Nascere col DNA di tre persone
Nel Regno Unito otto bambini sono stati concepiti con due ovuli e uno spermatozoo per evitare malattie ereditarie

Otto bambini nel Regno Unito sono nati grazie a una nuova tecnica di fecondazione in vitro “a tre persone”, cioè con uno spermatozoo e due ovuli, che riduce il rischio di ereditare gravi malattie dalle madri. Tutti i bambini – il più giovane ha ormai cinque mesi mentre il più vecchio ha due anni – sono apparentemente in salute e non hanno per ora mostrato segni delle malattie che avrebbero potuto ereditare a causa di alcune mutazioni nel DNA dei mitocondri, cioè gli organelli che producono l’energia che serve alle cellule.
Le loro condizioni sono state riferite in due ricerche scientifiche, portando nuovi elementi all’ampio dibattito intorno ai rischi e alle implicazioni etiche di queste pratiche sperimentali di fecondazione.
La tecnica viene definita “a tre persone” perché il bambino ha nel nucleo delle proprie cellule il DNA ereditato dai due genitori, e nel resto della cellula il DNA mitocondriale di una donatrice. La maggior parte delle migliaia di geni che contengono le informazioni su come siamo fatti e funzioniamo è infatti contenuta nel DNA che si trova nel nucleo di quasi tutte le cellule del corpo, ma ci sono poche decine di altri geni contenute nei mitocondri, che si trovano nel citoplasma, cioè il fluido che circonda il nucleo cellulare.
Le presenza di alcune specifiche mutazioni in questi geni può causare un malfunzionamento dei mitocondri, danneggiando di conseguenza le cellule che non hanno energia a sufficienza per funzionare normalmente. I sintomi compaiono di solito dopo qualche mese dalla nascita, man mano che avviene lo sviluppo degli organi principali come il cuore e il cervello, e portano spesso a una morte in età infantile.
I mitocondri vengono ereditati per via materna e per questo da tempo si studiano soluzioni, più o meno articolate, per evitare la trasmissione delle mutazioni. La tecnica “a tre” sperimentata nel Regno Unito consiste nel fecondare una cellula uovo (ovulo) contente i mitocondri con le mutazioni con uno spermatozoo, come si fa normalmente con i sistemi di fecondazione assistita, in modo che nel nucleo della cellula fecondata ci siano i DNA di entrambi i genitori. Il materiale genetico nel nucleo viene poi estratto e inserito all’interno di un altro ovulo fecondato dal quale era stato rimosso il DNA nucleare e nel quale sono presenti mitocondri “sani”. In questo modo si possono escludere i mitocondri con le mutazioni, che rimangono nell’ovulo di partenza, e si possono sfruttare quelli presenti nell’ovulo donato. Si effettua poi l’impianto nell’utero, seguendo le tecniche normalmente impiegate in questi casi.

Rappresentazione schematica del trasferimento del materiale genetico del nucleo (Newcastle University)
Nelle due ricerche pubblicate questa settimana sul New England Journal of Medicine, una delle più importanti riviste mediche al mondo, il gruppo di ricerca dice che i quattro maschi e le quattro femmine nate con la loro tecnica sono in salute e che stanno crescendo normalmente. Cinque di loro non hanno avuto problemi dopo la nascita, uno ha avuto spasmi muscolari che si sono risolti da soli, un altro un’infezione al tratto urinario e l’ultimo qualche problema circolatorio, ricondotto però ad altre cause. Uno dei medici coinvolti nello studio ha detto di essere «cautamente ottimista» sui risultati ottenuti finora.
Le attuali condizioni dei bambini, soprattutto di quelli più grandi, sembrano confermare l’assenza o una concentrazione molto bassa di mitocondri con mutazioni potenzialmente pericolose. Nella procedura di trasferimento da un ovulo all’altro, infatti, alcuni dei mitocondri che affollano il citoplasma possono comunque passare e finire nella cellula della donatrice. Durante gli sviluppi successivi, quando nell’utero l’ovulo fecondato diventa embrione, ci può essere una moltiplicazione dei mitocondri con le mutazioni, a livelli tali da poter causare problemi.
Nelle cellule di tre degli otto bambini il gruppo di ricerca ha notato che tra il 5 e il 16 per cento dei mitocondri aveva le mutazioni della madre. La concentrazione è più alta di quanto ci si attendesse e mostra quanto la tecnica possa essere affinata ulteriormente, in modo da ridurre ancora di più i rischi di sviluppare particolari condizioni. I livelli riscontrati non dovrebbero essere sufficienti a causare malattie, ma sono stati effettuati solamente test del sangue e delle urine alla nascita, quindi le cose potrebbero stare diversamente in altri organi e tessuti.
Il Regno Unito è stato il primo paese ad autorizzare la donazione di mitocondri nel 2015, dopo un lungo confronto che aveva coinvolto ricercatori, associazioni e comitati etici. Da tempo c’è il sospetto che pratiche simili siano svolte anche in altri paesi dove non ci sono regole esplicite, o le attuali leggi mantengono aree grigie, ed è quindi difficile tenerne traccia soprattutto da un punto di vista della ricerca.
La classificazione stessa delle tecniche di sostituzione dei mitocondri è ancora discussa tra chi la ritiene una terapia, che modifica un ovulo già fecondato, e chi la ritiene una pratica di selezione o di creazione, perché porta comunque a un individuo geneticamente diverso. Ci sono poi dubbi sulla sicurezza, sia per il rischio di trasporto non desiderato dei mitocondri con le mutazioni, sia perché si ottengono cellule con nuclei e mitocondri “non abbinati”. Il dibattito si è anche orientato a chiedersi se la donatrice debba essere considerata un genitore oppure no.



