Ai David di Donatello c’è un cortometraggio fatto con l’intelligenza artificiale
Ovviamente ha fatto nascere un dibattito, non scontato

Tra i film candidati ai David di Donatello, i cui vincitori saranno annunciati il prossimo 7 maggio, c’è un cortometraggio intitolato The Eggregores’ Theory, che è stato realizzato con l’intelligenza artificiale generativa. Non è il primo corto realizzato in Italia in questa maniera, ma è il primo a essere candidato ai David di Donatello, il principale premio dell’industria del cinema italiano. L’annuncio della candidatura alla fine di marzo ha fatto nascere un dibattito nel settore e in un’intervista a Repubblica l’ANAC (Associazione Nazionale Autori Cinematografici) ha chiesto «regole necessarie per un uso dell’intelligenza artificiale etico e rispettoso del diritto d’autore».
Delle due associazioni che in Italia si occupano di rappresentare gli autori cinematografici (l’altra è i 100autori), l’ANAC è quella più anziana, fondata nel 1952, ed è quindi per molti versi prevedibile che prenda una posizione “conservatrice” sul tema dell’utilizzo delle intelligenze artificiali nel cinema. La questione che pone è se sia giusto che un’opera generata con l’IA possa gareggiare con le altre per il medesimo premio, e quindi se in un futuro possano farlo anche i lungometraggi. I problemi sollevati sono due: quelli relativi al diritto d’autore di quelle immagini e quelli relativi a quanto di umano e propriamente creativo ci sia nell’opera. Andrea Gatopoulos, autore e produttore del cortometraggio, sostiene che nessuno dei due punti sia realmente un problema, e che anzi usare l’intelligenza artificiale sia per lui e per altri artisti soprattutto una scelta politica.
Prima di essere candidato ai David The Eggregores’ Theory era stato selezionato per la Settimana della critica, una delle sezioni autonome della Mostra del cinema di Venezia (cioè che si svolge durante i giorni e nei luoghi della mostra ma ha un comitato di selezione autonomo), gestita dal Sindacato nazionale critici cinematografici italiani. Essere presentati alla Settimana della critica è una delle opportunità migliori che esistono in Italia per un cortometraggio. Un comitato diverso composto da altri critici cinematografici l’ha poi selezionato insieme ad altri 4 cortometraggi per i David di Donatello. Come ha spiegato Francesco Ranieri Martinotti, portavoce dell’ANAC, il problema non è la selezione ai festival «che hanno una logica di esplorazione e provocazione, quanto l’idoneità del corto a un premio cinematografico che valorizza il talento umano e l’industria». La direzione dei David di Donatello non commenta mai questioni che riguardano le opere in competizione, ma ha confermato che il corto è candidato perché non viola nessuna regola.
Martinotti sottolinea come nel cortometraggio ci sia «un utilizzo quasi totale» all’IA generativa e quello che si chiede è «quanto di umano, e quindi di propriamente creativo, e quanto di matematico c’è in questa opera? Ha senso o è ragionevole che competa con opere che invece sono frutto della creatività umana?». Come spiega Gatopoulos, l’apporto dell’intelligenza artificiale in realtà non è totale: solo le immagini sono state generate così, la voce fuori campo è quella di Gatopoulos modificata e la musica è stata fatta convenzionalmente. Tuttavia anche parlando delle sole immagini, la questione è più complicata di come viene posta.
In The Eggregores’ Theory l’utilizzo della IA non è molto diverso dal lavoro più abituale e noto che si fa sui materiali di archivio. Per generare le immagini usate nel corto è stato usato Midjourney, uno dei molti strumenti disponibili. Per generare un’immagine occorre fornire un “prompt”, cioè un testo che indichi cosa si vuole mostrare e come si vuole che sia. Un esempio potrebbe essere: «Un giovane uomo con i capelli scuri guarda intensamente una donna più alta di lui, con lunghi capelli rossi e pelle chiara. Sono vicini, quasi a sfiorarsi, in un vicolo stretto illuminato da un singolo lampione. Indossano impermeabili, l’atmosfera è romantica e sospesa, come in una scena di un film noir degli anni ’70, con toni cinematografici da pellicola AGFA e uno stile da fotografia di strada in bianco e nero». Per quanto accurata sia la descrizione, non è al momento possibile generare mai la stessa immagine due volte, né immagini simili una dopo l’altra: i margini di interpretazione della IA sono così ampi che per ogni richiesta si innesca un processo generativo diverso con risultati diversi.
Andrea Gatopoulos ha iniziato come direttore della fotografia, e ha prodotto 120 cortometraggi e 4 lungometraggi. In molti casi le sue opere sono state selezionate ai principali festival italiani e internazionali, ha quindi una grande esperienza di lavoro in generale e sui film realizzati con materiale audiovisivo d’archivio, che secondo lui non è un tipo di lavoro molto diverso da quello fatto con Midjourney, perché invece di ottenere quello che vuoi devi adattarti a quello che trovi. Il suo obiettivo poi non era il realismo: «L’IA crea immagini standard e poco interessanti esteticamente. Per di più non comprende il linguaggio cinematografico [non sa che due inquadrature devono somigliarsi se sono una dopo l’altra o che tendenzialmente due soggetti che si parlano devono guardare in direzioni opposte, altrimenti la scena non è chiara, ndr], quindi è molto difficile creare una continuità tra immagini diverse, per ora. Dell’IA mi interessavano le sue peculiarità, che non è possibile riprodurre con nessun altro mezzo».
