Luis Antonio Tagle potrebbe essere il più simile a papa Francesco

Il cardinale filippino lo ricorda per idee, approcci e distanza dall'Occidente, ma al conclave potrebbero contare altre cose

di Francesco Gaeta

Luis Antonio Tagle a una cerimonia in Vaticano, 4 ottobre 2023 (Eric Vandeville/Abaca/Ansa)
Luis Antonio Tagle a una cerimonia in Vaticano, 4 ottobre 2023 (Eric Vandeville/Abaca/Ansa)
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Nel conclave che comincerà mercoledì prossimo papa Francesco sarà molto presente sia perché i cardinali dicono generalmente di voler dare continuità al suo pontificato, sia perché dei 133 partecipanti ben 108 sono stati nominati da Bergoglio. Tra questi ce ne sono di orientamenti diversi, conservatori, progressisti, “mediatori”, e uno in particolare, oltre a essere stato molto vicino a papa Francesco, arriva come lui «dalla fine del mondo», dalla prospettiva di Roma perlomeno. È il cardinale filippino Luis Antonio Tagle, arcivescovo emerito di Manila e pro-prefetto del dicastero per l’Evangelizzazione, l’ufficio che si occupa di come la Chiesa cattolica sostiene la propria presenza nei paesi “da evangelizzare”.

È un teologo di alto profilo – papa Benedetto XVI, che lo nominò, lo stimava molto – ma anche un ottimo oratore e un comunicatore che sa usare i social: il suo profilo Facebook, su cui posta brevi video di commento alla Bibbia, ha oltre 630mila follower. Tagle è citato in tutti gli elenchi di “papabili”, e sarebbe il primo pontefice moderno proveniente dall’Asia, continente che con 23 elettori non è mai stato così rappresentato in un conclave. La cosa rende l’ipotesi suggestiva perfino per le piattaforme di scommesse dove, per quel che vale, il suo nome è quotato subito dopo l’italiano Pietro Parolin.

Tuttavia, i motivi che renderebbero interessante questa scelta per chi la osserva da fuori sono gli stessi che la rendono difficile per chi la deve fare: i tratti di vicinanza con Francesco sulla dottrina e sul ruolo della Chiesa sono perfino troppi per quei cardinali che ritengono prioritario mettere ordine nelle riforme avviate, più che aggiungerne altre.

Luis Antonio Tagle mostra a papa Francesco il gesto per dire "I love you" a Manila, Filippine, nel 2015

Luis Antonio Tagle mostra a papa Francesco il gesto per dire “I love you” a Manila, Filippine, nel 2015 (AP Photo/Wally Santana)

Chi conosce bene Luis Antonio Tagle lo chiama Chito, che è l’abbreviativo usato da sua nonna. Proviene da una famiglia cattolica della classe media di Manila e a giugno compirà 68 anni. La madre aveva origini cinesi, cosa che lo ha spinto a dire «io ho il DNA del migrante. Quelli che hanno paura di migranti o rifugiati hanno avuto pochissimi incontri personali con loro. Non conoscono le persone che temono». A 16 anni è entrato in seminario abbandonando l’idea di diventare medico, e da allora ha fatto piuttosto in fretta: sacerdote a 25 anni, vescovo a 44, cardinale a 55. Ratzinger lo aveva notato già negli anni Novanta e lo aveva chiamato a far parte della Commissione Teologica Internazionale del Vaticano, un importante organo consultivo in materia di teologia.

Tagle e Bergoglio, invece, si conobbero nel 2005, quando Chito era già vescovo. Da allora, per così dire, non si sono persi di vista pur se separati da molti chilometri e da oltre 20 anni di differenza. È stato lo stesso Tagle a ricordare il tono del loro rapporto nell’omelia di una messa che ha tenuto il 25 aprile: «Per il conclave del 2013, i nostri voli sono arrivati all’aeroporto di Fiumicino a pochi minuti di distanza l’uno dall’altro. Vedendomi, mi disse: “Che ci fa qui questo ragazzino?”. Al che risposi: “E cosa ci fa qui questo vecchio?” Pochi giorni dopo dovetti chiamarlo “Sua Santità”». Il “ragazzino” Tagle aveva al tempo 56 anni, forse ancora un po’ pochi per diventare papa, sebbene se ne parlasse già allora.

A Francesco lo accomuna lo stile pastorale, cioè il modo di essere presente come guida spirituale nelle comunità di cui fa parte, e anche alcuni comportamenti: da vescovo della città di Imus, nel 2001, Tagle preferiva prendere l’autobus per andare al lavoro ogni giorno e non l’auto di servizio con autista. Lo faceva, spiegò, per combattere l’isolamento che a volte deriva da un’alta carica.

Luis Antonio Tagle in una scuola cattolica di Manila, mentre invita a pregare per la Siria, 7 settembre 2013

Luis Antonio Tagle in una scuola cattolica di Manila, mentre invita a pregare per la Siria, 7 settembre 2013 (EPA/DENNIS M. SABANGAN/ansa)

Ci sono però anche affinità più sostanziali. La più rilevante è la centralità che nel pensiero teologico di Tagle ha il Concilio Vaticano II, cioè la riunione tra tutti i vescovi mondiali con cui la Chiesa negli anni Sessanta cercò di rinnovarsi per adattarsi a una società sempre più laica, e che è stato citato più volte da Bergoglio come fonte di ispirazione del suo pontificato.

