La decisione del TAR sull’acquisto di Banco BPM fa contenti un po’ tutti

UniCredit che aveva fatto ricorso, e il governo che vuole impedire l'operazione: ma ora non è chiaro cosa succederà

La torre di UniCredit a Milano, nel 2018 (Claudio Furlan/LaPresse)
La torre di UniCredit a Milano, nel 2018 (Claudio Furlan/LaPresse)
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Il TAR del Lazio ha accolto in parte il ricorso presentato da UniCredit contro le condizioni imposte dal governo italiano per l’acquisizione di Banco BPM. Le condizioni, contenute in un DPCM del 18 aprile ora decaduto, sono legate all’esercizio del cosiddetto golden power, lo strumento con cui in casi eccezionali la presidenza del Consiglio può di fatto condizionare o addirittura vietare un’operazione di mercato. Proprio per la sua natura parziale e ambigua, la sentenza del TAR si presta a varie letture ed è stata quindi ritenuta positiva da tutte le parti: UniCredit, il governo e anche Banco BPM.

I punti del ricorso accolti dal TAR riguardano due condizioni. La prima prevedeva che, per cinque anni, UniCredit mantenesse invariato il rapporto tra prestiti concessi e depositi raccolti in Italia (il cosiddetto rapporto impieghi/depositi), per garantire un adeguato livello di credito ai clienti, sia singole persone che imprese. Il TAR ha ritenuto che imporre questo vincolo per un periodo così lungo non fosse proporzionato al rischio temuto dal governo, e cioè che UniCredit, una volta completata l’operazione, potesse applicare a Banco BPM un rapporto più basso tra impieghi e depositi.

La seconda condizione vietava riduzioni degli investimenti in grandi opere pubbliche: anche in questo caso il TAR ha accolto il ricorso perché il vincolo era senza limiti temporali, e avrebbe generato un intervento dello Stato troppo invasivo nelle libere decisioni della banca. Il TAR ha ritenuto invece legittime le altre due condizioni imposte dal governo, ossia mantenere il livello attuale degli investimenti italiani gestiti tramite Anima Holding, una società di gestione del risparmio di cui Banco BPM è uno dei principali azionisti, e la cessazione di tutte le attività di UniCredit in Russia.

Non è ancora chiaro cosa succederà ora, perché non era mai successo che i giudici intervenissero in questo ambito. L’offerta di UniCredit scade il 23 luglio, ma forse la decisione del TAR potrebbe spingere la Consob, cioè l’autorità garante della Borsa, a sospendere ancora la scadenza. Poi potrebbero esserci ricorsi da entrambe le parti al Consiglio di Stato, il secondo grado della giustizia amministrativa dopo il TAR.

Di certo il governo ora dovrà riformulare il DPCM e fare un nuovo provvedimento. Visto che però la sentenza non ha accolto una parte del ricorso sul golden power, fonti del ministero dell’Economia hanno fatto sapere che «il governo accoglie con favore la sentenza che conferma in larga parte la legittimità e dunque l’impianto del golden power in particolare nei suoi punti qualificanti», cioè la dismissione delle attività in Russia e il mantenimento degli investimenti in Italia attraverso Anima Holding. Dall’altra parte, UniCredit può fare leva sul fatto che il governo deve comunque rifare il DPCM, e in un comunicato interpreta la decisione del TAR in modo contrario rispetto al governo, cioè come un’implicita critica all’uso troppo esteso del golden power sulle operazioni finanziarie di interesse nazionale.

L’acquisizione di Banco BPM da parte di UniCredit è una delle operazioni più importanti e osservate del cosiddetto “risiko bancario”, cioè quel grande fermento di acquisizioni e fusioni tra banche di cui si è parlato molto negli ultimi mesi: l’unione delle due banche creerebbe infatti il primo gruppo bancario italiano per capitalizzazione, cioè per valore complessivo delle azioni.

Il governo sta mettendosi di traverso con insistenza nell’operazione di UniCredit, per ragioni più che altro politiche. Banco BPM è una banca nella quale la Lega ha forti interessi, è molto radicata in Lombardia, e quindi il partito ritiene che se cambiasse la proprietà questo legame con il territorio e con la politica verrebbe meno. Usare il golden power per un’operazione tra due società italiane è stata una decisione senza precedenti, perché anche se nel corso degli anni ha cambiato ambiti di applicazione, dovrebbe servire a limitare le influenze straniere.

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