Negli Stati Uniti è stato bloccato il congedo forzato dei dipendenti dell’USAID
Lo ha stabilito un giudice federale, per valutare se le azioni dell'amministrazione Trump per smantellare l'agenzia siano legali

Negli Stati Uniti un giudice federale ha emesso un ordine restrittivo che mette in pausa il congedo forzato di oltre 2mila lavoratori e lavoratrici di USAID, l’agenzia governativa che si occupa di fornire aiuti umanitari e assistenza per lo sviluppo in decine di paesi in tutto il mondo. La decisione blocca, almeno temporaneamente, i provvedimenti stabiliti dall’amministrazione del presidente statunitense Donald Trump, per cui l’agenzia rischia di essere chiusa o comunque fortemente ridimensionata.
Il giudice Carl Nichols, nominato dallo stesso Trump nel 2019, ha accolto un ricorso presentato da due sigle sindacali che rappresentano i lavoratori federali e quelli che lavorano per il governo all’estero. Ha deciso che il piano per il congedo forzato dovrà essere messo in pausa almeno fino a venerdì prossimo per permettere ai giudici di stabilire se sia legale, e ha fissato un’udienza di aggiornamento per mercoledì prossimo. Ha anche stabilito il reinserimento temporaneo di 500 dipendenti che erano stati già messi in congedo. L’ordine esecutivo non avrà alcun effetto sul congelamento ai finanziamenti agli aiuti all’estero, deciso da Trump nel giorno del suo insediamento.
Ha inoltre bloccato l’ordine che imponeva ai dipendenti all’estero di rientrare entro trenta giorni dalle loro missioni a spese dello Stato, oppure di farsi carico del costo del trasferimento. Molti di loro abitano fuori dagli Stati Uniti da decenni, hanno stabilito lì la loro vita insieme alle loro famiglie, e non hanno una casa in cui tornare. Inoltre secondo il giudice, per coloro che si trovano in aree difficili o di conflitto, il congedo forzato con tempi così stretti rappresenta un rischio per la loro incolumità.
Secondo l’American Foreign Service Association e l’American Federation of Government Employees, i due sindacati che hanno presentato il ricorso, l’amministrazione Trump non ha l’autorità di chiudere l’agenzia senza passare dall’approvazione del Congresso. Diversi parlamentari democratici ed esperti di diritto concordano. Secondo il procuratore del dipartimento di Giustizia Brett Shumate, invece, le azioni del presidente Trump sono del tutto legali «È una cosa che accade tutti i giorni, si tratta solo di un grosso numero [di dipendenti]» ha detto.
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Trump, con l’aiuto di Elon Musk, il noto imprenditore che ora è a capo del nuovo “Dipartimento per l’efficienza del governo” (DOGE), aveva avviato i piani per smantellare l’USAID poco dopo l’insediamento, sostenendo che l’agenzia fosse «corrotta» e che le sue attività fossero uno spreco di denaro pubblico. Il presidente aveva quindi firmato un ordine esecutivo con cui metteva in congedo forzato i dipendenti, con l’intento di ridurre la forza lavoro dell’agenzia. L’obiettivo era passare dai circa 10mila collaboratori attuali, tra dipendenti e freelance, a qualche centinaio: il personale sarebbe poi stato spostato sotto il dipartimento di Stato, l’equivalente del ministero degli Esteri.
Negli ultimi giorni c’era stata molta confusione tra i dipendenti di USAID, che erano stati anche tagliati fuori dalle mail e dalle comunicazioni istituzionali. Il giudice ha stabilito che, almeno fino a venerdì, dovrà essere garantito loro il completo accesso ai sistemi di comunicazione, anche quelli pensati per le emergenze, e ai pagamenti. Durante l’udienza di mercoledì prenderà in considerazione l’eventualità di un’ulteriore proroga al blocco del congedo.



