La storia delle torri costruite al posto di due capannoni, a Milano

Si chiamano Park Towers, e nonostante ci vivano già delle persone sono oggetto di una delle inchieste sull'urbanistica

(Foto Alessandro Cimma/LaPresse)
(Foto Alessandro Cimma/LaPresse)
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Uno degli ultimi sviluppi della questione sull’urbanistica a Milano – cioè l’insieme di inchieste che riguarda la costruzione di grossi palazzi approvati come ristrutturazione di edifici molto più piccoli e un presunto sistema di corruzione, pressioni e favori tra funzionari pubblici e soggetti privati – è il rinvio a giudizio dei sei indagati per il caso degli edifici chiamati Park Towers. Il 12 novembre inizierà il processo, che si va ad aggiungere agli altri già in corso: quello sul Bosconavigli progettato da Stefano Boeri, quello sulla palazzina nel cortile di via Fauché e quello sulla Torre di via Stresa, la cosiddetta Torre Milano.

Le Park Towers si chiamano così perché sono due torri molto alte, di 81 e 59 metri, con 113 appartamenti. Si affacciano sul parco Lambro, nel quartiere Crescenzago, a nordest della città. Oltre alle due grandi torri, il complesso di edifici ne comprende anche un terzo, più basso, di due piani. È impossibile non notarle nel quartiere residenziale dove sono state costruite, circondate da palazzine di tre o quattro piani, e dal parco.

A differenza di altri progetti oggetto di inchiesta, i cui cantieri sono stati bloccati o sequestrati, questi palazzi sono stati completati e ci vivono già molte persone. Come gli altri, però, sono stati costruiti al posto di edifici molto più bassi e meno ingombranti, in questo caso due capannoni a due piani e a un piano. Le Park Towers furono approvate come ristrutturazione di questi due capannoni con una Scia, ovvero un documento di “segnalazione certificata di inizio attività”, che di solito si usa per interventi minori di ristrutturazione o manutenzione e che permette di accelerare molto le procedure burocratiche. Secondo i pubblici ministeri la Scia, anche nella sua versione più avanzata che sostituisce il permesso di costruire, non sarebbe stata sufficiente, dal momento che il progetto avrebbe dovuto essere presentato come “nuova costruzione”.

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Il punto è che, pur potendo considerare ristrutturazioni anche gli interventi in cui l’edificio preesistente viene abbattuto e ricostruito, in questo caso era troppo alta e voluminosa e avrebbe ospitato troppe persone in più per non essere presentata come “nuova costruzione”. Non è solo una questione di definizioni: il progetto superava i 25 metri di altezza che, secondo la legge urbanistica del 1942, sono il limite entro il quale le società immobiliari possono non presentare un piano attuativo. Il piano attuativo è quel documento che definisce i volumi, l’altezza, la forma e l’impatto sul quartiere circostante del nuovo edificio e che è necessario per edifici così ingombranti. Quando un progetto viene approvato come ristrutturazione, inoltre, la società immobiliare deve versare al comune meno “oneri di urbanizzazione”, ovvero una somma che serve per compensare l’impatto dell’edificio sul quartiere.

Inoltre, secondo i pubblici ministeri sarebbe servito un permesso di costruire vero e proprio, che richiede più tempo per essere approvato. In questo tempo il comune deve infatti fare una serie di controlli prima che il cantiere possa partire.

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Nel 2023 la giudice per le indagini preliminari (gip) Daniela Cardamone stabilì che il cantiere delle Park Towers non dovesse essere sequestrato, tuttavia nel provvedimento sostenne la tesi dei pubblici ministeri. Scrisse che per il progetto erano stati pagati oneri troppo bassi, «vanificando la potestà pubblica di programmazione territoriale a vantaggio di interessi privatistici». Per questo progetto la procura regionale della Corte dei Conti ha contestato allo sportello edilizia del comune, che aveva gestito la pratica del progetto, un danno di oltre 300mila euro.

La versione del comune, spiegata dall’ex assessore alla Rigenerazione urbana Giancarlo Tancredi in un’intervista, è che queste costruzioni sono state presentate senza piano attuativo perché veniva considerato sufficiente il PGT, cioè il piano di gestione del territorio che viene formulato dal comune stesso. Tancredi ha detto che la legge del 1942 sarebbe «disapplicata» perché una circolare del 1969 aveva invitato i comuni a stabilire la soglia (ovvero l’altezza e il volume dei palazzi) nel PGT.

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Le Park Towers sono un progetto della società immobiliare Bluestone, la stessa che ha costruito un altro edificio sotto inchiesta, quello dal quale è partita tutta la questione urbanistica: lo Hidden Garden di via Aspromonte. Le inchieste infatti cominciarono tre anni fa, nel 2022, da un esposto in procura presentato dai residenti di quel complesso. I condòmini avevano segnalato che, all’interno di quello che secondo loro era il cortile comune alle palazzine nelle quali vivevano, era stato costruito un palazzo di sette piani alto 27 metri. Al posto di quel palazzo fino a poco tempo prima c’era già un edificio, ma molto più piccolo, di tre piani, che era stato venduto e che avrebbe dovuto essere semplicemente ristrutturato.

L’edificio Hidden Garden (Davide Canella/Ansa)

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A capo di Bluestone c’è Andrea Bezziccheri che andrà a processo per la storia delle Park Towers. Inoltre è coinvolto anche nelle ultime indagini relative al presunto “sistema” di corruzione che secondo la procura esisterebbe in città, e di cui farebbero parte società di costruzione, dipendenti degli uffici comunali, assessori del comune di Milano, architetti e persino il sindaco di Milano Beppe Sala. Questo sistema servirebbe a fare speculazione attraverso grandi progetti immobiliari. Per Bezziccheri, così come per altri cinque indagati coinvolti in questo filone d’inchiesta, i pubblici ministeri hanno chiesto l’arresto. Lunedì 21 luglio è stato interrogato davanti al gip ma non si sa ancora se l’arresto verrà applicata o meno.

Oltre a Bezziccheri sono stati interrogati l’ex assessore Tancredi, l’ex presidente della commissione per il paesaggio Giuseppe Marinoni, il presidente della società di costruzioni Coima Manfredi Catella, l’ex vicepresidente della commissione per il paesaggio Alessandro Scandurra; e l’architetto ed ex socio della società di costruzioni J+S Federico Pella. La commissione per il paesaggio è un organo tecnico del comune che valuta, tra le altre cose, i progetti edilizi e il loro impatto.

Nel decreto di perquisizione personale riferito a questo filone d’inchiesta si legge che Bezziccheri è accusato di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio perché tramite una società «riconducibile in parte al gruppo Bluestone» avrebbe «illecitamente» dato 279mila euro a Scandurra per «prestazioni professionali», mentre Scandurra era vicepresidente della commissione per il paesaggio. In questo modo, secondo la procura, Scandurra sarebbe stato in conflitto di interessi trovandosi a dover valutare dei progetti di Bluestone, da cui riceveva denaro.