Non ci sono alternative al licenziamento di quasi 500 lavoratori dei call center in Sicilia
È dovuto alla lunga crisi di Almaviva Contact, una delle aziende più grandi del settore

Il 31 luglio è stato l’ultimo giorno di cassa integrazione concessa agli operatori dei call center di Almaviva Contact, una delle più grandi aziende nel settore in Italia, in crisi da anni e in particolare dalla pandemia. Dopo gli incontri a vuoto delle ultime settimane i sindacati non si aspettano sorprese: già da oggi dovrebbero partire le lettere di licenziamento per 489 lavoratrici e lavoratori di cui 277 impiegati nella sede di Palermo, 112 a Catania, 44 a Napoli, 27 a Milano, 17 a Cosenza, 12 a Roma.
Con quasi 500 lavoratori coinvolti, quello di Almaviva è uno dei licenziamenti collettivi più rilevanti dell’ultimo anno in Italia.
Almaviva fu una delle prime aziende di call center ad aprire in Sicilia all’inizio degli anni Duemila. La seguirono molte altre, grazie alle agevolazioni fiscali concesse dalla regione per l’assunzione di persone con meno di 30 anni, e alla grande disponibilità di giovani lavoratori e lavoratrici. I sindacati stimano che in Sicilia, nel periodo di massima espansione, i lavoratori di questo settore fossero 18mila, quasi un quarto di tutti gli operatori italiani. Oggi ne sono rimaste poche migliaia.
La crescita dei call center fu rapida e caotica, con poche regole e tutele per gli operatori. Il lavoro era molto precario – i contratti duravano due o tre mesi – e le paghe erano piuttosto basse. Nel 2006 le proteste dei sindacati convinsero l’allora ministro del Lavoro Cesare Damiano ad approvare una circolare per stabilizzare la maggior parte degli operatori dei call center.
La crisi dei call center iniziò nel momento in cui i committenti, ovvero le grandi aziende e le compagnie telefoniche, cominciarono a proporre appalti pagandoli molto meno rispetto al passato, per risparmiare soldi. Molte aziende come Almaviva accettavano per non perdere le commesse, ma presto i conti non tornarono più. La maggior parte dei lavoratori fu messa in cassa integrazione e ci furono anche licenziamenti. Nella notte tra il 21 e il 22 dicembre del 2016 Almaviva licenziò 1.666 persone che lavoravano nella sede di Roma, uno dei licenziamenti più corposi degli ultimi decenni.
Il resto lo ha fatto l’innovazione tecnologica. Già da anni Almaviva si è dedicata esclusivamente al mercato IT, information technology, cioè lo sviluppo di servizi informatici per le aziende, più redditizio e con prospettive decisamente migliori rispetto ai call center.
Le aziende hanno integrato servizi di assistenza clienti gestiti da chatbot, ovvero software che simulano le conversazioni umane rispondendo alle richieste delle persone. I servizi offerti via app sono diventati sempre più efficienti e rapidi. Molti call center sono stati trasferiti in paesi come l’Albania, dove il costo del lavoro è più basso rispetto all’Italia.
Dal marzo del 2020 fino alla fine del 2022 i quasi 500 lavoratori di Almaviva hanno risposto a migliaia di chiamate del 1500, il numero di pubblica utilità attivato dal ministero della Salute per rispondere ai dubbi delle persone in merito all’emergenza coronavirus. Alla fine del 2022 il servizio è stato dismesso e per gli operatori è iniziata la cassa integrazione, prorogata fino al 31 luglio nel tentativo di trovare una soluzione al licenziamento, che per ora non è arrivata.
All’inizio dell’anno la regione Sicilia si era detta disponibile ad aprire un nuovo call center al servizio della sanità pubblica: dovrebbe essere un numero unico per cure non urgenti, il 116/117. L’accordo trovato con il governo prevede che lo Stato finanzi il progetto con 25 milioni di euro per assumere 130 dipendenti. Un altro progetto riguarda la digitalizzazione delle cartelle amministrative della regione, che dovrebbe impiegare circa la metà degli operatori.
I sindacati hanno chiesto più volte alla regione un piano di crisi per accompagnare i lavoratori e garantire un posto a tutte le persone licenziate da Almaviva. La proposta della regione prevedeva di avere una soluzione pronta prima della scadenza della cassa integrazione, ma a oggi non ci sono novità.
Il 28 luglio Almaviva ha proposto ai sindacati di firmare una proposta che prevedeva un’integrazione dell’indennità di disoccupazione, la Naspi, per i prossimi due anni a fronte di un accordo sui licenziamenti anticipati per chiudere qualsiasi possibilità di contenziosi o ricorsi. In mancanza di garanzie sul numero di assunti e sui criteri di assunzione, i sindacati hanno rifiutato l’accordo. I lavoratori chiederanno l’indennità di disoccupazione, in attesa di sapere se il call center regionale aprirà.



