Non è una vita facile, con la psoriasi

Può causare disagi fisici e psicologici quotidiani, ma non è riconosciuta come malattia cronica e la sua forma più diffusa non è esente dal ticket sanitario

di Giuseppe Luca Scaffidi

(José Araújo/Getty Images)
(José Araújo/Getty Images)
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Quando Arianna (nome di fantasia) sale su un mezzo pubblico o fa la coda per pagare la spesa, prova spesso una forte sensazione di disagio: può capitare che i suoi vestiti si riempiano di pellicine biancastre e squamose, che a un occhio poco esperto potrebbero ricordare la forfora. «Mi sento sempre osservata, anche se magari non è così», racconta. Per evitare di trovarsi in questa situazione, Arianna adotta vari stratagemmi: «Evito i colori scuri e tengo sempre un foulard a portata di mano per coprirmi, ma a volte non basta».

Arianna fa parte dei circa 1,8 milioni di persone che in Italia soffrono di psoriasi, una malattia della pelle cronica e infiammatoria che può causare lesioni estese, prurito e dolore, e che può avere un forte impatto sulla qualità della vita. Cominciò a manifestarsi quando era ancora una bambina, con la comparsa delle prime placche su gomiti e sulle ginocchia; negli anni si è poi estesa ad altre parti del corpo: durante l’adolescenza le desquamazioni sono comparse anche all’interno delle orecchie e infine, a 24 anni, sul cuoio capelluto.

Arianna racconta di essere stata spesso stigmatizzata per la sua malattia: «Chi non ne soffre la conosce molto poco, e a volte ritiene senza motivo che sia contagiosa: avere la nomea dell’untrice non è proprio una cosa fantastica, dal punto di vista sociale».

Ai disagi fisici e psicologici si aggiunge anche un peso economico non indifferente, perché la psoriasi di cui soffre Arianna – la cosiddetta “volgare”, quella più comune e diffusa – non rientra in quelle che possono essere esentate dal ticket sanitario. Le forme che danno accesso a questo diritto, identificate dal codice 045, sono infatti soltanto tre: la psoriasi artropatica, che coinvolge anche le articolazioni; l’eritrodermia psoriasica, una forma rara e molto grave che interessa quasi tutta la superficie della pelle; e la psoriasi pustolosa grave, caratterizzata dalla comparsa di vescicole di pus.

Nel caso di Arianna, l’unica spesa coperta dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN) è l’iniezione semestrale di un farmaco biologico – un medicinale ottenuto da organismi viventi o cellule. Si tratta di terapie particolarmente costose, e il fatto che siano a carico del SSN rappresenta un aiuto essenziale. «Tutte le altre spese, come visite, esami e trattamenti complementari, sono però a mio carico», racconta.

Oltre a queste spese, Arianna deve procurarsi mensilmente una crema da applicare ogni giorno sul cuoio capelluto e una serie di prodotti per la cura del corpo piuttosto costosi. «Non posso permettermi di prendere lo shampoo che vedo in offerta al supermercato, e neppure il primo sapone che mi capita sotto gli occhi: per non acuire l’infiammazione devo scegliere prodotti molto specifici, che hanno un costo superiore rispetto a quelli “normali”».

Ci sono poi altre creme che Arianna tiene nel cassetto «in caso di necessità», ossia quelle da applicare su ginocchia, gomiti e orecchie. In quei punti infatti la psoriasi si manifesta in maniera molto più irregolare, a volte a distanza di anni. Le creme però «non sono una spesa una tantum: hanno una data di scadenza e devo acquistarle con una certa regolarità, a prescindere dal fatto che le utilizzi o meno». Arianna quantifica le spese che dedica ogni anno alla psoriasi in circa 1.500 euro.

Dal punto di vista medico, la psoriasi è il risultato di un malfunzionamento del sistema immunitario. In sostanza, alcune cellule che di solito ci proteggono dagli agenti esterni iniziano a reagire in modo anomalo, come se la pelle fosse continuamente ferita o infettata, anche se in realtà è sana. Questo falso allarme scatena un’infiammazione costante e accelera il ciclo di rinnovo delle cellule della pelle, portando alla formazione delle tipiche placche rosse e squamose della psoriasi.

Non si conosce ancora una causa precisa: si sa che contano molto la genetica — se in famiglia qualcuno ha la psoriasi le probabilità aumentano — e certi fattori esterni, come infezioni, stress, cambiamenti ormonali o alcuni farmaci, possono farla scatenare o peggiorare. È una malattia cronica che può andare e venire, alternando periodi tranquilli ad altri più invasivi, e che può colpire in modi molto diversi da persona a persona.

Anche la quotidianità di Alessandro (altro nome di fantasia) è per molti versi simile a quella di Arianna: soffre di psoriasi volgare da dieci anni, sui palmi di mani e piedi, e questa condizione ha influito moltissimo sulla sua vita lavorativa. «I primi sintomi sono comparsi durante l’università, e non sapevo bene come gestirli: nei momenti peggiori avevo le mani completamente insanguinate».

Quando la malattia è localizzata in una zona così sensibile, anche le azioni basilari sono un po’ più complicate da svolgere: «Lavare i piatti peggiora moltissimo la mia condizione, perché i detersivi seccano la pelle; ma vivo da solo e devo farlo tutti i giorni, come tutti». Nel suo caso la psoriasi ha reso piuttosto difficoltoso anche l’inserimento nel mondo del lavoro: «Prima di trovare un trattamento efficace ho consultato vari dermatologi, e ho fatto i primi colloqui della mia vita con le mani completamente rovinate».