Per circa quindici anni, Tagle ha fatto parte della “Scuola di Bologna”, una squadra di esperti che ha ordinato i materiali del Concilio e ne ha curato l’analisi storica e il commento. A proposito dei suoi studi e delle argomentazioni di chi nella Chiesa vede con diffidenza quanto emerso dal Concilio, Tagle ha detto: «La nostra è una tradizione vivente. Quindi, esiste anche un modo vivente di riscoprirla. Alcuni potrebbero dire che stiamo cedendo alle pressioni del mondo, ma dall’analisi fatta nei miei studi sul Vaticano II e su Paolo VI emerge che non era loro intenzione cambiare la dottrina, bensì entrare nella ricchezza della tradizione cristiana e scoprire cosa questa tradizione possa dire riguardo alle nuove situazioni».

Da arcivescovo di Manila, Tagle si è distinto per il tono fermo con cui ha criticato la “guerra alla droga” portata avanti nelle Filippine dal presidente Rodrigo Duterte tra il 2016 e il 2022 e che portò a migliaia di uccisioni extragiudiziali di presunti spacciatori e tossicodipendenti, spesso senza processo. In una lettera pastorale del 2017 invitò i cattolici a «bussare alle coscienze di chi produce e vende droghe illegali» ma anche «di chi uccide gli indifesi», chiedendo un approccio umanitario al problema.
Su altri temi, come aborto e contraccezione, ha mantenuto una linea meno netta: da un lato ha paragonato l’aborto agli omicidi extragiudiziali, definendolo «una forma di uccisione dei più indifesi»; dall’altro, pur opponendosi a una legge filippina che estendeva l’accesso alla contraccezione, è stato criticato per non averlo fatto con sufficiente energia.

Tagle è considerato vicino alla visione di Francesco anche su temi dottrinali come il celibato sacerdotale, la comunione ai divorziati risposati, i rapporti omosessuali. In diverse occasioni ha sottolineato l’importanza dell’ascolto e di un approccio orientato alla valutazione “caso per caso” più che all’affermazione di assolute verità dottrinali. Le sue posizioni sono concilianti anche in tema di dialogo tra le religioni, argomento molto sentito nel suo paese, che ha 114 milioni di abitanti, per l’80% cattolici. In un’intervista televisiva data dopo gli attacchi a Charlie Hebdo avvenuti a Parigi nel 2015 ricordò che la maggior parte dei musulmani filippini «soffre quando la loro religione viene strumentalizzata. Abbiamo molti amici di fede islamica e sono i primi a dire: gli atti di terrore non fanno parte della nostra religione. E io gli credo».

Nel dicembre del 2019 Bergoglio chiamò Tagle a Roma, e alcuni iniziarono a vedere in lui un successore ideale per guidare una Chiesa in cui cresce il numero dei fedeli che vivono fuori dall’Occidente. L’ufficio che fu chiamato a dirigere è quello della Propaganda Fide – successivamente ha cambiato nome in dicastero per l’Evangelizzazione, acquisendo poteri ancora più ampi – ed è una sorta di super ministero con diramazioni in tutto il mondo.

Che a guidare “la missione universale della Chiesa” fosse un cardinale filippino con antenati cinesi sembrò una scelta significativa anche perché Tagle, per le sue caratteristiche biografiche, potrebbe facilitare la complessa mediazione che la Chiesa cattolica porta avanti da anni con la Cina per risolvere la questione delle nomine dei vescovi locali, sulle quali il governo vuole avere l’ultima parola, e in generale per migliorare la condizione dei 12 milioni di cattolici che si stima vivano in Cina.

Papa Francesco e Luis Antonio Tagle a una messa per il 500esimo anniversario del cristianesimo nelle Filippine, nella basilica di San Pietro, in Vaticano, 14 marzo 2021

Papa Francesco e Luis Antonio Tagle a una messa per il 500esimo anniversario del cristianesimo nelle Filippine, nella basilica di San Pietro, in Vaticano, 14 marzo 2021 (Tiziana Fabi/Pool photo via AP)

Tagle ha aggiunto questa carica a un’altra che già deteneva, quella di presidente di Caritas Internationalis, la rete globale delle organizzazioni caritative cattoliche. Ma proprio quest’ultimo incarico si è rivelato uno dei punti deboli della sua carriera. Nel 2022 il papa ha cambiato per decreto tutta la leadership dell’organizzazione, parlando di disfunzioni nella gestione e nella comunicazione interna, pur escludendo casi di abusi o malversazioni.

Tagle non subì un vero danno di immagine, anche perché quello di presidente non era un incarico particolarmente operativo, ed è quindi stato ritenuto perlopiù estraneo ai problemi riscontrati dall’indagine. Ma comunque questo episodio potrebbe compromettere le sue possibilità di essere eletto papa, visto che il successore di Bergoglio non dovrà occuparsi solo di risorse ma anche di finanze.

Il disavanzo del bilancio del Vaticano infatti è salito dai 78 milioni di euro del 2022 agli oltre 83 del 2023, e il Consiglio per l’economia, l’organismo che sovrintende alla gestione dei conti, ha bocciato i bilanci presentati dagli enti pontifici a dicembre, rimandandoli indietro e chiedendo dei tagli. In Vaticano il tema del risanamento è considerato centrale e anche per questo diventa essenziale per il papa che verrà avere dato buona prova in ruoli di governo e di amministrazione. Dopo un pontefice trovato «alla fine del mondo» che è stato molto amato dai fedeli e poco dalla burocrazia, Tagle rischia di pagare il prezzo di un’immagine molto forte sul piano pastorale ma debole in ruoli di Curia.