È saltato il piano di Mediobanca per comprare Banca Generali

Il motivo ha molto a che fare con gli interessi di due importanti famiglie di industriali italiani, i Del Vecchio e i Caltagirone

(ANSA/UFFICIO STAMPA MEDIOBANCA)
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L’assemblea degli azionisti di Mediobanca, storica e prestigiosa banca di investimento italiana, non ha approvato il piano per comprare Banca Generali, controllata dal grande gruppo assicurativo Generali. Il piano era sostenuto dall’amministratore Alberto Nagel, ma aveva bisogno dell’approvazione dei soci perché Mediobanca stessa è l’obiettivo di un altro tentativo di acquisizione: quello da parte di MPS, la banca che un tempo era conosciuta come Monte dei Paschi di Siena.

Il piano di Nagel era considerato soprattutto una mossa difensiva, per evitare che Mediobanca venisse comprata da MPS: ha però ricevuto l’approvazione solo del 35 per cento dei soci, insufficiente per raggiungere la maggioranza richiesta. L’operazione quindi non si farà. Nagel ha parlato di «opportunità mancata». La conseguenza più immediata è che ora per MPS torna a essere vantaggioso l’obiettivo di comprare Mediobanca (non lo sarebbe stato affatto, se Mediobanca avesse comprato Banca Generali).

MPS, Mediobanca e il gruppo Generali sono da mesi al centro di quello che i giornali chiamano il “risiko bancario”, cioè il grande e continuo moto di fusioni e acquisizioni nel settore bancario, spesso legate tra loro o addirittura dipendenti l’una dall’altra. Nel caso di queste tre società ci sono anche intricate lotte di potere di due importanti famiglie di industriali italiani, i Del Vecchio e i Caltagirone, per arrivare al controllo del gruppo Generali, considerato da sempre un “fiore all’occhiello” della finanza italiana. Sono queste lotte ad aver fatto saltare l’acquisizione, più che ragioni di merito sull’operazione.

La centralità di Mediobanca in questa storia si spiega soprattutto con la sua partecipazione di lungo corso nel gruppo Generali, di cui è primo azionista con il 13,2 per cento delle azioni: per decenni ne è stata il socio più importante, guidandone la crescita e indirizzandone la gestione. Per acquistare Banca Generali (da non confondere quindi col gruppo Generali, di cui la banca è solo una parte), Mediobanca aveva intenzione proprio di sacrificare questa quota nel gruppo Generali – con tutta l’influenza che comporta – tramite uno scambio di azioni (e quindi non in denaro).

Da tempo infatti questa partecipazione è diventata molto problematica per Mediobanca. L’ha resa oggetto di diversi tentativi di controllo da parte dei Del Vecchio e dei Caltagirone, che hanno quote in tutte e tre le società coinvolte proprio con l’obiettivo del gruppo Generali. Le due famiglie insieme ne hanno una quota rilevante, ma non così tanto da influenzarne la gestione come vorrebbero: i Del Vecchio, tramite la loro holding Delfin, hanno il 10 per cento del gruppo Generali, il 20 per cento di Mediobanca, e il 10 per cento di MPS; il gruppo Caltagirone, più piccolo, ha il 7 per cento del gruppo Generali, il 10 per cento di Mediobanca, e il 10 per cento di MPS.

Francesco Gaetano Caltagirone, proprietario del gruppo Caltagirone, nel 2019 (Fabio Cimaglia/LaPresse)

Secondo una lettura ampiamente condivisa dagli esperti e secondo la stessa dirigenza di Mediobanca, MPS vuole comprare Mediobanca per entrare in possesso della sua partecipazione nel gruppo Generali: per questo ai due soci era sgradita l’operazione di Mediobanca su Banca Generali. Gli artefici dell’acquisizione di Mediobanca da parte di MPS sarebbero stati proprio i Del Vecchio e i Caltagirone, col benestare del governo italiano, che è ancora il primo azionista di MPS.

Per capire tutto questo intreccio bisogna anche tenere presente che MPS è molto più piccola della banca che vorrebbe comprare, Mediobanca, ed era opinione diffusa tra diversi analisti che l’operazione fosse del tutto insensata dal punto di vista economico.

Era dello stesso avviso anche il consiglio di amministrazione di Mediobanca, che si è opposto fin da subito all’operazione e che aveva studiato l’operazione su Banca Generali proprio per togliere del tutto l’oggetto del contendere: comprandola, Mediobanca avrebbe ceduto del tutto la sua quota nel gruppo Generali, e quindi per MPS sarebbe venuto meno tutto l’interesse di comprare Mediobanca.

Il parere dei soci era però necessario per legge: quando un’azienda quotata in borsa è oggetto di un tentativo di acquisizione – in questo caso un’Offerta pubblica di scambio – deve astenersi da fare operazioni straordinarie che ne comprometterebbero il valore, a meno di avere il permesso dei soci. Si chiama passivity rule.

Da qui si capisce anche perché l’operazione non è stata approvata dai soci: il progetto di Mediobanca su Banca Generali è stato bocciato proprio con i voti del gruppo Caltagirone (che ha votato contro) e di Delfin, la holding dei Del Vecchio (che si è astenuta). Si sapeva che l’approvazione non era scontata, proprio perché entrambi i soci avrebbero potuto mettersi di traverso. E non è un caso che non abbiano espresso lo stesso voto: sarebbe stato più difficile difendersi dall’accusa di aver agito di concerto, cosa che le due famiglie hanno sempre negato perché vietata o fortemente limitata dalle leggi finanziarie in caso di complessi schemi di partecipazioni reciproche, come quello in cui sono coinvolti.

Nagel ha parlato di «un evidente conflitto di interesse [di alcuni azionisti, ndr], anteponendo quello relativo ad altre situazioni/asset italiani a quello di azionisti di Mediobanca».

Ora che le condizioni sono tornate quelle di partenza l’operazione di acquisto di Mediobanca torna a essere appetibile per MPS, quindi per i Del Vecchio e i Caltagirone. Hanno l’approvazione del governo, che giustifica l’operazione con la necessità di garantire “l’italianità” di istituzioni così grandi e influenti – Generali, MPS, e Mediobanca – e di fare MPS una terza grande banca in grado di competere con Intesa Sanpaolo e Unicredit, le prime due banche italiane per dimensione e valore.

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