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  • Martedì 15 aprile 2025

Le lettere di militari, riservisti e società civile contro Netanyahu

Chiedono la liberazione degli ostaggi «anche al costo di porre fine ai combattimenti»

Un soldato israeliano seduto su un veicolo corazzato, dicembre 2024
Un soldato israeliano seduto su un veicolo corazzato, dicembre 2024 (AP Photo/Matias Delacroix)
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Centinaia di riservisti ed ex membri del Mossad e dello Shin Bet, le due più importanti agenzie di intelligence di Israele, si sono uniti a una grande protesta contro il governo di estrema destra del primo ministro Benjamin Netanyahu, chiedendo il rilascio degli ostaggi tenuti prigionieri da Hamas nella Striscia di Gaza. In due lettere pubbliche (una per ciascuna agenzia) i membri dell’intelligence, attivi e in pensione, hanno chiesto al governo di ottenere la liberazione degli ostaggi «anche al costo di porre fine ai combattimenti», si legge nella lettera del Mossad, perché «la santità della vita è più importante della vendetta».

La protesta contro il governo e per il rilascio degli ostaggi era cominciata la settimana scorsa e ha coinvolto gradualmente migliaia di veterani e riservisti di tutte le forze armate e di sicurezza. Ciascun corpo delle forze armate ha reso pubbliche le proprie lettere e petizioni: la prima è stata quella di quasi mille membri dell’aviazione (anche in questo caso, in parte attivi e in parte in pensione) che hanno attaccato Netanyahu dicendo che la guerra «a questo punto serve soprattutto interessi politici e personali, e non gli interessi di sicurezza».

Poi c’è stata una lettera pubblica di centinaia di riservisti ed ex membri della marina, una dei corpi corazzati, e perfino una dell’unità 8200, il corpo d’élite dell’intelligence militare. Ci sono state lettere delle forze speciali, delle unità di paracadutisti, delle forze di fanteria, degli ex studenti dell’accademia militare, dell’unità dei portavoce dell’esercito (che sì, hanno una propria unità).

Tutte queste lettere hanno più o meno lo stesso contenuto: condannano il governo di Netanyahu e chiedono di raggiungere un accordo con Hamas per il rilascio dei 59 ostaggi israeliani. Nella lettera dei membri dell’unità 8200 c’è scritto, per esempio: «Soltanto un accordo può riportare gli ostaggi a casa sani e salvi, mentre al contrario mantenere la pressione militare porta all’uccisione degli ostaggi e mette in pericolo i nostri soldati».

Lettere simili sono state firmate in questi giorni anche da migliaia di membri della società civile: professori universitari, parenti degli ostaggi, ex funzionari del ministero degli Esteri.

Un soldato israeliano alla Piazza degi ostaggi di Tel Aviv

Un soldato israeliano alla Piazza degli ostaggi di Tel Aviv, febbraio 2025 (AP Photo/Oded Balilty)

Che questa protesta sia partita dall’aviazione non è un caso: anche le grandi proteste antigovernative delle forze armate di due anni fa, che poi si placarono con la guerra a Gaza, cominciarono dall’aviazione. Come allora, oggi il grosso delle proteste è composto da riservisti, cioè civili che hanno fatto il servizio militare e che possono essere richiamati in caso di necessità, come è successo in questo anno e mezzo di guerra. Dei circa mille firmatari della prima lettera, quella dell’aviazione, 60 sono attualmente in servizio.

Un altro importante gruppo di firmatari è composto da militari in pensione, alcuni dei quali però sono stati richiamati in servizio in quest’ultimo anno e mezzo, a causa della guerra.

Il governo ha risposto duramente alla prima lettera dell’aviazione, e poi a tutte le altre: l’esercito ha messo in congedo tutti i riservisti dell’aviazione in attività (tranne 25 che dietro minaccia hanno ritirato la loro firma). Netanyahu ha detto che «queste lettere sono state scritte da un piccolo gruppo di radicali, sostenuti da organizzazioni finanziate dall’estero che hanno un obiettivo: rovesciare il governo di destra». Ha poi chiamato i firmatari «un piccolo, rumoroso, anarchico gruppo di pensionati».

Effettivamente è vero che, al momento, i firmatari di queste lettere contro il governo sono in tutto poche migliaia, una minoranza rispetto alle persone impiegate nelle forze armate. Ma le lettere dei membri dell’intelligence, per esempio, sono particolarmente notevoli anche per l’identità dei firmatari: ci sono tre ex capi del Mossad (Danny Yatom, Efraim Halevy e Tamir Pardo) e decine di importanti ex ufficiali.

Al contrario delle proteste di due anni fa, quando i riservisti si rifiutarono di prestare servizio, queste proteste stanno avvenendo soprattutto a livello di testimonianza: i riservisti non hanno invocato nessuna forma di diserzione, e anzi hanno detto di voler continuare a servire nell’esercito, pur ritenendo la guerra sbagliata.

È possibile che questa protesta rivitalizzerà le manifestazioni contro il governo, che continuano a tenersi periodicamente nelle città israeliane. Secondo un sondaggio di febbraio, circa il 70 per cento degli israeliani sostiene «la fine completa delle ostilità, il ritiro da Gaza e il rilascio dei prigionieri palestinesi in cambio di tutti gli ostaggi israeliani».