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  • Lunedì 16 giugno 2025

L’autore di fantascienza amatissimo da Musk e dalla Silicon Valley

I miliardari dell'industria tecnologica statunitense hanno una passione per i libri dello scozzese Iain Banks, che era dichiaratamente socialista

Iain Banks nel 2007 (David Levenson/Getty Images)
Iain Banks nel 2007 (David Levenson/Getty Images)
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Le tre piattaforme galleggianti e senza equipaggio che SpaceX, l’azienda aerospaziale fondata da Elon Musk, utilizza per fare atterrare in mare i suoi razzi, hanno nomi piuttosto originali: Just Read the Instructions, Of Course I Still Love You e A Shortfall of Gravitas. Fanno tutti riferimento al “ciclo della Cultura”, un’apprezzata saga di fantascienza scritta dall’autore scozzese Iain M. Banks tra il 1987 e il 2012, che racconta una società futuristica e pacifica, guidata da una rete molto avanzata di intelligenze artificiali.

Musk non ha mai nascosto la sua passione per i romanzi di Banks, il cui pensiero teoricamente dovrebbe essere piuttosto distante dal suo. Era infatti uno scrittore apertamente socialista, che non lesinava critiche anche piuttosto accese al capitalismo, alle disuguaglianze economiche e alla concentrazione di ricchezza: non proprio lo scrittore che ci si aspetterebbe di trovare sul comodino dell’uomo più ricco del mondo, insomma.

Eppure, Musk ha spesso citato Banks come una fonte d’ispirazione fondamentale per il suo lavoro, il suo rapporto con la tecnologia e la sua visione del futuro. «Se proprio volete saperlo, mi definisco un anarchico utopico, del tipo meglio descritto da Iain Banks», scrisse nel 2018.

Anche il nome e il concetto alla base di Neuralink, l’azienda fondata da Musk per sviluppare interfacce neurali impiantabili, sono un omaggio diretto a Banks: l’idea si ispira infatti al neural lace, una tecnologia presente nei romanzi del ciclo della Cultura pensata per connettere direttamente il cervello umano alle macchine, rendendo la comunicazione con l’intelligenza artificiale immediata e continua.

Musk condivide questo interesse letterario anche con altri miliardari americani attivi nel settore della tecnologia, come Jeff Bezos, che ha detto che prima o poi finanzierà una serie tv di Amazon sul ciclo della Cultura, e Mark Zuckerberg, che ha spesso citato Banks come uno dei suoi scrittori preferiti. «Questo libro è un cambio di ritmo rispetto a tutti i recenti saggi di scienze sociali», disse nel 2015 parlando dell’Impero di Azad, uno dei romanzi del ciclo della Cultura.

La giornalista di Vox Constance Grady ha definito Banks «lo scrittore più amato dai broligarchs (broligarchi)». Il termine, recentemente entrato nel linguaggio pubblico statunitense, nasce dalla fusione tra bro, un riferimento ai cosiddetti “tech bros”, uomini della Silicon Valley spesso associati a un atteggiamento competitivo e autoreferenziale ma anche giovanile, sportivo e informale che li distingue dai tradizionali imprenditori della generazione precedente; e oligarch, cioè oligarca. Viene usato per descrivere in modo sarcastico Musk, Bezos e Zuckerberg e in generale i miliardari dell’industria dell’innovazione tecnologica che uniscono ricchezza, influenza politica, visibilità mediatica e ambizioni di potere.

Iain Banks firma la copia di un suo romanzo durante un evento al Forbidden Planet di Londra, 2008 (John Phillips/Getty Images)

I romanzi del ciclo della Cultura parlano di un futuro alternativo in cui l’umanità convive con altre specie intelligenti all’interno di una civiltà interstellare altamente evoluta, chiamata Cultura e ispirata a principi anarchici e socialisti. È una società priva di denaro, governi centrali e gerarchie sociali, in cui le decisioni collettive non sono prese a maggioranza dagli esseri umani, ma da intelligenze artificiali estremamente sofisticate e senzienti chiamate Menti. Ogni romanzo sviluppa personaggi e trame indipendenti, ma ruota quasi sempre intorno all’incontro tra la Cultura e altre civiltà esterne, spesso più autoritarie e capitalistiche.

