A “Sarabanda” è tutto come prima, ma meno trash

Dopo più di vent'anni i giochi e il conduttore sono gli stessi, ma non c'è più quello che rese popolari le prime edizioni

Il concorrente Fabio Gasparri e il conduttore Enrico Papi in una puntata di Sarabanda degli anni Novanta (Ansa)
Il concorrente Fabio Gasparri e il conduttore Enrico Papi in una puntata di Sarabanda degli anni Novanta (Ansa)
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Dalla scorsa settimana su Canale 5 è cominciata la nuova edizione di Sarabanda, quiz musicale che ebbe un enorme successo tra la fine degli anni Novanta e l’inizio degli anni Duemila. Molte cose sono rimaste le stesse: alla conduzione c’è sempre Enrico Papi, la rete è sempre Mediaset (prima però andava in onda su Italia 1) e anche i giochi che i vari concorrenti devono superare sono rimasti invariati. Altre invece sono cambiate parecchio, a cominciare dal tono del programma, ora decisamente più sobrio, e dall’atteggiamento dei concorrenti, che appaiono più misurati e composti.

Uno dei motivi del successo delle prime edizioni di Sarabanda erano stati infatti proprio i suoi “campioni”, ossia i concorrenti vincitori di molte puntate consecutivamente. Nella maggior parte dei casi, oltre alla loro straordinaria capacità di riconoscere una canzone in pochi secondi (a volte meno di uno), si distinguevano anche per il modo in cui venivano trasformati in personaggi televisivi.

Gli autori del programma giocavano molto su queste sfumature, e spesso le enfatizzavano per rendere le puntate più spettacolari e i vari campioni più familiari al pubblico, un po’ come se fossero i personaggi di una serie tv. Capitava anche che venisse attribuito loro un nome d’arte, come nei casi di “Allegria” (Davide Guarnieri), “Tiramisù” (Diego Cancian), “Coccinella” (Marco Manuelli), “Fragolone” (Adriano Battistoni), “Peperino” (Graziella Arcuri) e “La professora” (Antonietta Palladino).

Ma c’erano anche personaggi attorno ai quali veniva costruita una specie di identità segreta, con una storia scritta appositamente per loro. “Max” (Giulio De Pascale) per esempio si presentava in studio con una maschera simile a quella di Zorro, e diceva di essere costretto a indossarla per non farsi riconoscere da alcune persone poco raccomandabili che avevano a che fare con la sua ex fidanzata.

Il campione più famoso fu però l’“Uomo Gatto” (Gabriele Sbattella), un animatore turistico che tra il 2002 e il 2003 rimase imbattuto per 79 puntate, durante le quali diventò popolare anche al di fuori di Sarabanda. Indossava vestiti coloratissimi, portava vistose meches ai capelli e aveva un fare piuttosto litigioso sia con gli altri concorrenti che con Papi, che non mancava di punzecchiarlo per stimolare le sue reazioni piccate e rendere le puntate più movimentate.

Quando l’Uomo Gatto era campione, capitava spesso che dei “nemici” partecipassero alle puntate non tanto per batterlo, ma per infastidirlo. Si trattava quasi sempre di concorrenti mascherati, che seguivano una sceneggiatura concordata con gli autori. Il canovaccio che seguivano era quasi sempre lo stesso: si presentavano in studio con soprannomi provocatori come “El tigre” o “L’uomo leone”, e dicevano di essere andati a Sarabanda per dimostrare che l’Uomo Gatto non fosse poi così invincibile, spesso usando toni ironici o di scherno.

Il carisma e la grande riconoscibilità di questi personaggi consentiva agli autori di programmare puntate speciali in cui farli tornare. Uno di questi era Il torneo dei campioni, in cui si sfidavano i campioni più forti del programma. Un altro era Sarabanda Wrestling. Fu ideato da Michele Posa, telecronista italiano della WWE (la principale federazione di Wrestling al mondo).

