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  • Mercoledì 18 giugno 2025

Gli Stati Uniti attaccheranno l’Iran?

Ci sono elementi per pensarlo, tra cui le dichiarazioni di Trump e alcuni movimenti di aerei militari statunitensi

Donald Trump e Benjamin Netanyahu alla Casa Bianca, 7 aprile 2025 (Eric Lee/The New York Times/contrasto)
Donald Trump e Benjamin Netanyahu alla Casa Bianca, 7 aprile 2025 (Eric Lee/The New York Times/contrasto)
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A circa una settimana dall’inizio della guerra tra Israele e l’Iran, ci sono diversi segnali politici e militari del fatto che gli Stati Uniti stiano seriamente valutando di intervenire a fianco di Israele.

Sarebbe una decisione dalle implicazioni enormi e dalle conseguenze poco prevedibili, anche se per ora, ovviamente, va usato il condizionale: nessuno dei leader politici e militari statunitensi ha confermato questa eventualità, verosimilmente anche per conservare una certa ambiguità strategica e quindi, in estrema sintesi, per mantenere un effetto sorpresa nell’eventualità di un attacco.

Diversi elementi però fanno pensare che possa succedere davvero. Su tutti, le dichiarazioni più recenti del presidente statunitense Donald Trump.

Fino a pochi giorni fa la sua amministrazione stava portando avanti un percorso di negoziati volti a ridurre l’avanzamento del programma nucleare iraniano, poi interrotti dopo il primo attacco israeliano del 13 giugno. Le ragioni che avevano spinto l’Iran a trattare erano piuttosto chiare: il paese è tremendamente impoverito dopo anni di sanzioni internazionali, che il regime guidato dalla Guida suprema Ali Khamenei chiede da tempo di ammorbidire. Quelle di Trump erano meno leggibili: ai tempi si disse che in politica estera stava cercando di costruirsi un’immagine da presidente che mette fine a conflitti che si trascinano da anni e sembrano irrisolvibili, in Medio Oriente come in Ucraina.

Da giorni, però, Trump sembra convinto che questa guerra e più in generale l’ostilità dell’Iran nei confronti dell’Occidente e di Israele possa concludersi non attraverso un negoziato, ma con una sconfitta militare del regime di Khamenei, già molto indebolito dalle sanzioni e dalle sconfitte di diversi suoi alleati. Per questo insomma gli Stati Uniti potrebbero essere tentati di intervenire a fianco di Israele: per «porre fine per davvero», come ha detto lo stesso Trump, al programma nucleare iraniano, cioè il principale strumento con cui il regime iraniano ha cercato di aumentare la propria influenza nella regione (l’Iran continua a sostenere di avere solo scopi civili, cioè l’impiego nelle centrali nucleari per la produzione di energia elettrica).

L’idea che distruggendo il programma nucleare iraniano si metta fine alla guerra è tutt’altro che condivisa, e anzi questo potrebbe portare a un suo allargamento. Coincide però quasi esattamente con quella del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, a capo di una coalizione di estrema destra nazionalista e religiosa, e storico alleato di Trump.

– Leggi anche: Nove risposte sui bombardamenti tra Israele e Iran

(Kobi Gideon/GPO via Getty Images)

Da anni Netanyahu chiede agli Stati Uniti di aiutare Israele a distruggere uno dei più importanti siti in cui l’Iran porta avanti la sua ricerca nucleare, cioè quello di Fordo, nel nord del paese. Il sito di Fordo si trova dentro a una montagna ed è quindi protetto da uno strato di roccia molto spesso. Si ritiene che soltanto gli Stati Uniti possiedano una bomba – e un aereo per trasportarla – in grado di distruggerlo, denominata GBU-57: è lunga 6 metri, pesa circa 14 tonnellate ed è in grado di penetrare nella roccia fino a 60 metri.

Finora tutte le amministrazioni statunitensi, comprese quelle di Trump, hanno sempre respinto le richieste di Israele di usarla. Ora però la situazione sta cambiando: da giorni Trump risponde in maniera vaga e minacciosa alle domande su un possibile intervento militare contro l’Iran, e il New York Times ha scritto che in base alle proprie fonti Trump sta «seriamente considerando» di colpire il sito di Fordo.

– Leggi anche: Cosa vuole fare Israele

Ci sono diversi segnali concreti, inoltre, del fatto che gli Stati Uniti si stiano preparando a un possibile intervento militare in Iran.

Euronews ha tracciato i movimenti di diversi aerei militari statunitensi da rifornimento, necessari per operazioni aeree su larga scala, che da giorni si stanno spostando dalle basi europee in direzione del Medio Oriente.

Secondo fonti militari gli Stati Uniti hanno anche mobilitato alcuni modelli di F-35, cioè i caccia più avanzati al mondo, e di F-15, che appartengono alla generazione produttiva precedente, dalla base militare dell’aeronautica britannica di Lakenheath, nel sud del Regno Unito. Alcuni F-16 (altri caccia simili agli F-15), sarebbero invece partiti da quella di Aviano, in Friuli Venezia Giulia.

Per trasportare la bomba necessaria per distruggere il sito di Fordo, invece, servono dei bombardieri modello B-2 Spirit. A quanto ne sappiamo gli Stati Uniti ne possiedono 19, sei dei quali a maggio erano stazionati nella base militare sull’isola Diego Garcia dell’arcipelago delle Chagos, nell’Oceano Indiano, controllata dagli Stati Uniti.

Il Guardian ha notato che il sito di Fordo dista circa 5.150 chilometri dalla base di Diego Garcia. I B-2 Spirit hanno un’autonomia di quasi 10mila chilometri: potrebbero cioè compiere un volo di andata e ritorno verso Fordo rifornendosi in volo soltanto nell’ultimo tratto di ritorno verso Diego Garcia.

Non è chiaro se ultimamente sull’isola siano arrivati altri B-2, o se nel frattempo si siano spostati in un’altra base: per distruggere la base di Fordo si pensa che sia necessario un bombardamento continuo di più bombe GBU-57 nello stesso punto della montagna, quindi di più B-2 coinvolti contemporaneamente.