La Russia non diffonde più i dati su nascite e morti
Probabilmente per nascondere il numero dei soldati uccisi in Ucraina, ma anche un preoccupante calo delle nascite

Rosstat, il servizio statistico federale russo, ha smesso di comunicare i dati demografici del paese: nelle statistiche ufficiali non compaiono più informazioni né sulle nascite né sulle morti. È probabile che la decisione abbia l’obiettivo di nascondere i numeri reali dei soldati russi uccisi in Ucraina, ma anche le preoccupanti statistiche sulla scarsa natalità e quindi sulla consistente decrescita demografica del paese. Sempre per cercare di mascherare una situazione difficile, già da anni la Russia ha interrotto o sospeso la diffusione di vari indicatori economici, per esempio sul debito o sulla produzione di gas o petrolio.
Il governo russo tratta il numero dei soldati uccisi e feriti come un segreto e quindi non fornisce informazioni in merito (la stessa cosa vale peraltro per l’Ucraina). Nel corso dei mesi ha eliminato gradualmente dalle sue statistiche ufficiali molti dati che venivano utilizzati per ipotizzare il numero dei decessi: sono scomparse le indicazioni sulle fasce d’età dei morti, sulle regioni di origine e da luglio anche quella sulle generiche cause di morte, dato che la categoria “cause esterne” era stata individuata come quella in cui venivano inserite le persone uccise in guerra.
Come già accaduto per molti dati economici, Rosstat ha giustificato l’eliminazione dei dati demografici facendo riferimento all’emendamento a una legge federale approvato nel febbraio del 2023 che autorizza il governo a «definire le condizioni dell’accesso alle informazioni statistiche ufficiali, anche sospendendone temporaneamente la fornitura e la distribuzione».
Negli anni vari organismi indipendenti hanno provato a fare stime dei soldati russi uccisi nella guerra in Ucraina, che però differiscono molto le une dalle altre. Mediazona (un media russo indipendente) e BBC Russia contano i morti dai post delle famiglie sui social, dagli annunci sui giornali locali e delle autorità regionali: hanno verificato oltre 116mila soldati morti, un numero che ritengono sia di gran lunga inferiore a quello reale.
L’esercito ucraino sostiene invece che i militari russi uccisi, feriti, catturati o fuggiti (e quindi disertori) abbiano superato il milione: anche questo è un dato difficile da verificare.
Da tempo il regime del presidente russo Vladimir Putin ha difficoltà nel sostituire i soldati che non possono più combattere in Ucraina (perché morti, feriti o catturati), tanto da aver fatto un accordo con la Corea del Nord per l’impiego di soldati nordcoreani. Secondo media russi indipendenti Putin non vorrebbe annunciare nuove coscrizioni obbligatorie generali, dopo quella di marzo che ha coinvolto 160mila nuove reclute. Gli arruolamenti volontari però non sono sufficienti.

La trasmissione di un discorso di Vladimir Putin al Forum economico internazionale di San Pietroburgo, nel giugno del 2025 (AP Photo/Dmitri Lovetsky)
Oltre a quello sui morti, l’omissione dei dati demografici serve anche a nascondere un altro dato particolarmente preoccupante, cioè il forte calo della natalità. Già prima dell’inizio della guerra in Ucraina, in Russia le nascite erano molte meno delle morti: questo dato è peggiorato ulteriormente dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina, nel febbraio del 2022, per vari fattori: l’aumento delle persone uccise al fronte, l’esodo di molti russi che temevano la coscrizione obbligatoria e le condizioni economiche notevolmente peggiorate, che spaventano i potenziali genitori.
Nel 2023 il tasso di fecondità è stato di 1,4 nascite per donna, sotto il livello che garantisce un pareggio demografico (cioè la sostituzione dei morti con nuovi nati) e inferiore del 20 per cento rispetto al 2015. Il dato è ulteriormente calato nel 2024, quando le morti hanno superato le nascite di 500mila unità. A febbraio 2025 le nascite sono state 90.500, il dato mensile più basso da quando si tengono queste statistiche, ossia circa due secoli. Secondo le stime la popolazione russa, attualmente di 146 milioni di persone, dovrebbe ridursi a 132 milioni nei prossimi vent’anni.
La bassa natalità non è un problema solo russo (nel 2024 in Italia il tasso di fecondità è stato di 1,18 figli per donna), ma è un dato che il regime di Putin ha cercato di pilotare in molti modi, anche riducendo l’accesso delle donne all’aborto. Da tempo ci sono campagne culturali per la natalità e censure di programmi che presentino modelli culturali considerati «contro la famiglia». È stato stanziato l’equivalente di 760 milioni di euro per politiche di natalità, che almeno nelle intenzioni del governo dovrebbero «stimolare le donne» ad avere almeno tre figli e ad averli in giovane età. Questi stimoli comprendono incentivi economici anche per le studenti incinte: per esempio nella provincia di Orël ricevono un bonus una tantum dell’equivalente di circa 1.100 euro.
Al momento questi incentivi e pressioni non sembrano funzionare. I giovani russi consultati da media indipendenti che operano all’estero hanno spesso indicato che non intendono avere figli sia per questioni economiche (sanzioni, inflazione ed economia di guerra hanno fortemente peggiorato le condizioni di gran parte della popolazione), sia per il contesto politico interno, sempre più opprimente.