Secondo Alessandro, spesso la malattia ha inciso sulla sua valutazione: «Non è il migliore dei biglietti da visita, se cerchi un lavoro: ti rende più nervoso del dovuto, e rende impossibile addirittura congedarti con una stretta di mano». La spesa annuale stimata di Alessandro, che come Arianna non è esente dal pagamento del ticket, è «di almeno 800 euro, volendo stare molto stretti».

Questa situazione è comune a moltissimi malati psoriasici. Valeria Corazza, presidente dell’APIAFCO, un’associazione che si occupa di sostenere e promuovere la qualità di vita dei pazienti affetti da psoriasi, dice che in Italia le persone che soffrono di una forma grave della malattia ma non hanno accesso all’esenzione sono circa 250mila. «È un’ingiustizia che denunciamo da anni», spiega Corazza. «Chi ha la psoriasi volgare, la forma che colpisce la stragrande maggioranza dei pazienti, non è considerato idoneo per l’esenzione, anche se la malattia compromette il lavoro, la vita sociale e il benessere psicologico».

Secondo Corazza, attualmente «meno del 4 per cento delle persone affette da psoriasi hanno diritto ad agevolazioni». L’esclusione di una platea di pazienti così ampia spesso compromette il prosieguo dei trattamenti: «una visita dermatologica, un esame o un trattamento locale diventano un lusso, e il risultato è che in molti trascurano le cure o le abbandonano del tutto».

Una forma di psoriasi alle mani e alle unghie (Ansa)

Un altro problema sottovalutato, aggiunge Corazza, è che la psoriasi si accompagna spesso ad altre malattie come artrite, diabete, ipertensione e depressione. «Se aggiungiamo i costi indiretti come le assenze dal lavoro o i trattamenti per le comorbidità, il carico economico può diventare decisamente impattante», dice.

Oltre all’inclusione di tutte le forme di psoriasi nel codice di esenzione 045, una delle richieste dell’APIAFCO è che la malattia venga inserita nel Piano nazionale della cronicità (PNC), un documento di indirizzo adottato nel 2016 che stabilisce come il SSN dovrebbe organizzare la gestione delle malattie croniche. L’obiettivo principale è garantire che i pazienti che hanno bisogno di cure continuative nel tempo ricevano un’assistenza coordinata tra medici di base, specialisti e ospedali.

Al momento la gestione della psoriasi è affidata alle singole regioni, che però si muovono in modo disomogeneo: nonostante la mancanza di un’esplicita menzione nel PNC alcune regioni, come la Toscana e il Lazio, hanno predisposto dei PDTA (Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali, gli strumenti attraverso cui le previsioni del PNC vengono applicate concretamente) specifici per la psoriasi, ma «un’indicazione chiara e vincolante a livello nazionale renderebbe l’accesso alle cure più omogeneo».

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Il dermatologo Michele Cardone dice che fino a qualche decennio fa la psoriasi veniva semplicisticamente definita «la malattia dei sani», perché «si pensava che non fosse correlata a nessun tipo di patologia: veniva considerata un problema cutaneo slegato da tutto il resto».

Oggi invece è diventato chiaro che, nella maggior parte dei casi, la psoriasi è connessa a un qualche tipo di disordine metabolico. Cardone la definisce «una sorta di spia che agisce sul nostro cruscotto cutaneo» per rivelare uno stato di infiammazione molto elevato. È una condizione che è frequente trovare nelle persone sovrappeso o che hanno uno stile di vita sregolato, nei fumatori o in soggetti che hanno patologie cardiovascolari o cerebrovascolari, aggiunge.

Secondo Cardone, un altro elemento che caratterizza la psoriasi è il suo stretto legame con le abitudini contemporanee. Il malato psoriasico è infatti spesso un «soggetto ansioso, nervoso e sottoposto a frequenti momenti di stress».

I farmaci biologici coperti dal SSN non sono cure definitive, ma trattamenti che aiutano a controllare e gestire i sintomi della malattia, riducendo l’infiammazione e le squame: agiscono sul sistema immunitario, bloccando specifiche proteine o molecole coinvolte nel processo infiammatorio che causa la psoriasi. Anche se sono molto efficaci nel breve periodo e contribuiscono moltissimo migliorare la qualità della vita delle persone affette da psoriasi, «alla fine sono un palliativo», spiega Cardone.

A prescindere dai trattamenti, un aiuto per tenere sotto controllo la psoriasi è l’adozione di uno stile di vita il più possibile sano. Cardone dice che spesso i malati psoriasici sono liberi professionisti che lavorano molte ore e hanno poco tempo «per fare sport, andare in ferie o ritagliarsi del tempo libero».

Arianna per esempio lavora nel campo della grafica, e deve rispettare tempi di consegna strettissimi. «Non ho un orario di lavoro definito e neppure uno stipendio fisso: guadagno in base a ciò che produco. Gli attimi di pausa che riesco a concedermi sono pochissimi, e spesso non riesco a godermeli come si deve, perché la mente finisce sempre al prossimo lavoro da consegnare».

In situazioni del genere, spiega Cardone, alleviare i sintomi della psoriasi diventa molto difficile. «Non siamo fatti per rincorrere la burocrazia o stare dietro uno schermo 14 ore al giorno: dovremmo avere del tempo per muoverci, andare in bicicletta, leggere un libro e prendere il sole, ma le persone che possono farlo sono pochissime». Oltre a tenere sotto controllo il proprio stile di vita, Cardone consiglia di accompagnare le cure a un percorso di psicoterapia specifico.

«La psoriasi non è solo una malattia della pelle: è una difficoltà a comunicare emozioni e bisogni, una corazza che isola dal mondo», spiega Alessandra Monti, psicologa specializzata in medicina psicosomatica. «Alla base ci sono anche stress e vissuti repressi: curare la pelle senza affrontare il disagio emotivo significa ignorare metà della malattia».

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