In Italia non c’è un vero mercato dei bunker privati

Nonostante se ne parli in corrispondenza di cicli di notizie particolarmente allarmanti, quando in effetti qualcuno se ne interessa

L'illustrazione di una famiglia in un rifugio sotterraneo, 1960 (Hulton Archive/Getty Images)
L'illustrazione di una famiglia in un rifugio sotterraneo, 1960 (Hulton Archive/Getty Images)
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La scorsa settimana alcuni giornali italiani hanno parlato di un presunto aumento delle richieste per costruire rifugi sotterranei in cui nascondersi in caso di emergenze, future o eventuali. Il crescente interesse per la realizzazione di queste strutture sarebbe dovuto a vari fattori che hanno fatto aumentare la percezione di insicurezza, come le minacce nucleari del presidente russo Vladimir Putin, lo scetticismo del presidente statunitense Donald Trump sulla NATO, gli opuscoli diffusi dai paesi nordeuropei con indicazioni su come comportarsi in caso di guerra e il recente “kit di sopravvivenza” presentato dalla Commissione Europea. «In Italia è corsa a comprare bunker privati», ha titolato per esempio ItaliaOggi.

È impossibile stabilire quanti bunker privati ci siano in Italia, anche perché non esistono studi o stime al riguardo. Tuttavia, secondo le aziende di settore sentite dal Post, parlare di un aumento significativo del giro d’affari di questi rifugi è fuorviante, soprattutto per una ragione: il loro costo. «Il prezzo è molto proibitivo: parliamo di circa 5mila euro al metro quadro, una spesa alla portata di pochissime persone» dice Angelo Cavalieri, ingegnere dell’azienda Italbunker, secondo cui in Italia è improprio anche parlare «di un vero e proprio mercato: se riusciamo a costruirne uno in un paio d’anni è già un successo».

Tutte però concordano su un punto: l’interesse varia moltissimo in base al modo in cui i fatti vengono raccontati o interpretati. «Nei momenti in cui il ciclo delle notizie è più allarmistico del solito, come accaduto nelle ultime settimane, la percezione di insicurezza delle persone aumenta, e quindi riceviamo qualche richiesta di informazioni in più. Penso sia umano», aggiunge Cavalieri. Nella stragrande maggioranza dei casi insomma le persone che contattano l’azienda sono «dei curiosi»: non chiamano cioè «quando hanno già in mano un progetto e bisogna avviare i lavori», ma per ottenere qualche informazione su un argomento di cui sanno pochissimo. E comunque «desistono appena conoscono i preventivi».

Sul punto concorda anche Vittorio Paoletti, responsabile commerciale di Etica Costruzioni Srl. L’azienda ha cominciato a specializzarsi nelle costruzione di bunker privati tre anni fa, dopo l’inizio della guerra di invasione russa in Ucraina. «Ai tempi sembrava che potessero essere un buon affare, anche perché le persone erano davvero terrorizzate dai possibili sviluppi della guerra. E quindi abbiamo pensato di fornire questo tipo di servizio».

All’inizio l’azienda riceveva «decine di richieste al mese, ma in tutti i casi si trattava di preventivi che non sfociavano in qualcosa di compiuto». Oggi invece le chiamate sono più rare: «ne riceviamo poche, e quasi sempre quando le notizie su temi come guerre o armi atomiche sono particolarmente frequenti». Dal 2022 a oggi l’azienda non ha costruito nessun bunker: «avevamo due progetti in provincia di Alessandria, ma abbiamo soltanto realizzato la predisposizione: alla fine non se n’è fatto nulla».

Salvatore Fugazzotto, responsabile commerciale dell’azienda Il Mio Bunker, dice che nelle ultime settimane c’è stato un aumento delle richieste «del 30 per cento», ma non specifica se si tratti di progetti già avviati o semplici richieste di informazioni. Aggiunge che non può neppure rivelare il numero di bunker attualmente in costruzione, perché «firmiamo accordi di riservatezza molto stringenti, e dobbiamo rispettarli». In un’intervista data a Repubblica la scorsa settimana, però, parlava di «una cinquantina di bunker tra quelli realizzati e quelli in corso d’opera».

Giulio Cavicchioli, titolare dell’azienda Northsafe, che si occupa della realizzazione di progetti e della fornitura di attrezzature per bunker sotterranei, dice che attualmente «ha una dozzina di progetti in corso», e come i colleghi sostiene che l’interesse verso i bunker abbia «un andamento sinusoidale» che «risente moltissimo dell’attualità». «Quando cominciò la pandemia e subito dopo l’inizio della guerra in Ucraina la curiosità era altissima, poi è tornata a scemare. Probabilmente le notizie delle ultime settimane hanno generato un altro momento di attenzione, ma tra qualche settimana diminuirà».

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Negli Stati Uniti la costruzione di bunker privati è diventata una moda tra persone molto facoltose e accomunate da una visione apocalittica del futuro: sono i cosiddetti prepper, come vengono definite le persone che si «preparano» alla fine del mondo allestendo bunker sotterranei, specializzandosi in tecniche di sopravvivenza e attrezzandosi con beni e mezzi di prima necessità per adattarsi a un mondo in crisi.

Le origini dei prepper (chiamati talvolta anche “survivalisti”) vengono fatte risalire alla Guerra fredda, quando nel Regno Unito e negli Stati Uniti alcune persone cominciarono a costruire dei rudimentali rifugi sotterranei. La fama del termine però risale al 2012, quando il reality di National Geographic Doomsday Preppers diede visibilità al movimento.

Oggi il concetto di prepper è associato anche a dirigenti e imprenditori della Silicon Valley: tra i più noti ci sono il CEO di Meta Mark Zuckerberg, che ha costruito un bunker da 270 milioni di dollari nelle Hawaii, e il cofondatore di PayPal Peter Thiel, che ha comprato un grande terreno in Nuova Zelanda proprio a questo scopo. Altre celebrità americane che hanno costruito dei bunker sotto le loro abitazioni sono l’influencer Kim Kardashian, l’attore Tom Cruise e l’ex giocatore di basket Shaquille O’Neal.

Negli anni il prepping è diventato un interesse di nicchia anche in Italia, approfondito da blog, canali YouTube e podcast: tra le persone che si interessano di questi temi, la costruzione di bunker privati in cui nascondersi in caso di emergenza è uno degli argomenti più gettonati. In altri paesi invece la costruzione di bunker è stata realizzata con l’intervento dello stato. Il caso più famoso è quello della Svizzera, dove si stima che ce ne siano addirittura 370mila, nella stragrande maggioranza dei casi privati.

L’attenzione della Svizzera verso queste strutture è dovuta alla legge federale sull’edilizia di protezione civile. Tra le altre cose, la legge stabilisce che «ogni abitante deve disporre di un posto protetto raggiungibile in tempo utile dalla sua abitazione», e che «i proprietari d’immobili sono tenuti a realizzare ed equipaggiare rifugi in tutti i nuovi edifici abitativi». Fu approvata nel 1963, durante la Guerra fredda, quando l’eventualità di una guerra nucleare era considerata molto meno lontana di oggi.

In Germania invece da novembre il ministero dell’Interno e la Protezione civile federale (BBK) stanno compilando una lista per accertare le condizioni dei bunker esistenti nel paese e quali strutture potrebbero essere convertite in rifugi. Questa attività fa parte di un piano per aumentare il numero di rifugi di cui il paese disporrebbe in caso di attacco e va vista nel contesto delle tensioni con la Russia, che secondo il governo porta già avanti una guerra ibrida fatta di tentativi di sabotaggio in territorio tedesco.

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