La normalizzazione del botox
Sui ritocchi estetici c'è molto meno stigma di un tempo, ma anche i lati negativi sono diventati più evidenti

Fino a qualche anno fa, una delle prime preoccupazioni delle persone che si sottoponevano a un trattamento di medicina estetica era quanto tempo sarebbero durati effetti collaterali come gonfiori o lividi. Ogni scusa era buona per giustificare e nascondere gli eventuali segni in faccia: un intervento dal dentista, una reazione allergica. Il timore era di essere percepiti come eccessivamente vanitosi o troppo preoccupati del proprio aspetto fisico.
Oggi la situazione è diversa. La medicina estetica – cioè l’insieme di quei trattamenti non chirurgici e poco invasivi come il botox e il filler di acido ialuronico – è molto più accettata e viene largamente considerata uno strumento di cura e valorizzazione del proprio aspetto come tanti altri.
La spontaneità con cui celebrità e influencer parlano dei loro trattamenti di medicina estetica e interventi di chirurgia plastica – in cui rientrano quelli più invasivi – hanno contribuito in modo significativo a questo cambiamento culturale. E il modo in cui oggi commentatori e giornali di gossip parlano delle loro trasformazioni è un chiaro segno di come sia diminuito lo stigma: quelle più evidenti e notevoli vengono chiamate glow up, un’espressione inglese che letteralmente vuol dire “splendere”, e che ha quindi una connotazione positiva.
Oltre all’effetto positivo di liberare dallo stigma le persone che si sono sottoposte a trattamenti estetici, una conseguenza della normalizzazione dei trattamenti di medicina estetica è che più persone vi si sottopongono.
Nel mondo, sui social e in televisione si vedono molte più persone con corpi e visi ritoccati secondo i canoni di bellezza tradizionali. In questo modo cambia anche la percezione generale di cosa è normale, e cosa invece sia da considerare un difetto o un’anomalia: più persone si percepiscono brutte e più persone si rivolgono alla medicina estetica. Sui social poi funzionano molto bene i contenuti che mostrano i risultati ottenuti grazie ai trattamenti di medicina estetica, presentati molto spesso come veloci e indolori; e questo porta le persone a confrontare il proprio aspetto con quello altrui, a notare dettagli che prima ignoravano, e a prendere in considerazione dei piccoli interventi.
Un altro fattore che ha contribuito alla diffusione dei trattamenti di medicina estetica è stata la nascita – anche in Italia, sull’esempio degli Stati Uniti – di centri di medicina estetica che ricordano più saloni di bellezza che studi medici. Sempre più persone, specialmente donne ma anche uomini (secondo la SIME, la Società Italiana di Medicina Estetica, tra gli uomini la richiesta di trattamenti di medicina estetica è aumentata del 25 per cento dal 2008 al 2024), si avvicinano a questo tipo di offerta proprio per la sua immediatezza nei servizi proposti: si prenotano con tempi brevi, senza dover affrontare le lunghe liste d’attesa tipiche dei medici più noti.
Secondo la chirurga plastica Alessandra Cecchini, questi centri favoriscono una banalizzazione e omologazione dei trattamenti estetici, che spesso vengono proposti in modo standardizzato, senza che siano più di tanto personalizzati. Non è raro vedere sui social tecniche di trattamenti per le labbra ispirati a qualche celebrità, che però potrebbero non essere adatti a certi pazienti. «Se a tutti i pazienti viene fatto lo stesso trattamento va a finire che tutti i pazienti sono uguali», dice Cecchini.
Secondo SIME, anche in Italia l’interesse per la medicina estetica è in crescita: vale per il botox, che rilassa la muscolatura riducendo le rughe, ma anche per altri trattamenti come i filler dermici, in particolare quelli a base di acido ialuronico, che vengono iniettati in zone del viso come zigomi, labbra o mento per aumentare i volumi. L’obiettivo della medicina estetica degli ultimi anni, spiega Cecchini, non è più «cancellare completamente i segni del tempo, ma valorizzare se stessi mantenendo un aspetto il più possibile naturale».
La medicina estetica però può avere effetti psicologici negativi su alcune persone. Dei medici sentiti dal Post, diversi raccontano di dover rifiutare regolarmente trattamenti estetici ai loro pazienti. Una delle regole della medicina estetica, almeno in teoria, è infatti non assecondare ogni richiesta del paziente, ma migliorare il suo aspetto in modo equilibrato e realistico. Se dopo il consulto il medico ritiene che un ulteriore intervento non porterebbe un reale miglioramento – o anzi potrebbe compromettere la naturalezza dei lineamenti – può infatti decidere di non soddisfare la richiesta.
Capita che però questi rifiuti vengano mal accettati dai pazienti: l’atteggiamento può essere legato a un disturbo psicologico chiamato dismorfia (o dismorfofobia), che porta le persona a percepire come insormontabili i propri difetti fisici. Cecchini dice che nei casi in cui sospetta la presenza di questo disturbo, preferisce consigliare al paziente di rivolgersi a uno psicoterapeuta per cercare supporto.
A volte queste persone si convincono o sono convinte da persone care, partner e amici, a effettuare il trattamento di ialuronidasi – cioè lo “scioglimento” del filler di acido ialuronico precedentemente iniettato – perché le loro labbra erano diventate troppo grosse e quindi poco naturali, senza che se ne fossero rese conto. Altre invece vanno da più medici per cercare di rimediare a un filler effettuato da professionisti poco qualificati, e dopo averlo dissolto ne chiedono altro.
La ialuronidasi a volte viene infatti erroneamente percepita come una «gomma da cancellare» spiega Matteo Restivo, medico estetico, ma in realtà «agisce degradando l’acido ialuronico in maniera indistinta, aggredendo sia quello iniettato che quello endogeno», cioè quello già presente nel nostro corpo. Quindi è un trattamento da utilizzare solo in situazioni di effettivo bisogno.
«Normalizzare l’idea di potersi rifare le labbra, e che si possano rifare bene, non è un problema» dice Giulio Borbon, medico e chirurgo estetico. «Ma non si può normalizzare una dismorfia»: dopo un primo trattamento di filler, ci si può abituare in fretta alle loro dimensioni più grandi, cominciando a desiderare altri trattamenti per renderle più voluminose. «Di questa cosa secondo me bisogna parlare molto di più», dice Borbon.



