Gli Stati Uniti hanno incriminato 12 hacker cinesi che avrebbero venduto alla Cina dati di dissidenti in esilio

Gli uffici di I-Soon, l'azienda a cui sono legati gli hacker incriminati, a Chengdu, in Cina, il 20 febbraio 2024 (AP Photo/Dake Kang)
Gli uffici di I-Soon, l'azienda a cui sono legati gli hacker incriminati, a Chengdu, in Cina, il 20 febbraio 2024 (AP Photo/Dake Kang)

Il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha incriminato 12 hacker cinesi che avrebbero venduto alla Cina i dati di dissidenti cinesi residenti negli Stati Uniti. I 12, che vivono in Cina, sarebbero dipendenti o collaboratori di una società privata cinese, la i-Soon (conosciuta anche come Anxun Information Technology), e fra loro ci sarebbero anche due funzionari del governo cinese.

Gli hacker avrebbero sottratto illecitamente informazioni riservate per venderle al governo della Cina in cambio di denaro: per ogni casella di email a cui riuscivano ad accedere gli hacker ricevevano fra i 10mila e i 75mila dollari. Fra i loro obiettivi c’erano anche una grossa organizzazione religiosa statunitense che avrebbe inviato dei missionari in Cina, un giornale di Hong Kong critico del governo cinese, un’organizzazione per i diritti umani e diversi media statunitensi attivi in Asia, ma anche le agenzie governative di diversi paesi asiatici e degli Stati Uniti. Il gruppo infatti sarebbe responsabile anche di un grosso attacco contro il dipartimento del Tesoro statunitense alla fine del 2024, in cui aveva ottenuto alcune informazioni non coperte da segreto.

La i-Soon è un’azienda che fornisce servizi di sicurezza al governo cinese. Nel febbraio del 2024 erano stati pubblicati online molti documenti interni alla società, probabilmente sottratti con un attacco informatico, che indicavano che l’azienda sviluppava anche sistemi di spionaggio informatico.

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