Tutte le cose andate storte nelle elezioni dei giudici in Messico
Schede incomprensibili, campagne elettorali non permesse, affluenza tra le più basse della storia del paese: alla fine ha vinto il governo

In Messico hanno votato pochissime persone alle prime elezioni di una grossa parte dei giudici del paese, che si sono tenute domenica. Era previsto che l’affluenza sarebbe stata di molto inferiore a quella delle elezioni politiche e presidenziali, ma non così tanto: l’Instituto Nacional Electoral (INE), cioè l’agenzia pubblica che organizza le elezioni, l’ha stimata tra il 12,6 e il 13,3 per cento (più di 13 milioni di persone). È la più bassa degli ultimi trent’anni a un’elezione in Messico.
La partecipazione così scarsa è un esito deludente per Morena, il partito di governo, che aveva fatto approvare la contestata riforma della giustizia che aveva portato a queste elezioni contro la volontà della categoria. L’INE stesso aveva pronosticato un’affluenza più alta, attorno al 20 per cento. Eppure Morena ha ottenuto un risultato politico decisivo: secondo i risultati preliminari, controllerà la prossima Corte Suprema. I 9 giudici della Corte erano tra i 2.681 incarichi per cui si votava, insieme a 881 posti federali.
Morena esprime la presidente del paese, Claudia Sheinbaum. Ha una maggioranza nel parlamento nazionale (schiacciante) e in 25 dei 32 parlamenti statali. Dopo le elezioni di domenica Morena avrà enorme influenza su tutti e tre i rami del potere: esecutivo, legislativo e ora giudiziario. Sheinbaum potrà quindi procedere senza vere resistenze con le riforme, molte ereditate dal suo predecessore Andrés Manuel López Obrador. López Obrador si era scontrato con la magistratura, accusandola di sabotare le sue politiche, e la riforma della giustizia era stata vista proprio come un modo per controllarla meglio.
Morena è riuscito a imporre i propri candidati, malgrado l’affluenza minuscola, perché ha dato indicazioni di voto nonostante non fossero consentite: anche ai candidati era vietato pubblicizzare la loro affiliazione politica.

La presidente del Messico, Claudia Sheinbaum, durante la conferenza stampa del 2 giugno in cui ha commentato come sono andate le elezioni: qui stava facendo un paragone con le ultime parlamentari (Luis Barron/eyepix via ZUMA Press Wire)
Queste indicazioni sono state chiamate acordeones dai media locali: è il plurale di acordeón, che significa “pizzino”. Hanno fatto la differenza anche perché le modalità di voto erano molto complicate: si ricevevano tra le 6 e le 9 schede a seconda della parte del paese in cui si risiede; per votare un candidato occorreva scrivere un numero associato a lui o lei, e non il nome. Alla fine, per questa ragione, è risultato non valido circa il 23 per cento del totale dei voti espressi.
La campagna elettorale aveva regole particolari: erano vietati i grossi comizi e gli spot sui media tradizionali, così i candidati si sono buttati sui social (quello diventato virale per essersi paragonato al chicharrón, un piatto di cotica di maiale fritta, farà parte della prossima Corte Suprema). Siccome erano moltissimi – quasi 8mila – solo una minoranza di elettori ed elettrici sapeva qualcosa su di loro: il 23 per cento di loro, secondo un sondaggio molto citato.
A un’elezione così caotica, i candidati di Morena hanno beneficiato della macchina organizzativa del partito. Gli acordeones contenevano una specie di guida su come compilare le schede colorate, con tanto di facsimile.
Grazie a questo sistema, tutti e 9 i futuri giudici della Corte Suprema sono esponenti di Morena o sono considerati vicini al movimento politico di López Obrador. Con ogni probabilità, il presidente sarà Hugo Aguilar, un giurista che durante il mandato dell’ex presidente era stato coordinatore dei diritti della popolazione indigena dell’Instituto Nacional de los Pueblos Indígenas, un’agenzia federale. L’incarico di presidente della Corte ruota ogni due anni, sulla base dei voti presi dai giudici: l’alta frammentazione ha fatto sì che siano stati eletti con percentuali non altissime, tra il 2,64 e il 5,2 percento di Aguilar.

Le schede elettorali, piuttosto complicate (AP Photo/Fernando Llano)
Alcune analisi hanno fatto notare come, oltreché uno smacco per Sheinbaum e Morena, le elezioni siano state un’occasione perduta per l’opposizione. Con un’affluenza così bassa, infatti, una campagna coordinata avrebbe verosimilmente impedito a Morena di fare incetta di incarichi (per quelli dei gradi inferiori lo scrutinio continuerà almeno fino alla settimana prossima).
Secondo l’analista politica Viri Ríos, l’affluenza di domenica non è stata così lontana da quella tipica – attorno al 20 per cento – che le elezioni dei giudici raggiungono nei paesi che le fanno. Quelle messicane, comunque, hanno avuto una scala diversa (gli oltre 4.300 incarichi del sistema giudiziario rimanenti verranno rinnovati nel 2027). Una percentuale attorno al 13 per cento è più simile a quella dei due referendum indetti, a fini politici, da López Obrador nel 2021 e nel 2022: il primo sulla possibilità di indagare i suoi precedessori (l’affluenza fu del 7 per cento), il secondo come plebiscito sul suo operato (fu del 17 per cento).
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