Il caso dell’uomo ucciso e fatto a pezzi a Gemona, vicino a Udine
Il suo corpo è stato trovato giovedì in un bidone: la madre ha confessato e ha detto di averlo ucciso insieme alla compagna

Giovedì scorso a Gemona, in provincia di Udine, i carabinieri hanno trovato in un bidone il cadavere di un uomo di 35 anni, Alessandro Venier, fatto a pezzi e ricoperto di calce. Il bidone si trovava nell’autorimessa della casa dove l’uomo viveva con la madre, Lorena Venier, con la figlia di sei mesi e con la compagna, Maylin Castro Monsalvo, la persona che aveva chiamato i carabinieri.
Lorena Venier ha confessato subito e ha detto che l’omicidio era stato compiuto da lei e da Castro Monsalvo la sera del 25 luglio. Entrambe le donne sono state arrestate e si trovano in custodia cautelare. La procura di Udine le accusa di omicidio volontario con le aggravanti di premeditazione, vilipendio, presenza di minore e occultamento di cadavere.
Alessandro Venier è stato ucciso di venerdì e nel weekend sarebbe dovuto partire per andare a vivere in Colombia insieme alla compagna, che ha 30 anni ed è di origini colombiane, e con la figlia. L’avvocato di Lorena Venier, Giovanni De Nardo, ha raccontato che la sua cliente avrebbe agito perché temeva che sia la nuora che la nipote fossero in pericolo e non voleva che partissero. Ha parlato di «una situazione familiare molto grave che durava da tempo» per via delle violenze dell’uomo. Lo stesso è stato confermato anche dagli avvocati di Castro Monsalvo, che hanno aggiunto che la loro cliente è in «condizioni psicotiche precarie».
Dopo la confessione, Lorena Venier è stata portata in carcere in custodia cautelare, mentre per Castro Monsalvo è stata autorizzata la detenzione in un Icam (Istituto a custodia attenuata per detenute madri) nonostante non sia detenuta con la figlia, che è stata invece affidata ai servizi sociali. L’avvocata di Castro Monsalvo, Federica Tosel, ha fatto sapere che molte famiglie hanno contattato il comune di Udine per candidarsi come genitori affidatari ma che la bambina verrà data in affido ai nonni materni, che vivono in Colombia.
Quello che per ora si sa dell’omicidio si basa soprattutto sugli interrogatori fatti alla madre, di 61 anni: l’autopsia non è ancora stata fatta e Castro Monsalvo ha scelto di non rispondere ai magistrati.
Negli interrogatori Lorena Venier ha raccontato che l’idea di uccidere il figlio sarebbe stata della nuora. La sera del 25 luglio Alessandro era tornato a casa ed era nato un litigio: le due allora gli avevano dato da bere una limonata con un farmaco anestetizzante, ma poiché non si addormentava gli avevano fatto una puntura di insulina (Venier è infermiera e Castro Monsalvo operatrice socio-sanitaria). Dopodiché, ha raccontato, lo avevano soffocato e ucciso usando dei lacci. Avrebbero poi fatto a pezzi il corpo per farlo stare nel bidone, che avrebbero ricoperto di calce per evitare che se ne sentisse l’odore. La calce era stata comprata su Amazon nei giorni precedenti, elemento che a processo potrebbe diventare una prova del fatto che l’omicidio era stato premeditato.
Il Corriere del Veneto ha scritto che Alessandro Venier era sotto processo per lesioni aggravate (verso persone esterne all’ambito familiare) e rischiava il carcere, motivo per cui avrebbe deciso di trasferirsi in Colombia.



