Il dibattito francese attorno al termine “islamofobia”
L’omicidio di un 23enne musulmano in una moschea ha riaperto la discussione su quale sia il modo migliore per riferirsi ad attacchi ed episodi di questo tipo

In Francia il recente omicidio del 23enne musulmano Aboubakar Cissé, ucciso mentre pregava in una moschea a La Grand-Combe, nel sud della Francia, ha riaperto nel paese un dibattito ventennale sul termine “islamofobia”, ossia l’odio e il pregiudizio nei confronti dell’Islam e delle persone musulmane. Nonostante di recente sia diventato piuttosto comune, anche per via del suo crescente utilizzo in altri paesi, in Francia alcuni lo considerano un termine ambiguo e preferiscono parlare di “haine antimusulman”, traducibile in italiano con “odio anti-musulmano”.
Secondo alcuni la parola è stata strumentalizzata dai sostenitori dell’Islam radicale, e quindi non dovrebbe essere usata per descrivere atti di razzismo contro le persone musulmane. Secondo altri è invece il termine più corretto, speculare al concetto di “antisemitismo” per le persone ebree, e proprio non usarlo sminuisce la gravità di questo tipo di azioni e crimini.
Aboubakar Cissé è stato ucciso lo scorso 25 aprile da un uomo che l’ha pugnalato una quarantina di volte, poi ha registrato un video in cui insulta Allah e l’ha pubblicato su Snapchat. Per questo motivo il procuratore della città di Alès, responsabile del caso, ha detto che l’ipotesi più accreditata è quella di un atto «antimusulmano e islamofobo». Anche il primo ministro François Bayrou, di centrodestra, e il leader del partito di sinistra La France Insoumise, Jean-Luc Mélenchon, l’hanno definito come un atto islamofobo.
Non hanno però usato questa parola il presidente Emmanuel Macron e il ministro dell’Interno Bruno Retailleau, noto per le sue opinioni molto dure nei confronti dell’Islam, e neanche diversi politici del Partito Socialista e importanti associazioni antirazziste. Queste ultime in particolare in un comunicato congiunto di condanna dell’omicidio hanno usato le espressioni «matrice razzista» e «odio dell’Islam e dei musulmani». Dominique Sopo, presidente di SOS Racisme, una delle più importanti ong francesi in questo ambito, ha detto che «storicamente non l’abbiamo utilizzato perché ritenevamo che potesse essere ambiguo».

Una protesta davanti alla moschea La Grand-Combe, il 27 aprile (Remon Haazen/Getty Images)
Questa ambiguità deriva dalla convinzione, infondata ma molto diffusa in Francia fino a qualche anno fa, che i sostenitori dell’Islam radicale abbiano coniato e reso popolare il termine “islamofobia” per delegittimare le preoccupazioni e le critiche alla diffusione di un’interpretazione molto conservatrice della dottrina islamica. In base a questa convinzione insomma i sostenitori dell’Islam radicale definirebbero “islamofoba” qualsiasi critica contro di loro, che sia legittima o meno.
A menzionare questa teoria è stato pochi giorni fa il ministro dei Territori d’Oltremare Manuel Valls, noto per le sue posizioni intransigenti nei confronti della religione musulmana: durante un’intervista radiofonica su RTL ha criticato l’accostamento fra l’omicidio di Cissé e l’islamofobia, sostenendo che fosse un concetto inventato in Iran durante il regime teocratico dell’ayatollah Ruhollah Khomeini (1979-1989) per delegittimare le critiche occidentali nei suoi confronti.
Benché sia vero che ancora oggi, per esempio, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan la usi talvolta per screditare le critiche nei confronti del suo governo (sempre più autoritario), la dichiarazione di Valls è falsa: diversi studi hanno infatti ricostruito che la parola fosse già usata in Francia all’inizio del Novecento in ristretti circoli di studiosi per descrivere il pregiudizio occidentale nei confronti dell’Islam, e che non avesse un intento ideologico o di propaganda.

La Grande Moschea di Parigi, nel 2020 (Kiran Ridley/Getty Images)
Negli ultimi anni, anche per via dell’aumento nei paesi occidentali di attacchi contro moschee e persone musulmane e di una più ampia presa di coscienza di questo problema, molte persone e istituzioni a livello internazionale hanno iniziato a usare più di frequente la parola “islamofobia”: la considerano il termine più corretto per indicare un fenomeno ampio e sistemico, diffuso in molti paesi e non perfettamente sovrapponibile con il concetto più generico di razzismo.
In Francia questo dibattito è nato in circoli più ristretti all’inizio degli anni Duemila, ma è diventato un tema discusso dall’opinione pubblica nel 2015 con gli attentati al settimanale satirico Charlie Hebdo da parte dello Stato Islamico (ISIS). Da tempo il giornale pubblicava delle caricature satiriche che ritraevano il profeta Maometto, considerate da molti offensive e blasfeme, ed era stato più volte tacciato di islamofobia.
I suoi redattori rifiutavano quelle accuse e sostenevano che fosse pericoloso accomunare con questo termine l’odio razzista contro le persone musulmane alle critiche, secondo loro legittime, a una religione (qualunque essa fosse). Al tempo anche Mélenchon era fortemente contrario all’uso del termine per criticare il settimanale e sosteneva che le persone avessero «il diritto di non amare l’Islam, così come si ha il diritto di non amare il cattolicesimo».
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La stessa opinione è stata sostenuta da molti politici, sia a destra che a sinistra, per difendere negli anni una legge del 2004 che vieta di indossare simboli «ostentatamente» religiosi nelle scuole pubbliche, in linea con il principio costituzionale della laicità dello Stato francese: la misura impedisce di indossare anche la kippah ebraica o una grande croce cristiana al collo, ma fu promulgata principalmente per vietare alle ragazze musulmane di indossare il velo islamico, cosa che portò molti a definirla una misura stigmatizzante nei loro confronti.
Negli ultimi anni molti politici e intellettuali, specialmente a sinistra, hanno però cambiato idea e hanno cominciato a considerare “islamofobia” il termine più corretto. Per Mélenchon questo cambiamento è avvenuto nel 2019, quando partecipò alla Marcia contro l’Islamofobia, organizzata dopo un attacco da parte di un sostenitore di estrema destra alla moschea di Bayonne, nel sud del paese al confine con la Spagna. Il dibattito all’interno del Partito Socialista invece è ancora aperto.



