Il rapporto dell’UNICEF sugli stupri di minori in Sudan
Parla di più di 200 casi soltanto nel 2024, di cui 4 su bambini di un anno: i numeri reali sono probabilmente molto più alti

Martedì l’Unicef, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di diritti dell’infanzia, ha pubblicato un rapporto sugli stupri sistematici compiuti su bambini in Sudan, paese in cui da due anni è in corso una guerra civile che sta avendo un impatto devastante sulla popolazione. Soltanto l’anno scorso sono stati documentati 221 casi, di cui 16 riguardanti bambini con meno di cinque anni, dice il rapporto. In quattro casi le vittime avevano meno di un anno. È molto probabile che siano numeri sottostimati, perché è difficile che i sopravvissuti denuncino le violenze agli operatori umanitari, e in molti casi non lo fanno comunque per paura di subire lo stigma della propria comunità.
La guerra in corso è iniziata nell’aprile del 2023, quando due generali che avevano stretto una fragile alleanza e instaurato una dittatura militare hanno rotto i rapporti: Abdel Fattah al Burhan, che ora guida l’esercito regolare, e Hamdan Dagalo, noto anche come Hemedti, a capo del gruppo paramilitare Rapid Support Forces (RSF). In questi due anni entrambi gli eserciti hanno commesso violenze contro i civili: hanno saccheggiato e incendiato edifici, commesso omicidi su base etnica e, appunto, stupri sistematici nei confronti di donne, ragazze, bambine e bambini.
Nella guerra in Sudan, così come in altre guerre passate, lo stupro è diventato un’arma di guerra, usato cioè anche con lo scopo di spaventare e assoggettare la popolazione. Le violenze sono favorite dal fatto che molte persone vivono in condizioni assai precarie, nei campi per sfollati o ospitati in comunità diverse dalle proprie. Nel corso del 2023, cioè il primo anno di guerra, il numero di stupri riportati era aumentato del 473 per cento rispetto al 2022, e l’anno scorso si è registrato un ulteriore aumento del 16 per cento.
La maggior parte degli stupri sono compiuti su bambine e ragazze, ma è comunque frequente che le vittime siano maschi (il 33 per cento dei casi riportati, nel 2024). Le conseguenze sono devastanti, non solo per il trauma subito, ma anche per il rischio di contrarre malattie sessualmente trasmissibili o di essere ripudiati dalle comunità di appartenenza (reazione che si amplifica nel caso di gravidanze).
– Leggi anche: Che cos’è il Sudan

Rifugiate sudanesi in Ciad, ottobre 2024 (AP Photo/Sam Mednick)
Il rapporto dell’UNICEF ha raccontato di casi in cui donne o ragazze sono state sequestrate da gruppi armati e poi tenute come schiave, o vendute ad altri con scopi sessuali. Lo stupro è stato usato anche come ricatto per ottenere cibo o altre risorse primarie. Molte violenze sono avvenute lungo i lunghi tragitti che donne e ragazze sono costrette a percorrere per recuperare per esempio l’acqua dai pozzi, cioè in momenti in cui sono isolate e più vulnerabili.
Il rapporto dell’UNICEF non specifica se gli uomini che commettono gli stupri appartengano all’esercito regolare del Sudan o alle RSF (le RSF in passato sono state accusate di crimini di guerra e crimini contro l’umanità).
Secondo l’ONU, quello in Sudan è uno dei «peggiori disastri umanitari della storia recente». Oltre agli stupri sistematici, gli omicidi e le violenze generalizzate, è in corso una grave carestia. Dopo una fase di stallo, decine di migliaia di civili uccisi e 11 milioni di sfollati, nell’ultimo periodo l’esercito regolare ha ottenuto alcune importanti conquiste, e un’alleanza di milizie guidata dalle RSF ha firmato un accordo per creare un governo parallelo.
– Leggi anche: Sta cambiando qualcosa nella guerra civile in Sudan



