Il primo settore ad andare in crisi in tempi di crisi
È quello delle macchine che fabbricano le cose, che in Italia è molto sviluppato e ora sta risentendo dell'incertezza sui dazi di Trump

Uno dei settori industriali italiani che esportano di più negli Stati Uniti è anche uno di quelli di cui fuori dalle pagine dei quotidiani economici normalmente si parla meno: il settore dei macchinari che si usano negli stabilimenti industriali per fabbricare altre cose. Gli Stati Uniti fanno molto affidamento sulle importazioni per procurarseli, mentre l’Italia, insieme alla Germania e al Giappone, è uno dei paesi in cui questo settore produttivo è più sviluppato. Per questo è uno di quelli che più dovranno adattarsi se alla fine i dazi al 20 per cento annunciati per l’Unione Europea dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump entreranno effettivamente in vigore.
E già ora, nell’attuale momento di incertezza, in cui non è chiaro se il governo statunitense introdurrà davvero i dazi e quando, è un comparto industriale che risente della situazione: le macchine industriali hanno costi elevati (anche qualche milione di euro l’una) e tempi di consegna non immediati, per questo molte aziende statunitensi hanno sospeso gli ordini che avevano fatto in attesa di capire meglio cosa accadrà. È una cosa che succede sempre quando si avvicina una crisi economica: le aziende interrompono gli investimenti.
Trump sostiene che i dazi imposti alle merci straniere permetteranno agli Stati Uniti di far crescere il proprio mercato interno, dove è in corso da molti anni un processo di deindustrializzazione, perché aumentando i costi dei prodotti provenienti dall’estero favoriranno quelli statunitensi. Da un certo punto di vista quindi, se davvero i dazi porteranno a un nuovo sviluppo dell’industria americana, ci sarà molto bisogno dei macchinari fatti per questo scopo in Italia, Germania e Giappone. Nel breve termine gli Stati Uniti non potranno soddisfare da soli la domanda di questo tipo di prodotto, che richiede anche un elevato sviluppo tecnologico.
Riccardo Rosa, presidente dell’Ucimu, l’associazione dei produttori delle macchine utensili (quelle che tagliano, modellano e piallano i metalli, giusto per fare qualche esempio), ha spiegato a Open: «Dei 12 miliardi di euro comprati nel settore negli Stati Uniti, 6 sono importati. Non è facile trovarli in America dall’oggi al domani». Detto in parole semplici: anche se i dazi faranno aumentare i prezzi dei cosiddetti “beni strumentali”, quelli che appunto sono strumentali alla produzione di altre cose, le aziende statunitensi saranno comunque costrette a comprarli, perché ne avranno particolare bisogno.
– Leggi anche: Cosa vendiamo agli Stati Uniti
Al tempo stesso però c’è il problema degli effetti indiretti dei dazi, ovvero delle loro ripercussioni sui mercati degli altri paesi, Italia compresa. Se per via dei dazi le aziende italiane dovranno affrontare un grosso calo del proprio fatturato sui beni di consumo e conseguentemente delle importazioni dagli Stati Uniti, saranno meno propense a investire su nuovi macchinari per aumentare e migliorare la propria produttività. Un esempio è quello che riguarda l’alimentare e il vino, di cui si è molto parlato: sono settori che hanno grande bisogno di macchine per il packaging, cioè per le confezioni, e che dunque fanno affidamento su chi produce questi macchinari.
La stessa cosa vale per la Germania, che è il secondo paese per importazioni di macchinari industriali dall’Italia ed è a sua volta un grande esportatore di merci negli Stati Uniti. Tra gennaio e settembre del 2024 gli Stati Uniti hanno importato macchine industriali dall’Italia per 2,46 miliardi di euro e sono stati il principale mercato per il settore l’anno scorso. La Germania invece ha importato macchine industriali per 1,85 miliardi di euro nello stesso periodo.
Peraltro una parte importante delle aziende di Federmacchine, la federazione di associazioni di categoria che rappresenta tutti i produttori di beni strumentali, aveva già subìto un considerevole calo di vendite nel 2024 a causa di una diminuzione degli ordini sul mercato interno, quello italiano. Tale riduzione è stata dovuta ai problemi di “Transizione 5.0”, una misura di sostegno alle imprese annunciata dal governo fin dalla fine del 2023 ma diventata operativa con otto mesi di ritardo e anche successivamente molto difficile da applicare. Proprio per via dei problemi sul mercato interno le aziende produttrici di macchinari industriali si erano impegnate per rafforzare le esportazioni: ora con l’incertezza dovuta alle politiche statunitensi le cose potrebbero farsi più complicate.
Gran parte del settore dei mercati industriali poi non può pensare di delocalizzare i propri stabilimenti produttivi negli Stati Uniti, come stanno ipotizzando le aziende di altri settori per evitare i dazi. Lì manca una filiera per il settore e il costo del lavoro sarebbe più alto. Piuttosto, se davvero i dazi entreranno in vigore e comporteranno una diminuzione delle esportazioni, potrebbe avere più senso provare a espandersi in altri mercati. Uno potenzialmente interessante è l’India, la cui economia è in grande crescita.
– Leggi anche: Al porto di Livorno c’è fermento per la sospensione dei dazi



