L’appello di oltre 100 organizzazioni umanitarie contro Israele
Dicono che il controllo sull'entrata e sulla distribuzione di cibo nella Striscia di Gaza «affama» la popolazione e chiedono cambiamenti

Mercoledì 109 organizzazioni umanitarie hanno diffuso un comunicato congiunto per chiedere al governo israeliano di permettere l’ingresso di cibo e altri beni essenziali nella Striscia di Gaza, dove la situazione umanitaria, disperata da mesi, continua a peggiorare. Israele controlla tutti i confini della Striscia e permette l’ingresso di una quantità di beni essenziali largamente insufficiente per una popolazione di circa 2 milioni di persone. La quasi totalità di questi beni è inoltre distribuita da un’organizzazione voluta da Israele (la Gaza Humanitarian Foundation) per scopi non umanitari, ma militari, che ha creato le condizioni per una serie continua di stragi di persone palestinesi.
Al comunicato hanno aderito varie organizzazioni umanitarie importanti e molto note, tra cui Save the Children e Medici Senza Frontiere. Dicono chiaramente che «l’assedio» di Israele nella Striscia «affama le persone», e che ormai anche gli operatori umanitari si mettono in coda insieme ai palestinesi per ricevere del cibo, rischiando di essere uccisi dall’esercito israeliano che spara sulle folle. Il comunicato dice:
Il sistema di assistenza umanitaria delle Nazioni Unite non ha fallito, gli è stato impedito di funzionare.
Dallo scorso 27 maggio Israele ha preso il controllo delle operazioni di distribuzione del cibo nella Striscia tramite la Gaza Humanitarian Foundation: questa ha sostituito quasi del tutto la rete capillare di oltre 400 centri di distribuzione che erano attivi sul territorio e gestiti da varie organizzazioni umanitarie. La GHF ha solo quattro centri, distribuiti nel sud e nel centro della Striscia ma non nel nord, che Israele sta cercando di svuotare forzatamente ordinando ai civili di andarsene.

Una donna con una busta di cibo della Gaza Humanitarian Foundation, nel sud della Striscia di Gaza, l’11 giugno (AP Photo/Abdel Kareem Hana)
Secondo i dati citati nel comunicato, fino allo scorso 13 luglio sono state uccise almeno 875 persone palestinesi in operazioni legate alla distribuzione di cibo: 201 sono state uccise vicino ai camion o alle zone dove questi passano, e le altre 674 vicino ai punti di distribuzione. Altre migliaia sono state ferite. Israele sta anche continuando a emettere ordini di evacuazione per aree sempre più estese della Striscia: intere città non esistono più, e ormai ai civili palestinesi rimangono ben pochi posti dove stare.
Le organizzazioni dicono che poco fuori dalla Striscia – ma anche dentro, in alcuni magazzini – ci sono tonnellate di cibo, acqua e altri beni essenziali che non possono essere distribuiti: «Le restrizioni, i ritardi e la frammentazione voluta dal governo di Israele con il suo assedio totale hanno creato caos, fame e morte», scrivono nel comunicato.
Il ministero della Salute della Striscia ha detto che dall’inizio dell’invasione israeliana più di 110 persone sono morte per malnutrizione, di cui la maggior parte nelle ultime settimane.
Nel comunicato le associazioni chiedono che vengano aperti i confini della Striscia; che siano ripristinati i flussi di cibo, acqua potabile, strumenti medici e carburante tramite sistemi gestiti dalle Nazioni Unite; e che sia approvato un cessate il fuoco tra Israele e Hamas.
Criticano anche gli accordi che da vari governi stranieri o istituzioni sovranazionali hanno fatto con Israele per aumentare gli aiuti, e che però poi non sono stati rispettati. È citato per esempio un accordo tra Israele e l’Unione Europea dello scorso 10 luglio: prevedeva un aumento «significativo» degli ingressi di cibo e beni essenziali nella Striscia, ma finora non ne sono seguite azioni concrete. «I governi non devono più aspettare di avere l’autorizzazione per agire», dice il comunicato. «Non possiamo continuare a sperare che le misure attuali funzioneranno».
Mercoledì pomeriggio un portavoce del governo israeliano ha detto che «a Gaza non c’è alcuna carestia causata da Israele», e ha attribuito la colpa della mancanza di cibo per la popolazione civile ad Hamas.


