Anche la moda va in montagna
Baite e piste da sci sono sempre più frequentate, e le aziende di abbigliamento, dal lusso al fast fashion, se ne sono accorte

Gli après-ski (i chiassosi aperitivi sulla neve), le polemiche sull’invasione di Roccaraso (la località sciistica in Abruzzo visitata da migliaia di persone in un solo weekend), persino le vecchie foto di Lady Diana sugli sci molto condivise sui social dimostrano che la montagna d’inverno interessa sempre di più: sia ai ricchi frequentatori abituali sia alle masse. E così se ne interessa anche la moda, dai marchi di lusso alle catene di fast fashion, come si poteva notare negli ultimi mesi entrando in qualsiasi negozio di Zara o di H&M.
È una novità recente perché fino a poco tempo fa chi andava in montagna, soprattutto a sciare, comprava da aziende specializzate in abbigliamento tecnico, come Rossignol (fondata nel 1907), Bogner (1932), Fusalp (1952) e Moncler (1952), nate per rispondere alle necessità di chi andava sulla neve. Adesso invece, scrive Vogue, «lo skiwear (l’abbigliamento da sci, ndr) sembra diventato la nuova frontiera della moda di lusso – perché che cos’è una pista se non una passerella innevata? – con gli appassionati dello sci che vogliono mostrare il loro stile».
Nel 1995 Giorgio Armani fu il primo a presentare una linea di abbigliamento da sci, chiamata Neve, che fu sospesa dopo qualche anno e riproposta nel 2022 con una sfilata nella località sciistica di St. Moritz, in Svizzera. Nel 2016 Fendi realizzò una capsule collection (cioè una collezione in edizione limitata) per la montagna, nel 2020 ne fece una Dior, nel 2021 Prada e Louis Vuitton, nel 2022 Pucci; nel 2023 Balenciaga realizzò tute, giacche, doposci, tavole da snowboard e sci, e Brunello Cucinelli capi tecnici e altri più adatti a oziare davanti a un caminetto.

Di solito queste collezioni sono in vendita sul sito del marchio e nelle boutique aperte apposta nelle località sciistiche più prestigiose, come Cortina, Gstaad, Courchevel, Courmayeur. A volte le aziende inaugurano dei pop-up store (dei negozi temporanei): quest’anno Louis Vuitton ne ha aperto uno a Niseko, in Giappone, simile a una iurta, la classica abitazione dei popoli nomadi dell’Asia; Loro Piana ne ha uno a Zermatt, in Svizzera, ispirato a un ghèr, la tipica casa della Mongolia, da cui proviene il suo cashmere; persino il marchio francese Jacquemus, che ha un’immagine molto legata al Mar Mediterraneo e alla Provenza, ha inaugurato una boutique a Courchevel.

Spesso i marchi presentano queste collezioni con eventi in montagna a cui invitano giornalisti, editor, influencer da tutto il mondo, che poi li raccontano in articoli e sui social: in un periodo in cui l’impatto ambientale degli impianti sciistici è sempre più problematico, fiotti di invitati condividono con entusiasmo foto e video di lezioni di slalom, cene cucinate da chef famosi, après-ski sulle piste ed escursioni sui ghiacciai, alimentando tra chi li segue il desiderio di vivere esperienze simili. Aiutano anche le tante campagne pubblicitarie sulla neve che, scrive Business of Fashion, «idealizzano l’estetica sportiva dello sci e romanticizzano una stagione altrimenti grigia e fredda».

Un maglione della capsule collection realizzata dal marchio italiano MSGM con il rifugio Auberge de La Maison di Courmayeur: sono maglioni, felpe e un cappello con scritto sopra “Auberge de MSGM” (Dal sito di MSGM)
Anche per questo negli ultimi 2-3 anni l’abbigliamento da montagna è andato di moda in città, soprattutto con i giacconi impermeabili spesso ricoperti di loghi, e nei doposci di pelo accoppiati con leggings e minigonne. Chanel li aveva proposti nella sua collezione inverno 2019-20 e poi l’aveva fatto anche Miu Miu per l’inverno 2021-22: forse ricorderete le foto della modella Kendall Jenner ad Aspen, in Colorado, in bikini e doposci di Miu Miu. Sempre nel 2022 ci fu la tendenza di indossare in città i Moon Boot, i famosi dopo sci inventati da Giancarlo Zanatta nel 1969.
Quest’estetica ha convinto alcune aziende di fast fashion a proporre delle collezioni da neve. Nel 2018 Zara realizzò la sua prima collezione da sci con alternative più economiche fatta di leggings, maglie termiche, tute impermeabili, occhialoni e giacconi, che definiva perfetta «sia per la pratica dello sport che per il divertimento dell’après-ski», e quest’anno ha anche aperto un pop-up a forma di igloo per venderla a Shanghai.

Un look della collezione sci di Zara (Dal sito di Zara)
Nel 2023 sono arrivate la collezione sci di H&M e la collezione fatta da OVS con la sciatrice Deborah Compagnoni, mentre quest’inverno i negozi di Oysho vendevano doposci a 80 euro, pantaloni da indossare anche a -22 gradi, caschi e visiere.

C’è chi fa notare che l’abbigliamento da sci dev’essere prima di tutto funzionale e duraturo, ma questi capi sono rivolti anche a chi non ha mai messo un paio di sci e vuole provare o farsi una giornata sulla neve, magari per mostrarla ai bambini o mangiare in un rifugio.
Comunque sia, scrive BoF, si prevede che entro il 2027 l’industria del turismo dello sci arriverà a 5,7 miliardi di dollari, in particolare in Cina dove le infrastrutture si sono moltiplicate velocemente. L’anno scorso sono stati aperti 22 nuovi resort sciistici per un totale di 719, e c’è stato un aumento di sciatori del 16 per cento rispetto all’anno precedente. Forse, scrive BoF, è anche per questo che i marchi di abbigliamento all’aperto stanno uscendo dalla crisi del lusso più rapidamente di altri: Moncler per esempio è stato uno dei primi a riprendersi, soprattutto grazie all’aumento di vendite in Cina negli ultimi tre mesi del 2024.
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