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  • Domenica 27 luglio 2025

Javier Milei è rimasto senza poteri straordinari

Il presidente argentino sta litigando con tutti, anche in vista delle elezioni di metà mandato, mentre l'opposizione ha approvato leggi contrarie alle sue politiche

Javier Milei (Antonio Masiello/Getty Images)
Javier Milei (Antonio Masiello/Getty Images)
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In Argentina da due settimane sono scaduti i poteri straordinari che il parlamento un anno fa aveva concesso al presidente Javier Milei, per rispondere all’emergenza economica. Gli permettevano di fatto di governare per decreto senza passare dal parlamento, dove il suo partito, La Libertad Avanza, è in forte minoranza. Da allora l’opposizione ha approvato in parlamento una serie di leggi che vanno contro le politiche economiche del presidente, innescando una crisi politica che Milei sta affrontando a suo modo, cioè litigando apertamente con tutti, senza mediazioni. L’Argentina è anche in fase di campagna elettorale, in vista delle elezioni di metà mandato di fine ottobre: saranno decisive per valutare la solidità del sostegno a Milei, ma anche per ridisegnare almeno in parte gli equilibri parlamentari.

Milei è presidente dal dicembre 2023, eletto con un programma ultraliberista e di destra: in parlamento non ha mai avuto la maggioranza, ma a giugno 2024 era riuscito a far approvare con l’appoggio delle formazioni della destra tradizionale la cosiddetta legge bases. È composta da 238 articoli, contiene tutta una serie di riforme e concedeva un anno di poteri straordinari al presidente per portarle avanti per decreto. Quei poteri sono scaduti il 9 luglio.

Un giorno dopo la scadenza l’opposizione ha approvato un aumento delle pensioni del 7 per cento, una riduzione dell’età pensionabile, una legge che finanzia misure in sostegno delle persone con disabilità (fra le altre cose): il governo stima che l’insieme delle misure valga il 2,5 per cento del PIL e quindi di fatto cancelli l’1,6 per cento di surplus economico (più entrate che spese) previsto per il 2025 e considerato da Milei una delle basi della ricetta economica per rimettere in sesto i conti dell’Argentina, alle prese con una crisi profonda e duratura.

Milei su una grossa macchina agricola alla fiera di settore di Buenos Aires, il 26 luglio 2025 (AP Photo/Gustavo Garello)

È stata una sconfitta politica importante e infatti Milei ha definito deputati e senatori «degenerati fiscali», «genocidi di future generazioni di argentini» e «figli di puttana che vogliono distruggere il governo». Milei ha anche annunciato che metterà il veto alla legge, ma il parlamento può superare il suo veto con una maggioranza di due terzi: ci sono varie simulazioni che indicano che si deciderà tutto per pochi voti, tanto che Milei ora sta cercando alleati, o quelli che lui definisce «eroi».

La diplomazia e la capacità di stringere accordi non sono però un punto forte della sua politica, motivo per cui la fine dei poteri straordinari è particolarmente problematica: in queste settimane Milei se l’è presa soprattutto con la sua vicepresidente Victoria Villarruel, esponente della destra più estrema e con cui i rapporti sono diventati pessimi subito dopo la vittoria elettorale. Villarruel è anche presidente del Senato e Milei l’ha accusata di essere una «traditrice» per non aver impedito che si tenesse il voto che ha sancito l’approvazione definitiva della legge. Lei ha risposto sui social invitandolo a «comportarsi da adulto» e dicendo che potrebbe risparmiare sui frequenti viaggi all’estero piuttosto che sulle misure per i disabili. Ha insomma usato una retorica populista e anti “casta” che è stata uno dei punti di forza di Milei.

La vicepresidente Victoria Villarruel (AP Photo/Natacha Pisarenko)

Ma Milei ha fortemente criticato anche i governatori provinciali, che ritiene i principali promotori di questo attacco alle sue politiche. Molti dei tagli con cui Milei in questi mesi ha eliminato il deficit dello stato sono infatti ricaduti sulle amministrazioni locali. In Argentina i governatori sono importanti figure politiche di riferimento, che spesso controllano anche molti parlamentari eletti nelle loro regioni: Milei li ha insultati e accusati di voler «rompere il paese».

Il presidente ha infine detto che se anche dovesse perdere il voto sul veto, ribalterà questa legge dopo le elezioni di metà mandato, quando conta di cambiare gli equilibri in parlamento. In realtà solo una parte dei seggi viene assegnata e sarà molto difficile che il suo partito ottenga abbastanza seggi per avere una maggioranza. Una chiara vittoria alle elezioni del 26 ottobre potrebbe però confermare che gode ancora di un ampio seguito popolare e convincere a sostenerlo anche molti esponenti  di centro o indipendenti (in questa legislatura c’è un certo numero di parlamentari che lo ha fatto saltuariamente).

La vittoria non è però scontata: i sondaggi mostrano che il gradimento di Milei resta piuttosto alto, ma si sta riducendo negli ultimi mesi. Il radicale calo dell’inflazione, scesa all’1,6 per cento a giugno (contro il 25 per cento di dicembre 2023) è un risultato oggettivo, ma ottenuto anche con una svalutazione del peso che ha fortemente diminuito il potere d’acquisto della popolazione: l’Argentina è oggi uno dei paesi più cari del Sudamerica.

“Lacrime dei sinistrorsi”, un vino celebrativo a una riunione dei sostenitori di Milei a Cordoba (AP Photo/Nicolas Aguilera)

Prima del 26 ottobre ci sarà un altro test importante: le elezioni della provincia di Buenos Aires del 7 settembre. Vive nell’area il 38 per cento degli argentini. Nelle ultime settimane i dirigenti del partito di Milei e in particolare la potentissima sorella Karina (che ha il ruolo ufficiale di segretaria alla presidenza della Repubblica) hanno chiuso le liste dei candidati. La base storica dei sostenitori del presidente ha protestato perché si è sentita poco rappresentata: sono stati inseriti molti elementi provenienti dalla destra tradizionale e anche qualche fuoriuscito dai partiti peronisti che facevano riferimento a Cristina Kirchner, da sempre considerata la principale rivale. Molti commentatori sottolineano come il movimento di Milei stia perdendo quell’aura di rottura rispetto alla politica tradizionale e la spinta dei sostenitori anti “casta”.