Posa ha raccontato di essersi ispirato alle molte similarità tra Sarabanda e lo sport che commentava. Nel wrestling infatti le caratteristiche caratteriali dei vari lottatori – le cosiddette gimmick – si basano su una sceneggiatura, un po’ come accadeva con alcuni campioni del programma.

Negli ultimi anni alcuni spezzoni storici delle prime edizioni di Sarabanda, soprattutto quelli che hanno per protagonista l’Uomo Gatto, sono stati riscoperti anche dalle generazioni più giovani grazie a video caricati su YouTube e su piattaforme come Instagram e TikTok.

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Nella nuova edizione, la personalità dei concorrenti conta molto meno. Finora nessuno si è distinto al punto da diventare un vero “personaggio”, e anche lo stile di Papi è molto più formale e controllato. L’obiettivo di Mediaset è fare concorrenza a Reazione a catena, programma che va in onda alla stessa ora (tra le 18:45 e le 20, prima del TG serale) su Rai 1. È il classico quiz generalista di intrattenimento serale visto in famiglia e anche da spettatori anziani, e la nuova versione di Sarabanda vuole plausibilmente intercettare il suo stesso pubblico.

In generale però Sarabanda sembra aver smorzato molto i toni per adattarsi a sensibilità che dagli inizi degli anni Duemila a oggi sono profondamente cambiate. I campioni delle vecchie edizioni mostravano spesso fragilità o ingenuità, e un approccio come quello di allora — che in alcuni casi li esponeva al ridicolo — oggi sarebbe percepito come fuori luogo.

Sarabanda andò in onda per la prima volta nel 1997. All’inizio non era un quiz, ma una specie di varietà musicale condotto da Papi con la collaborazione del gruppo musicale italiano dei Formula 3 e del comico Gigi Vigliani. Il format però non ebbe successo, e dopo un mese fu riconvertito in qualcosa di completamente diverso: un gioco a premi che prendeva ispirazione dal Musichiere, programma prodotto dalla Rai negli anni Cinquanta, e soprattutto da Name That Tune, storico programma dell’emittente statunitense NBC.

Nella nuova edizione sono stati riproposti tutti i giochi di vent’anni fa, ossia la “prova playlist”, in cui i cinque concorrenti iniziali devono indovinare il maggior numero di canzoni possibile in 60 secondi; l’“asta musicale”, che consiste nell’indovinare un motivo ascoltando un massimo di dieci note; la “prova pentagramma”, in cui bisogna riconoscere cinque canzoni legate da un tema comune; e il cosiddetto “7×30”, il gioco finale, dove i due finalisti devono indovinare 7 canzoni in 30 secondi. Chi le indovina tutte vince il montepremi in palio in quella puntata; in caso contrario vince il concorrente che commette meno errori, che diventa campione e ha il diritto di partecipare alla serata successiva.

Nella prima settimana gli ascolti di Sarabanda sono andati abbastanza bene: la prima puntata ha avuto più di 2.200.000 spettatori, pari al 22 per cento di share, mentre quella di domenica sera 1.643.000, circa il 14,1 per cento. Sono numeri comunque inferiori rispetto a quelli di Reazione a catena, che per esempio sempre domenica sera ha avuto 2.262.000 spettatori (18,5 per cento).

Non è la prima volta che Mediaset prova a riproporre Sarabanda. Dopo le prime edizioni, andate in onda dal 1997 al 2004, nel 2009 il programma era andato in onda su Canale 5, con la conduzione di Teo Mammuccari e Belen Rodríguez. Nel 2017 Sarabanda tornò per tre puntate speciali con la partecipazione di alcuni campioni storici del programma: andarono in onda su Italia 1 in prima serata, e furono condotte da Papi. Inoltre, dal 2020 al 2023, Papi ha presentato su TV8 Name That Tune – Indovina la canzone, versione ufficiale italiana del format americano da cui Sarabanda aveva preso ispirazione fin dall’inizio.

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