Un dibattito sul testosterone
La rivista scientifica Aeon ha chiesto a una psicologa e a una biologa di discutere di cosa renda maschi i maschi, se la società o la genetica

Il topo della California è una delle rare specie di mammiferi in cui l’accudimento della prole è condiviso tra i genitori. Nel maschio è un comportamento influenzato dal testosterone: in un esperimento del 2001 le cure paterne diminuivano in caso di castrazione, mentre la somministrazione di testosterone le ripristinava. La castrazione non riduceva invece il comportamento aggressivo.
Uno studio successivo mostrò un’ulteriore stranezza: anche i topi maschi non castrati, se cresciuti in nuclei con padri castrati, erano a loro volta meno coinvolti nella cura della prole. Il risultato fu interpretato come una prova della profonda influenza che l’ambiente e le esperienze possono esercitare su comportamenti che si suppone essere condizionati da fattori biologici immutabili.
Il caso del topo della California è uno dei tanti esempi posti dalla psicologa e divulgatrice inglese Cordelia Fine in una recente conversazione con la biologa evoluzionista statunitense Carole Hooven, ospitata e pubblicata dalla rivista scientifica Aeon. Insieme hanno discusso della relazione tra mascolinità e testosterone, argomento da tempo oggetto di un dibattito politico molto divisivo. Trovandosi spesso in disaccordo, Fine e Hooven hanno cercato di descrivere i vari modi in cui il testosterone determina differenze nei comportamenti degli esseri umani: quanto quelle differenze siano significative sul piano fisiologico e stabili attraverso culture diverse, e quanto non lo siano.
Se e quanto, insomma, la maggiore aggressività media che si riscontra nei maschi sia dovuta alla maggiore presenza di testosterone nei loro corpi, e quanto invece al contesto culturale in cui sono cresciuti e in cui vivono. E se e quanto quei costrutti sociali siano così come sono per via di ragioni evolutive, e come vadano di conseguenza interpretate le numerose eccezioni presenti nel mondo animale, per quanto riguarda i ruoli attribuiti ai maschi e alle femmine.
Negli ultimi anni Fine ha ricevuto diversi riconoscimenti per il suo lavoro di divulgazione scientifica in lunghi articoli di giornale, conferenze e saggi di successo. Nel suo libro più recente, Testosterone Rex. Miti di sesso, scienza e società, critica l’idea che il testosterone possa spiegare le differenze fisiologiche e comportamentali tra gli uomini e le donne in un modo completo e coerente, indipendentemente dall’influenza della cultura e dell’ambiente.
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Il testosterone è un ormone responsabile di vari processi di stimolazione e controllo dello sviluppo delle caratteristiche maschili: nella pubertà regola, tra le altre cose, lo sviluppo del pene e dei testicoli, la produzione degli spermatozoi, la crescita delle ossa e dei muscoli. È presente in quantità variabili, nei maschi ma anche nelle femmine, sebbene in misura molto minore (in media circa 15-20 volte in meno).
Per Hooven, che lavora da anni nel campo dell’endocrinologia comportamentale, dal testosterone dipendono differenze fondamentali e innegabili tra gli uomini e le donne. «Spiega perché metà di voi è più grande e più pelosa dell’altra metà, in media, come tutte le differenze sessuali», disse al pubblico all’inizio di una sua conferenza TED nel 2024. Prendere atto di queste differenze e imparare a riconoscerle, secondo lei, può aiutare le persone giovani a comprendere meglio sia il loro corpo e i loro sentimenti, sia quelli delle persone diverse da loro.