L’ultimo romanzo del ciclo uscì nel 2012, l’anno prima della morte di Banks. A differenza di altre saghe fantascientifiche, i libri sono autoconclusivi e leggibili anche separatamente, pur essendo ambientati nello stesso universo narrativo.

Oltre che scrittore, Banks fu anche un intellettuale politicamente impegnato: interveniva regolarmente nel dibattito pubblico con prese di posizione critiche e piuttosto militanti nei confronti del neoliberismo, della finanza globale e del potere delle multinazionali, che considerava strumenti di controllo più che di progresso. Fu celebre la sua protesta contro la guerra in Iraq nel 2003, quando restituì il suo passaporto britannico in segno di dissenso verso il governo di Tony Blair. Negli ultimi anni della sua vita sostenne l’indipendenza della Scozia e fu vicino al Partito Socialista Scozzese.

Grady ha scritto che, per alcuni aspetti, la fascinazione dei miliardari americani per i libri di Banks è comprensibile, anche perché in tanti casi le sue intuizioni sono affini a filosofie e dottrine molto in voga negli ambienti della Silicon Valley, come per esempio il transumanesimo, un movimento filosofico e culturale che promuove l’uso della tecnologia per potenziare le capacità fisiche e cognitive dell’essere umano, fino a superare i limiti biologici naturali (l’invecchiamento, la malattia, la morte).

Inoltre, soprattutto negli anni passati, non era raro che alcuni di questi miliardari si esprimessero a favore di istanze progressiste, utopiche e – almeno in apparenza – in contrasto con i loro interessi, come per esempio il cosiddetto reddito universale di base, un’idea che prevede l’erogazione di una somma fissa e incondizionata a ogni cittadino, indipendentemente dalla sua occupazione o reddito.

Alcune delle figure più in vista della Silicon Valley, da Musk a Sam Altman (capo di OpenAI, la società di ChatGPT), hanno sostenuto pubblicamente questa proposta, presentandola come una risposta possibile alla perdita di posti di lavoro causata dall’intelligenza artificiale, anche se poi non hanno fornito alcuna indicazione concreta su come metterla in pratica. Il loro interesse per misure così radicali e collettivistiche ha comunque contribuito a rafforzare un’immagine spesso contraddittoria del settore tecnologico statunitense, dove convivono visioni utopiche e pratiche legate al capitalismo più tradizionale.

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Molte caratteristiche delle società utopistiche immaginate da Banks però sono del tutto incompatibili con gli ideali e lo stile di vita incarnati da imprenditori come Bezos e Musk, e più in generale con lo stile di vita competitivo e l’inflessibile etica del lavoro tipica della Silicon Valley.

Per esempio, ha notato sempre Grady, nei libri di Banks l’equilibrio tra lavoro e vita privata è «in totale contrasto con l’ethos della Silicon Valley». I cittadini della Cultura hanno inventato intelligenze artificiali incredibilmente avanzate proprio per preservare il loro tempo libero, in maniera tale da potersi «dedicare alle cose che contano davvero nella vita, come lo sport, i giochi, l’amore, lo studio delle lingue morte, delle società barbariche e dei problemi impossibili, e la scalata di alte montagne senza l’ausilio di un’imbracatura di sicurezza».

Iain Banks a Edimburgo, nel 2006 (Marco Secchi/Getty Images)

Ma l’aspetto più paradossale, ha aggiunto Grady, è che nel ciclo della Cultura il cattivo più detestabile è Joiler Veppers, un miliardario molto influente che proviene da Sichultian Enablement, una società caratterizzata da principi antitetici a quelli che ispirano la Cultura: competizione economica, concentrazione di ricchezza e adesione incondizionata ai principi del capitalismo. Secondo Grady, Veppers ricalca molte caratteristiche degli odierni “broligarchi”, dato che sfrutta le sue ricchezze per influenzare i media, indebolire i sindacati e imporre orari di lavoro sempre più rigidi ai suoi dipendenti.

«Se volete sapere come Banks vede i miliardari capitalisti della tecnologia, non c’è bisogno di andare a caccia di informazioni. Nei suoi romanzi il miliardario capitalista della tecnologia è letteralmente il diavolo», ha scritto Grady.

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