Le polemiche sul nuovo questore di Monza, che fu condannato per i fatti del G8 di Genova

Filippo Ferri è stato nominato dal ministro Matteo Piantedosi, che è stato molto criticato

Striscione appeso alla scuola Diaz durante un corteo, Genova, 2 marzo 2004 (Luca Zennaro/Ansa)
Striscione appeso alla scuola Diaz durante un corteo, Genova, 2 marzo 2004 (Luca Zennaro/Ansa)
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Dal primo giugno Filippo Ferri dovrebbe prendere servizio come nuovo questore di Monza. Ferri è un poliziotto che nel 2012 venne condannato in via definitiva per i fatti che avvennero nella scuola Diaz durante il G8 di Genova nel 2001. La nomina è stata molto criticata: alcuni assessori, consiglieri comunali, ex parlamentari, avvocati e insegnanti di Monza hanno fatto un appello per chiedere al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi di revocarne la nomina, la senatrice di Alleanza Verdi e Sinistra Ilaria Cucchi ha presentato un’interrogazione parlamentare e un’altra ancora è stata annunciata dal Partito Democratico.

Durante il G8 di Genova, che tra il 19 e il 22 luglio del 2001 ospitò gli incontri tra i leader delle principali potenze economiche mondiali, Filippo Ferri era a capo della squadra mobile di La Spezia. Questa, insieme ad altre squadre mobili e alla Digos di Genova, poco prima della mezzanotte di sabato 21 luglio sfondò il cancello del comprensorio Diaz, costituito da due scuole, in cui dormivano ragazze e ragazzi soprattutto stranieri arrivati in città per partecipare alle contromanifestazioni organizzate dal movimento no global, cioè contrario al modello di sviluppo economico dietro alla globalizzazione.

La violenza della polizia si scatenò senza ragione e senza freni. Il funzionario di polizia Michelangelo Fournier al successivo processo usò l’espressione «macelleria messicana». Disse anche che «fu una tonnara». Alla fine dalla Diaz uscirono 82 feriti con teste, gambe e braccia rotte. Tre persone erano ferite gravemente, una era in coma. Il giornalista inglese Mark Covell ne uscì con otto costole rotte, un polmone bucato, un trauma cranico e cinque denti saltati. Il suo pestaggio venne definito dal pubblico ministero al processo «un martirio».

Alla conferenza stampa dopo i fatti della Diaz i dirigenti della polizia dissero che in realtà le persone portate in ospedale erano già ferite da prima, dal pomeriggio. Poi venne detto che all’interno della scuola erano tutti “Black bloc”, persone legate al movimento anarchico considerate estremiste e violente, e venne detto che erano state trovate due bombe molotov. Tutto fu smentito da inchieste, indagini e testimonianze. Le ferite furono provocate dall’irruzione della polizia alla Diaz, e su quelle di molti manifestanti fu sparata la schiuma degli estintori e fu usato spray urticante. Non fu trovata una sola arma, e le molotov erano state introdotte da un autista della polizia su ordine di un superiore: lo disse lui stesso al processo. Furono smentite perché false anche le notizie secondo cui un’auto della polizia era stata attaccata fuori della Diaz, e che un manifestante aveva tentato di accoltellare un agente.

– Leggi anche: Cosa successe al G8 di Genova

Nel luglio del 2012 per l’irruzione alla scuola Diaz la Corte di Cassazione confermò le condanne di 25 persone, tra agenti e funzionari di polizia. Uno di loro era Ferri, condannato nello specifico a tre anni e otto mesi di reclusione con interdizione dai pubblici uffici per cinque anni per il reato di falso aggravato. Insieme ad altri due colleghi, quella notte, si incaricò di redigere il verbale degli arresti. Nelle carte del processo i giudici scrissero che a Ferri furono «sostanzialmente riferiti il momento decisionale e l’elaborazione tecnico-giuridica» sulla scelta di «contestare agli occupanti il reato di associazione a delinquere finalizzata alla devastazione e al saccheggio», oltre che la decisione di procedere agli arresti sulla base delle perquisizioni effettuate: quelle cioè durante le quali vennero “trovate” le due bottiglie molotov presentate dalla polizia per dimostrare la presenza di persone violente all’interno della scuola (una prova che fu appunto dimostrata come falsa nei processi).

Nelle motivazioni della sua sentenza la Cassazione evidenziò «l’odiosità del comportamento» dei vertici della polizia, che dopo «l’ingiustificabile massacro», invece di denunciare i poliziotti violenti scelsero «di persistere negli arresti creando una serie di false circostanze, funzionali a sostenere così gravi accuse da giustificare un arresto di massa». Fu soprattutto per quest’ultimo fatto che Ferri venne condannato, mentre per l’altro capo d’imputazione, l’arresto illegale, non fu giudicato per avvenuta prescrizione.

Al momento della condanna, che alla fine si concretizzò in 8 mesi ai domiciliari, Ferri era stato promosso a capo della squadra mobile di Firenze e fu costretto a lasciare l’incarico. Pochi mesi dopo la squadra di calcio del Milan lo assunse come responsabile della sicurezza e, scaduta l’interdizione, Ferri fu reintegrato in polizia e nominato dirigente della Polfer lombarda (la polizia ferroviaria), ruolo dal quale è stato ora promosso a questore per la provincia di Monza e Brianza.

La sua nomina è stata molto criticata. Alcuni assessori, consiglieri comunali, ex parlamentari, avvocati e docenti di Monza hanno scritto una lettera, sottoscritta nel giro di poche ore da centinaia di persone, al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Secondo gli autori della lettera «in presenza di una condanna definitiva per i fatti criminosi avvenuti nella Scuola Diaz», la decisione di affidare funzioni di responsabilità dell’ordine pubblico e della sicurezza a Ferri «risulta inopportuna e ingiustificata». La richiesta è che Piantedosi ritiri la nomina di Ferri.

La senatrice Ilaria Cucchi, che ha presentato l’interrogazione parlamentare per chiedere a Piantedosi di rendere conto della nomina, ha detto: «Affidare la responsabilità della sicurezza pubblica di una città a chi ha disonorato la divisa e la funzione pubblica, significa legittimare una cultura dell’impunità e della menzogna inaccettabile», una cultura dell’impunità «che vanifica anni di battaglie per verità e giustizia sul G8 di Genova del 2001».