Per attrarre turisti, il Benin dà passaporti alle celebrità afrodiscendenti
E sta investendo molto in nuove infrastrutture per accogliere milioni di visitatori, tra qualche polemica

Alla fine di luglio la cantante pop afroamericana Ciara, molto popolare soprattutto nei primi anni Duemila, ha ottenuto la cittadinanza del Benin, un piccolo stato dell’Africa occidentale affacciato sul golfo di Guinea. È stata la prima a ottenerla grazie a un programma del governo che consente alle persone in grado di dimostrare di avere antenati tra le vittime della tratta degli schiavi di ricevere lo status di cittadini.
L’iniziativa fa parte di una serie di misure con cui il governo del Benin intende aumentare la visibilità del paese all’estero e attrarre visitatori. Lo scopo è trasformarlo in una destinazione turistica internazionale, puntando soprattutto sulle persone della diaspora africana.
Il Benin si trova su quella che veniva chiamata la costa degli Schiavi, ed è stato uno dei principali luoghi di partenza delle navi che trasportavano le vittime della tratta verso il continente americano, tra il XVI e il XIX secolo. Ciara è nata negli Stati Uniti da genitori afroamericani, e ha dimostrato di avere discendenti beninesi grazie a un test del DNA: è uno dei modi in cui è possibile accedere al programma, che è aperto a chiunque abbia più di 18 anni, nessun altro passaporto africano e possa provare di avere ascendenti in un paese dell’Africa subsahariana coinvolto nella tratta (non è necessario nello specifico essere legati al Benin).
Il modello del governo beninese è il vicino Ghana, che in anni recenti ha aumentato notevolmente le entrate derivanti dal turismo, anche attraverso programmi analoghi che spingono le persone che hanno appena ricevuto la cittadinanza a visitare il loro nuovo paese. Nel 2024 il Ghana è diventato il più visitato tra i paesi dell’Africa occidentale, secondo i dati del World Economic Forum.
Allo stesso scopo di recente il presidente Patrice Talon ha nominato tra gli altri il noto regista Spike Lee e sua moglie, l’avvocata Tonya Lewis Lee, “ambasciatori tematici” del Benin. Ha cioè affidato loro il compito di promuovere la cultura e la storia beninesi tra le persone di discendenza africana negli Stati Uniti.
Talon è un ricco imprenditore che governa il paese dal 2016, e che nel corso dei suoi anni al governo ha via via consolidato il proprio potere, perseguitando i suoi avversari politici e prendendo il controllo delle istituzioni. Il Benin non è considerato un paese autoritario, ma il suo livello di democrazia si è degradato nel corso degli anni. Anche per questo le sue iniziative energiche per espandere il settore turistico sono spesso accompagnate da un forte scetticismo per i metodi usati.
Per esempio, il governo sta investendo nel miglioramento delle infrastrutture e dell’offerta turistica del paese. Solo a giugno ha annunciato di aver stanziato l’equivalente di 1,4 miliardi di dollari per il settore turistico, con l’obiettivo di raggiungere i due milioni di visitatori l’anno entro il 2030 (l’ultima volta che la Banca Mondiale li ha contati, nel 2019, erano 337mila).
Di recente ha concluso la ristrutturazione della Porta del non ritorno, un imponente monumento sulla costa della città di Ouidah, uno dei porti dove partivano le navi che avrebbero portato gli schiavi al di là dell’Atlantico. Sempre a Ouidah ha avviato i lavori per un nuovo museo dedicato alla tratta e un parco tematico, Marina, da quasi 40mila metri quadrati: comprende un grosso hotel con centro benessere, una replica a grandezza naturale di una nave di commercianti di schiavi, un’area con giardini e mercati di prodotti artigianali, un’arena per spettacoli legati alla tradizione religiosa vudù.
Il progetto è stato molto contestato, per la sua scarsa sostenibilità sociale e ambientale. In particolare Amnesty International ha realizzato una lunga indagine e ha calcolato che almeno 234 persone sono state sfrattate dall’area per permettere i lavori, senza ricevere un indennizzo adeguato. In totale lungo la costa tra le città di Ouidah e Cotonou, sempre secondo il rapporto, quattro grossi progetti turistici (incluso quello della Marina) hanno portato allo sfratto forzato di 6mila persone.



