La polizia sudcoreana sta riprovando ad arrestare l’ex presidente Yoon Suk-yeol
Stavolta con 3.000 agenti e bloccando un quartiere, ma non è detto che ci riesca

Nelle prime ore di mercoledì, quando in Italia era martedì sera, la polizia coreana ha messo in atto una nuova massiccia operazione per provare ad arrestare l’ex presidente Yoon Suk-yeol, sei settimane dopo il suo tentativo di attuare una svolta autoritaria nel paese, e alcuni giorni dopo un primo tentativo di arresto, fallito venerdì.
Mercoledì mattina colonne di autobus e furgoni della polizia hanno bloccato le vie principali intorno alla residenza presidenziale, nel quartiere di Yongsan, a Seul, fermando il traffico di mezzi pubblici e privati. Secondo l’agenzia di stampa Yonhap gli agenti impegnati nell’operazione sono circa 3mila, ma intorno alla casa di Yoon si sono radunati circa 6.500 sostenitori del presidente, che da giorni presidiano la zona con l’obiettivo di rendere impossibile l’arresto.
Venerdì circa 100 poliziotti avevano cercato di arrestare Yoon, dopo che martedì 7 gennaio un tribunale di Seul aveva emesso un mandato d’arresto nei suoi confronti per le accuse di insurrezione e tradimento. A proteggere Yoon ci sono anche gli agenti del servizio di sicurezza presidenziale: venerdì dopo 6 ore la polizia aveva desistito dal completare l’arresto. Al momento non è chiaro se questo nuovo tentativo, con molti più uomini a disposizione, avrà un esito diverso.

Una delle strade bloccate (AP Photo/Ahn Young-joon)
Yoon è di fatto barricato in casa dallo scorso 3 dicembre, quando aveva imposto per alcune ore la legge marziale tentando di instaurare un regime autoritario nel paese. Era stato sospeso dal suo incarico attraverso una procedura di impeachment avviata dal parlamento sudcoreano il 14 dicembre. Intanto il ministero della Giustizia lo ha accusato di insurrezione e tradimento. Nel caso in cui Yoon, che si è rifiutato di collaborare alle indagini, venisse incriminato e ritenuto colpevole di insurrezione e tradimento rischierebbe l’ergastolo o la pena di morte.
Parallelamente all’indagine penale è tuttora in corso la procedura di impeachment: dopo il voto del parlamento serve infatti l’approvazione della Corte costituzionale per rimuovere un presidente definitivamente, e la Corte ha sei mesi di tempo per confermare o respingere l’impeachment. Yoon aveva difeso la sua scelta di imporre la legge marziale sostenendo che fosse stata un legittimo «atto di governo», intrapreso per proteggere la democrazia del paese. L’ex presidente aveva motivato la sua decisione accusando le opposizioni di aver «paralizzato» i lavori del parlamento e bloccato l’approvazione di varie leggi, tra cui quella di bilancio: negli ultimi anni la Corea del Sud ha attraversato una fase di stallo politico dovuta al fatto che il parlamento è controllato dall’opposizione al governo conservatore.