Sui trattori muoiono più persone di quanto pensate

Addirittura il 70 per cento di tutte le morti nel settore agricolo: e da anni i governi rinviano l'obbligo di controlli

Un trattore nei campi
(Simone Padovani/Getty Images)
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Soltanto dall’inizio di giugno in Italia dieci persone sono morte mentre lavoravano con un trattore, cadute o schiacciate dal peso del mezzo dopo un ribaltamento. Chi lavora in agricoltura sa che questo numero spropositato è normale. Da tempo ogni anno più di 120 persone muoiono mentre sono al lavoro nei campi: la maggior parte (circa il 70 per cento) di tutte le morti nel settore agricolo, avviene alla guida dei trattori.

Le notizie degli incidenti mortali alla guida dei trattori – vale anche per le più recenti – vengono pubblicate per lo più dai giornali locali: faticano a trovare spazio sui media nazionali e anche per questo motivo negli ultimi anni hanno avuto molta meno attenzione e diffusione rispetto ad altre morti sul lavoro. Le cause di questi incidenti possono essere molto diverse tra loro: dalle caratteristiche strutturali di un mezzo come il trattore, fino a misure di sicurezza scarse o poco efficaci e a controlli insufficienti. Altre volte l’età elevata dei lavoratori e i mezzi obsoleti rendono tutto più pericoloso.

Uno dei problemi è che non esistono dati affidabili per misurare il fenomeno. L’INAIL, l’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, pubblica i dati di tutti gli infortuni sul lavoro in ambito agricolo, non il dettaglio relativo alle morti alla guida dei trattori, e soprattutto non conta chi lavorava con un trattore nei campi senza essere davvero un agricoltore, magari per passione o per aiutare un parente o un amico.

La fonte più dettagliata è l’Osservatorio indipendente sulle morti da ribaltamento dei trattori, avviato dal 2008 dal dipartimento di Scienze agrarie e ambientali dell’università Statale di Milano. L’osservatorio archivia tutti gli infortuni segnalati sui giornali italiani, con una serie di dati per ricostruire con precisione le cause e le persone coinvolte, agricoltori e non. Domenico Pessina, il professore che ha fondato l’osservatorio, dice che negli ultimi anni non ci sono stati miglioramenti: tra il 2021 e il 2024 ci sono sempre stati oltre cento morti all’anno per incidenti con i trattori, con punte di 140 morti.

Da un punto di vista tecnico, il rischio maggiore è legato al ribaltamento. Il trattore è un veicolo meno stabile di un’auto: ha infatti il baricentro alto, cioè il punto in cui si concentra la sua massa, e anche una coppia motrice – cioè la forza esercitata dal motore – molto elevata, predisposta per ottenere una forte accelerazione e una notevole capacità di traino. In particolare su terreni in pendenza, queste caratteristiche contribuiscono a rendere il mezzo instabile: anche se è moderno, revisionato correttamente e usato con prudenza.

Il rischio aumenta per via delle condizioni di lavoro in agricoltura, un settore in cui l’età media dei lavoratori è molto alta: 63 anni. Gli agricoltori lavorano spesso da soli, aiutati da famigliari, amici, lavoratori occasionali o nei casi peggiori invisibili, senza contratto e pagati in nero. «Negli anni abbiamo rilevato situazioni particolarmente critiche o strazianti, come incidenti mortali che hanno coinvolto persone con più di 90 anni alla guida dei trattori, ma anche bambini in tenera età che viaggiavano insieme ai nonni», dice Pessina. «L’età è una componente importante per analizzare il problema. Non solo l’età delle persone, ma anche quella dei mezzi».

Trattori

(Ivan Romano/Getty Images)

Non è la causa di ogni incidente, ma secondo la rivista specializzata L’Informatore Agrario in Italia 670mila trattori non sono conformi alle opportune misure di sicurezza, in particolare quelle per diminuire il rischio da ribaltamento. Anche in questo caso i dati sono parziali perché i trattori che non sono destinati a viaggiare su strada non vengono immatricolati. Nei campi italiani vengono usati mezzi che hanno anche 30, 40 o addirittura 50 anni.

In teoria dovrebbero avere tutti il ROPS, un acronimo derivato dall’inglese Rollover Protection Structure, una struttura di protezione che non evita di per sé il ribaltamento ma protegge le persone nell’abitacolo da possibili traumi causati dall’incidente; abbinato alle cintura di sicurezza allacciate, il ROPS evita conseguenze letali nella quasi totalità degli incidenti.

Questa protezione è obbligatoria su tutti i trattori venduti dal 1974, eppure molti non ce l’hanno perché sono ancora più vecchi o perché la struttura di protezione è stata rimossa. «Il ROPS funziona se la cintura di sicurezza è presente, funzionante e correttamente allacciata, ciò purtroppo accade molto raramente», continua Pessina. La frequenza di questo tipo di incidenti suggerisce che, per quanto efficace, l’uso della cintura di sicurezza sia una misura poco compatibile col tipo di lavoro che viene svolto a bordo di un trattore. «Gli agricoltori dicono che la cintura impedisce i movimenti. È considerata un intralcio perché si deve scendere spesso dal mezzo per controllare il lavoro», dice Pessina. «Inoltre un terzo degli incidenti mortali su trattori da vigneto e frutteto è avvenuto non perché il ROPS non c’era, ma perché era abbassato al momento del ribaltamento, vanificando così ogni effetto di protezione».

Finora è stato fatto poco per adeguare i mezzi e ridurre il rischio di incidenti. Nel 2006 l’INAIL pubblicò linee guida per dotare tutti i trattori di ROPS, anche i più vecchi. Essendo linee guida, però, non erano vincolanti e da allora sono stati fatti pochissimi controlli. Un provvedimento in teoria decisivo risale al 2015, quando il governo approvò un decreto per obbligare i proprietari di trattori e macchine agricole a far revisionare periodicamente i mezzi esattamente come accade per le auto. Dieci anni dopo l’approvazione mancano ancora i decreti attuativi.

Da dieci anni, infatti, ogni anno all’interno del cosiddetto decreto “Milleproroghe” viene inserita una proroga di questa legge che obbligherebbe gli agricoltori a far controllare il proprio mezzo. Il rinvio non è solo un favore a un settore vicino al governo: è motivato anche da conseguenze pratiche, come il numero insufficiente di officine abilitate alla revisione di oltre un milione di trattori. Anche se sarebbe il modo più efficiente per togliere dai campi mezzi rischiosi, è ormai complicato recuperare così tanti anni di ritardi e rinvii.

Finora hanno avuto pochi effetti anche i finanziamenti e gli incentivi introdotti dal governo per svecchiare i mezzi in circolazione. I fondi stanziati in diverse tornate sono stati limitati (un trattore di media potenza costa più di 100mila euro) e sono stati assegnati sempre attraverso il meccanismo del click day, cioè dati a chi presenta per primo la richiesta, senza un’analisi approfondita delle reali esigenze.

Negli ultimi anni le aziende produttrici di trattori hanno studiato molti dispositivi innovativi per limitare i rischi. Grazie a tecnologie chiamate geofencing, può essere rilevato il passaggio in aree pericolose come pendii particolarmente ripidi o superfici dissestate, in cui il trattore non permette l’entrata fermandosi automaticamente. Ma con uno scarso ricambio dei mezzi nei campi, queste innovazioni vengono sfruttate solo da chi ha una grossa azienda e può permettersele. Tutti gli altri agricoltori, alla guida di mezzi prodotti decenni fa, continuano a rischiare la vita.