The Eggregores’ Theory racconta una storia di fantascienza attraverso una voce fuoricampo e per tutta la sua durata mostra immagini ferme, che in un certo senso, a volte metaforico, illustrano il racconto. Nel cortometraggio un narratore inaffidabile che ha cattivi ricordi non si rende conto di cosa sia successo a lui e alla donna di cui è innamorato. Per rappresentare questo problema di memoria e la ricostruzione fallace, Gatopoulos ha generato con Midjourney immagini di tipo fotografico che apparissero censurate o manomesse: per esempio i programmi di intelligenza artificiale generativa della precedente generazione non erano in grado di produrre testi leggibili all’interno delle immagini, finendo col creare delle specie di alfabeti inventati.
Gatopoulos cercava questo tipo di errore nelle intelligenze artificiali (in gergo tecnico il glitch, quando un’immagine è falsata da un errore di programmazione): «Ho incentivato l’IA a creare immagini con glitch e poi le ho lavorate su Photoshop. Così è stato creato anche l’alfabeto del film. Ho studiato linguistica e mi interessava da sempre l’idea di creare un linguaggio inesistente, che non sia accessibile a chi guarda la storia. Mi aiutava a costruire l’inaffidabilità del narratore, che non si rende conto neanche che la sua innamorata era probabilmente coinvolta in un’azione antigovernativa».
Per fare i 15 minuti di The Eggregores’ Theory ci è voluto un anno e mezzo, proprio per la sua natura e per la ricerca della continuità tra un’immagine e l’altra oltre che di una visione artistica coerente. In altri casi, se si insegue un risultato più realistico, spiega sempre Gatopoulos, ci possono volere anche 4 o 5 giorni per fare un minuto.
Nel mondo sono stati realizzati diversi cortometraggi con l’intelligenza artificiale: la maggior parte cerca di imitare i film tradizionali e far credere di essere stati girati normalmente. In tutti i casi fino a oggi nessuno ha superato i problemi di continuità, cioè il fatto che le diverse immagini non sembrano parte di un film unico o non si raccordano bene come dovrebbero, ma contengono diverse discrepanze. Significa che un’auto è un modello in una inquadratura e uno un po’ diverso in un’altra, che i volti degli attori non sono sempre coerenti ma cambiano un po’ da inquadratura a inquadratura e anche i colori non sono sempre identici. Anche per questo i corti fatti con IA spesso tendono a non avere lo stesso personaggio in più di una inquadratura.
Il primo corto generato con l’intelligenza artificiale ad aver concorso in un festival italiano è stato Miss Polly Had a Dolly di Pietro Lafiandra, Andrea Rossini e Flavio Pizzorno, presentato nel 2023 al Torino Film Festival. A differenza di The Eggregores’ Theory è stato realizzato interamente in IA: non solo le immagini (create con Gen-2 di Runway e con Pika), ma anche le voci fuori campo sono cloni vocali di altre voci (create con Genny), e la colonna sonora è generata con algoritmi “text to sound” (MusicGen). Tutti software disponibili online. Miss Polly Had a Dolly è stato concepito come una provocazione proprio per mostrare come esista una zona grigia legale nel mondo della generazione audiovisiva.
La questione relativa al copyright è invece più complicata. Le intelligenze artificiali generative riescono a creare immagini, suoni o testi, perché sono state addestrate leggendo, guardando o ascoltando una quantità molto grande di contenuti. In molti casi le immagini o i testi su cui vengono addestrate sono protetti dal diritto d’autore e il fatto che vengano usati per creare nuove opere è un problema che riguarda tutti i prodotti di IA. «Tecnicamente non ci sono ancora le prove giudiziali», fa notare Gatopoulos. «Ormai è troppo tardi per fermare questi software, il set di dati su cui si basa per esempio Midjourney (LAION 5B) è lo stesso di tante altre, ma le nuove IA ormai possono essere addestrate con gli output delle vecchie. Dentro quel database ci sono quasi 6 miliardi di immagini, alcune di pubblico dominio e tante altre sicuramente coperte da copyright. Le leggi sul copyright però parlano chiaro: si giudica il plagio a partire dal prodotto, non dal processo. Se non è possibile ricostruire esattamente che artista è stato copiato e in che modo, allora siamo davanti allo stesso processo del cervello umano, che ricombina infinite parti di ciò che ha visto e immagazzinato nella memoria in un prodotto inedito».
Il punto di vista di Gatopoulos sull’evoluzione dell’uso dell’IA è anche politico. Per lui e per altri giovani registi italiani che stanno lavorando molto con gli strumenti di intelligenza artificiale è «una questione di lotta di classe», è un modo per reagire alle difficoltà di accesso alla professione dovute alle barriere all’ingresso e al costo di una produzione: «Una persona che non ha grandi contatti e strutture e vuole fare un film con immagini di altro tipo rispetto a quelle molto economiche che sono consentite ora in Italia, immagini che richiederebbero una produzione più ambiziosa e costi più importanti, non può». Non è l’unico a pensarla così: lo stesso punto di vista sull’intelligenza artificiale come mezzo di democratizzazione dell’accesso alla produzione audiovisiva si trova in molti altri collettivi italiani e non, come per esempio Hariel. La società di Gatopoulos, Gargantua Film, è inoltre tra le principali animatrici della residenza per artisti Nouvelle Bug, che ospita ragazze e ragazzi di tutto il mondo e insegna le potenzialità dell’IA in ambito cinematografico.
Secondo Gatopoulos anche molte delle preoccupazioni sollevate in seguito alla candidatura del suo cortometraggio ai David sono solo allarmismo, perché i grandi studios non faranno mai film in IA: «Per loro non è conveniente economicamente e non gli consente di mantenere la proprietà dei dati». E anche l’evoluzione tecnologica ha un grosso blocco dato dalla crisi dei microchip e dai costi della grande potenza di calcolo necessaria.