Il pugile statunitense Floyd Mayweather Jr. e il lottatore di MMA irlandese Conor McGregor il giorno prima di un incontro di boxe, a Las Vegas, il 25 agosto 2017 (AP Photo/John Locher)
Molti sostenitori della centralità del testosterone nello sviluppo delle differenze tra gli uomini e le donne, citando una teoria controversa, fanno derivare ogni differenza da una sorta di asimmetria originaria tra i “costi” biologici sostenuti dalle femmine e dai maschi nella riproduzione.
Ogni maschio produce milioni di spermatozoi senza costi particolari, secondo questa teoria, mentre un singolo ovulo prodotto dalla femmina richiede nei mammiferi un nutrimento continuo, che prosegue anche dopo la gestazione, durante l’allattamento. Questo squilibrio porterebbe le femmine a essere altamente selettive nell’accoppiamento e i maschi molto competitivi tra loro, sotto l’influenza del testosterone, per massimizzare le possibilità di riproduzione.
Fine definisce questa teoria semplicistica, perché in realtà l’evoluzione e il testosterone sono in relazione con i ruoli sessuali in modo piuttosto vario e flessibile in molte specie animali, soprattutto negli esseri umani. L’esempio del topo della California chiarisce come gli esseri viventi non ereditino soltanto geni ma anche tratti ecologici, sociali e culturali non biologicamente predeterminati, ma necessari per lo sviluppo di adattamenti comportamentali poi trasmessi di generazione in generazione.
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Anche i comportamenti sessuali, forse quelli che in assoluto sono più comunemente associati a tratti biologici ancestrali e immutabili, non sono determinati solo da questi, secondo Fine, ma da migliaia di anni di culture e di norme di genere.
Il testosterone è soltanto uno dei tanti fattori variabili che influenzano i comportamenti, in un sistema complesso in cui l’influenza del contesto sociale e dell’esperienza può anche diventare prevalente, a seconda delle situazioni, e ostacolare l’evoluzione dei ruoli sessuali convenzionali. Modificare l’ambiente – una cosa in cui gli umani eccellono e che fanno da sempre – può modificare l’espressione culturale dei comportamenti maschili e femminili, «senza la necessità di millenni di lento cambiamento genetico».
Hooven, peraltro autrice del libro del 2022 Testosterone: The Story of the Hormone that Dominates and Divides Us, non nega l’influenza dell’ambiente sui comportamenti. Considera però inequivocabili le prove che il testosterone determini profonde differenze di base tra maschi e femmine, soprattutto nell’aggressività. Ovviamente la cultura può influenzare l’aggressività, incentivandola o meno, ma resta il fatto che gli uomini sono tendenzialmente più aggressivi delle donne in diverse culture. È uno schema «che varia nella forma e nell’estensione, ma che raramente si inverte», fa notare Hooven.
La ragione di questa tendenza, secondo lei, è che l’aggressività tra maschi nel regno animale è una qualità premiata nella selezione sessuale, un tipo di selezione naturale in cui i tratti utili ad attrarre partner e a favorire la riproduzione sono trasmessi alle generazioni future con più frequenza. Sono tratti come l’aggressività, appunto, ma anche colori più brillanti e corpi più robusti.
Inoltre il testosterone in quantità tipicamente maschili non solo determina evidenti differenze fisiche, ma influenza a sua volta i comportamenti degli altri individui – le femmine e gli altri maschi – e quindi lo status all’interno del gruppo sociale. È vero cioè che le esperienze sono influenti sulla psicologia e sullo sviluppo cerebrale, secondo Hooven, ma quelle stesse esperienze sono diverse tra maschi e femmine anche perché interagiscono reciprocamente con differenti quantità di testosterone.
Ovviamente esistono numerose eccezioni, e nel caso degli esseri umani la tendenza non implica che gli uomini «passino la vita a cercare di farsi a pezzi a vicenda», spiega Hooven. Molto dipende dal rapporto tra costi e benefici presenti nell’ambiente, e da fattori individuali. Ma anche negli uomini il testosterone è, in definitiva, «ciò che coordina la produzione di sperma con le complesse caratteristiche fisiche e psicologiche necessarie per far sì che lo spermatozoo raggiunga l’ovulo».
L’idea che l’influenza del testosterone sia così profonda e immutabile, obietta Fine, non spiega però le molte eccezioni a questo schema nel regno animale, sia tra specie diverse sia all’interno di una stessa specie. Sminuisce inoltre il fatto che ogni specie ha una propria storia evolutiva, e che nel caso degli esseri umani le culture non si limitano a incrementare o attenuare tratti evolutivi, ma possono contribuire a generarli.
«Se la cultura insegna che l’onore di un uomo è tutto, il suo testosterone aumenterà quando verrà insultato da uno sconosciuto. Ma se è stato cresciuto con norme maschili diverse, i suoi livelli di testosterone rimarranno invariati. Se la paternità attiva è la norma, più uomini si prenderanno cura attivamente dei loro figli piccoli – un’attività associata al calo dei livelli di testosterone».
Secondo Fine nessuna teoria scientifica può spiegare le variazioni interculturali di comportamenti legati al sesso nella specie umana, a meno di ammettere che gli esseri umani si sono evoluti per costruire socialmente i ruoli di genere. Non è spiegabile altrimenti, per esempio, perché la violenza maschile contro le donne sia rara tra i pigmei Aka, né perché la litigiosità maschile tra adolescenti sia oltre otto volte superiore a quella femminile in alcuni paesi come Tunisia e Suriname, ma uguale in altri paesi come Tonga e Ghana.

Un concorrente di una gara di braccio di ferro durante i Giochi mondiali dei vigili del fuoco a Sydney, il 22 ottobre 2012 (Mark Kolbe/Getty Images)
Alcune altre specie sono inoltre famose in quanto eccezioni allo schema del maschio competitivo e della femmina accudente. Una di queste è il falaropo beccosottile (Phalaropus lobatus), un uccello costiero migratore diffuso nelle regioni artiche e negli oceani tropicali. È una cosiddetta specie «a ruolo sessuale invertito», secondo una definizione del famoso biologo Charles Darwin, perché le femmine sono più grandi e hanno colori più brillanti rispetto ai maschi, per cui competono tra loro in modo aggressivo.
Secondo Hooven quella del falaropo è però un’eccezione che conferma la regola generale della «divisione dei lavori», e cioè che la competizione per i partner è tendenzialmente più agguerrita nel sesso che investe meno nella genitorialità. A occuparsi della cova è infatti il maschio del falaropo, non la femmina, che invece difende il compagno da altre femmine finché la covata non è completa. La maggiore pressione di selezione sessuale «agisce sul genitore meno investito, producendo strategie fisiche e comportamentali per competere per l’accesso ai partner».
L’idea di Hooven è che, tralasciando le eccezioni in altre specie, negli esseri umani i cosiddetti ruoli tradizionali derivino da predisposizioni che sono mediamente diverse tra i sessi fin dalla nascita. E come lei diceva già nel 2021, ospite del popolare podcast The Joe Rogan Experience, «il testosterone è lo strumento più efficace per comprendere le differenze sessuali umane».
Le norme culturali possono ovviamente modificare il modo in cui le predisposizioni vengono poi espresse, e discuterne ha senso ed è necessario. «Gli uomini possono esprimere maggiore vulnerabilità in Canada che in Russia», per esempio, senza che un comportamento debba essere considerato più o meno «naturale» rispetto all’altro. Ma resta il fatto che nei comportamenti aggressivi o violenti, così come nell’espressione delle emozioni, «la differenza di sesso va quasi sempre nella stessa direzione».