancanza di cibo nel mondo, basandosi su indicatori condivisi a livello internazionale. Il suo lavoro è sostenuto, tra gli altri, anche da alcune agenzie delle Nazioni Unite, come l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e il Programma alimentare mondiale.

Nonostante l’IPC sia molto influente, si tratta principalmente di un organismo di ricerca, che non ha potere politico. I risultati delle sue ricerche sono importanti perché si basano su parametri oggettivi e riconosciuti, ma affinché abbiano delle conseguenze concrete occorre che un’organizzazione politica li riconosca e intervenga. Non esiste una procedura fissa: in situazioni simili in passato lo hanno fatto soprattutto le Nazioni Unite, oppure singoli governi.

La “carestia” è la più grave situazione di mancanza di cibo prevista nella scala elaborata dall’IPC. Perché una situazione di penuria sia definita come carestia in una determinata area devono verificarsi queste condizioni: il 20 per cento delle famiglie che ci vivono, o più, soffre di una grave mancanza di cibo; almeno il 30 per cento dei bambini è affetto da malnutrizione acuta; e due adulti (o quattro bambini) ogni 10.000 persone muoiono ogni giorno a causa della fame e delle complicazioni legate alla mancanza di cibo.

Secondo l’IPC queste condizioni si stanno verificando, al momento, in diverse aree di Gaza, e più di mezzo milione di persone è colpito dalla carestia.

Negli anni l’IPC ha determinato l’esistenza di situazioni di carestia in quattro casi: in Somalia nel 2011, nel Sud Sudan nel 2017 e nuovamente nel 2020, e in Sudan nel 2024. In alcuni di questi casi, poi, le Nazioni Unite hanno utilizzato queste informazioni per dichiarare ufficialmente l’esistenza di una carestia, in Somalia e in Sud Sudan (solo nel 2017), con decisioni prese dalle sue singole agenzie (non è necessario, per dire, un voto del Consiglio di Sicurezza o dell’Assemblea Generale).

Anche in questo caso, comunque, non si tratta di dichiarazioni che hanno un valore giuridico: non creano, cioè, obblighi immediati nei confronti degli stati. Possono, però, servire ad aumentare gli aiuti umanitari e i fondi a disposizione per contrastare una carestia; e per cercare di influenzare i governi (inclusi quelli che controllano i territori dove è stata dichiarata la carestia: nel caso della Striscia di Gaza, quindi, Israele), e spingerli a prendere contromisure per risolvere la crisi.

Dall’attacco di Hamas del 7 ottobre, Israele ha occupato e bombardato una grossa parte della Striscia di Gaza. Da mesi ostacola la consegna di cibo e di altri beni essenziali ai palestinesi che ci vivono, usando la fame come arma di guerra. È molto improbabile che il rapporto dell’IPC, e un’eventuale dichiarazione di carestia da parte delle Nazioni Unite, possa comunque cambiare molto le cose nella Striscia di Gaza: Israele ha fortemente criticato il rapporto dell’IPC, dicendo che è basato su menzogne e pregiudizi.