Teheran sta sprofondando
A causa della subsidenza, alcune aree della capitale iraniana e altre zone del paese si abbassano di decine di centimetri all'anno

Ormai da diversi anni più di un decimo del territorio dell’Iran, compresa l’area della capitale Teheran, sta sprofondando a causa della subsidenza, cioè dell’abbassamento progressivo del suolo spesso causato dall’eccessivo prelievo di acqua sotterranea. Il fenomeno interessa più della metà dei 90 milioni di persone che vivono nel paese e negli ultimi tempi i suoi effetti sono peggiorati, con la comparsa di crepe e fratture nel terreno che danneggiano edifici e infrastrutture.
La subsidenza è un fenomeno relativamente diffuso in molte aree del pianeta e viene gestito, tra le altre cose, regolando il prelievo delle risorse idriche dal sottosuolo, evitando che la rimozione di importanti quantità di acqua faccia mancare parte del sostegno al suolo facendolo sprofondare. Di solito grazie alle piogge si possono mantenere i livelli nelle falde più o meno costanti, ma l’Iran è interessato da anni da prolungati periodi di siccità dovuti anche al cambiamento climatico, di conseguenza viene spesso prelevata dal sottosuolo molta più acqua di quanta ne venga ripristinata dalle piogge e dalle sorgenti sotterranee.
In generale un abbassamento del suolo di 5 millimetri all’anno viene considerato preoccupante in molte parti del mondo: in alcune zone di Teheran negli ultimi tempi si è arrivati a una subsidenza annuale di 25-30 centimetri. L’abbassamento non è omogeneo, dipende dalle caratteristiche del suolo, di conseguenza si hanno numerose deformazioni degli edifici, delle strade e di tutti i servizi come quelli per la distribuzione dell’elettricità e dell’acqua.
Come ha raccontato di recente il Financial Times, in alcuni quartieri di Teheran i proprietari delle abitazioni devono sistemare porte e finestre ogni anno, perché a causa della subsidenza non combaciano più con le soglie e non possono essere chiuse o aperte. Su scale più grandi, sono spesso necessari lavori per sistemare i binari su alcune tratte ferroviarie, che subiscono più di altre la deformazione del terreno.
Altri danni sono stati registrati in alcuni dei più importanti siti archeologici dell’Iran come Persepoli, che fu una delle cinque capitali del primo impero persiano circa 2500 anni fa. La subsidenza causa la formazione di crepe e fratture in rovine già fragili per loro natura, rendendone più difficile e costosa la conservazione. Molti siti iraniani sono nelle liste UNESCO (l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la scienza e la cultura), ma potrebbero essere rimossi se non venissero rispettati gli standard di conservazione, con un danno per il turismo.

Yazd, Iran (Eric Lafforgue/Art in All of Us/Corbis via Getty Images)
Il problema della subsidenza dura ormai da anni, ma finora non ha portato a grandi provvedimenti. Qualche tempo fa il presidente iraniano, Masoud Pezeshkian, aveva ipotizzato che la capitale Teheran potesse essere spostata altrove, visto che molti suoi quartieri stanno sprofondando e non c’è comunque acqua a sufficienza per le crescenti esigenze della popolazione. Un’idea simile era già stata presentata in passato, ma per la maggior parte degli esperti appare improbabile se non proprio impraticabile.
Studi e analisi hanno segnalato come le cause della subsidenza siano legate soprattutto a una gestione poco attenta e organizzata dell’espansione agricola e urbanistica dell’Iran. Molte città sono cresciute in fretta senza piani regolatori adeguati, mentre l’autorizzazione di attività agricole in aree storicamente poco fertili ha portato a un maggiore consumo di acqua. L’aumento della siccità negli ultimi decenni a causa del cambiamento climatico ha fatto peggiorare ulteriormente la situazione, così come le sanzioni internazionali hanno lasciato meno opportunità economiche per affrontare il problema.
Il governo dell’Iran ha in programma un piano per la riduzione del consumo di acqua da parte delle attività agricole e industriali entro il 2032, con il taglio del prelievo di 45 miliardi di metri cubi d’acqua all’anno. Non è però chiaro se sia effettivamente attuabile, soprattutto senza mettere ulteriormente in difficoltà il settore produttivo iraniano già messo a dura prova dalle sanzioni internazionali.