Gli anni delle canzoni con i battimani e gli “hey! ho!”
Un decennio fa: ora la fama di Lumineers, Mumford & Sons e altri gruppi associati all'ottimismo dell'era hipster è molto diversa

Nel 2021 un utente di Twitter pubblicò la foto di un uomo con delle bretelle, un papillon e i capelli e la barba acconciati nella tipica moda “hipster”, scrivendo: «ricordate questo genere di musica tipo del 2011? Mi piace chiamarla “stomp clap hey”, faceva schifo lol». Quel tweet ottenne migliaia di condivisioni e codificò in alcune nicchie di internet un sottogenere musicale con cui ha familiarità qualunque persona della generazione dei millennial, i nati tra gli anni Ottanta e la metà dei Novanta, e che gode di una pessima fama online. Urban Dictionary dice che «è considerato da qualcuno forse il peggior genere musicale esistente».
In questi giorni quel sottogenere è tornato al centro di un dibattito su X (Twitter) dopo che un utente ha pubblicato un breve video che mostra un pezzo della canzone “Home” suonata dalla band Edward Sharpe and the Magnetic Zeros, accompagnandolo con il commento «la peggior canzone mai scritta», e attraendo migliaia e migliaia di commenti e opinioni infervorate.
“Stomp clap hey” non è un’espressione traducibile in italiano, ma tiene insieme alcuni degli elementi principali delle canzoni delle band in questione, che sono scandite con colpi di piedi (stomp) e battimani ritmati (clap) e da cori che fanno “oh!”, “hey!”, a volte “hello!”. Nel sottogenere vengono fatte rientrare band come i Mumford & Sons, i Lumineers, gli Of Monsters and Men, che ottennero i loro successi maggiori 10-15 anni fa ma in alcuni casi riempiono ancora stadi e palazzetti, proponendo una musica folk-rock molto legata alla tradizione bluegrass americana, suonata prevalentemente da chitarre acustiche, banjo e contrabbassi, e caratterizzata da melodie allegre, cori da cantare all’unisono, testi solitamente ottimisti o comunque di buoni sentimenti.
Tra le prime mode culturali a diventare mainstream grazie ai social network ci fu proprio quella che venne identificata come “hipster”, nata nelle città progressiste delle coste statunitensi e presto diffusa in tutte le grandi città occidentali. Era associata tanto a prodotti culturali come i film di Wes Anderson o i dischi di Bon Iver quanto a prodotti di consumo come le biciclette a scatto fisso o le birre artigianali, e da subito fu più un’estetica – baffi a manubrio, tatuaggi, jeans skinny, camicie di flanella – che una vera sottocultura.
Oggi alcuni aspetti di quella moda passano per un po’ sfigati, e la si ricorda soprattutto quando si finisce in qualche locale che è ancora arredato in quel modo fintamente trasandato assai popolare in quegli anni. Oppure quando riemergono dibattiti sulle sue varie eredità, comprese, appunto, le band del cosiddetto “stomp clap hey”.
Il loro periodo di maggiore popolarità fu l’inizio degli anni Dieci, quando uscirono le loro canzoni più famose: “Little Lion Man” per i Mumford & Sons, “Ho Hey” per i Lumineers, “Little Talks” per gli Of Monsters and Men. Tutte canzoni che viaggiano intorno al miliardo di ascolti su Spotify, e che dall’inizio degli anni Dieci in poi finirono in innumerevoli pubblicità, e soprattutto nelle playlist suonate nei negozi di abbigliamento o nelle caffetterie di catena che volevano darsi un tono vagamente alternativo.
Le canzoni riconducibili allo “stomp clap hey” erano del resto sufficientemente generiche da adattarsi a qualsiasi contesto, ed è proprio questa loro ubiquità e questa massiccia commercializzazione che le ha rese insopportabili a molte persone su internet, che periodicamente esprimono il loro fastidio, spesso con la perentorietà e il senso di superiorità tipico delle discussioni di questo tipo.
In quegli anni del resto si esaurì la spinta creativa della musica indie degli anni Duemila, che aveva attraversato nel decennio precedente una fase di grandi successi con band come gli Strokes, i White Stripes, gli MGMT e gli Arctic Monkeys. Le band associate al genere “stomp clap hey” sono considerate a ragione o a torto esemplari di come le grandi aziende si appropriarono della musica indie per vendere meglio i loro prodotti ai giovani. Erano, in altre parole, l’idea che poteva avere la catena di negozi di abbigliamento H&M della musica che ascoltavano i millennial, il genere di canzoni che userebbe una compagnia di assicurazioni per vendere una polizza sulla casa a una coppia appena sposata.
Quelli dello “stomp clap hey” erano gli anni della presidenza Obama, in cui gli Stati Uniti stavano uscendo da una recessione economica, i diritti civili sembravano destinati a espandersi senza ostacoli e le guerre del decennio precedente stavano finendo. Le canzoni quindi erano caratterizzate da un generale ottimismo che oggi per molti risulta particolarmente datato, dopo un decennio di guerre, disastri climatici e polarizzazioni politiche che hanno reso mediamente molto più disillusi i millennial.
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Qualche mese fa il comico americano Kyle Gordon ha pubblicato il video di una canzone che parodizza esattamente il genere “stomp clap hey”, intitolata “We Will Never Die”. Tra molti “ooooh” e molti battimani, indossando cappelli hipster e jeans attillati, Gordon prende in giro l’entusiasmo ingenuo e l’immotivata fiducia nel futuro di quel genere: “i nostri papà e le nostre mamme non moriranno mai!”, dice il ritornello.
Il cinismo del resto è un sentimento che accomuna la maggior parte delle critiche alla musica “stomp clap hey”, che in questi giorni è stata difesa da tante persone che considerano pedanti e snob i tentativi di sminuirla, e che rivendicano di apprezzarla proprio in quanto musica trasversale e orecchiabile, che fa stare bene e che si può cantare all’unisono in allegria, anche perché ricorda tempi in cui le cose sembravano più semplici e il mondo un posto migliore.
Peraltro l’integralismo di certe opinioni ha finito per includere nel genere anche band e musicisti che per molti hanno poco o niente a che spartirci, dagli Arcade Fire ai Fleet Foxes. Proprio Father John Misty, cantautore che dei Fleet Foxes fu batterista, ha commentato su Twitter che per anni gli è stato detto che le band “stomp clap hey” erano un antidoto al suo pessimismo malato, e ora viene messo nello stesso calderone.
Il genere “stomp clap hey”, in ogni caso, ha ancora tutto un suo mercato. Sia i Mumford & Sons sia i Lumineers hanno pubblicato un disco nel 2025, in entrambi i casi con milioni di ascolti su Spotify. I primi hanno suonato il mese scorso all’Arena di Verona facendo sold out, i secondi erano passati all’Unipol Forum di Assago ad aprile. Anche gli Of Monsters and Men sono ancora in attività, seppur con meno successo, mentre gli Edward Sharpe and the Magnetic Zeros si sciolsero nel 2016.



