Gli ultimi mesi eccezionali di Jasmine Paolini
Quelli in cui la più forte tennista italiana è arrivata a giocare prima la finale del Roland Garros e poi quella di Wimbledon, dopo dieci anni di carriera da semisconosciuta
Sabato la tennista italiana Jasmine Paolini ha perso contro la ceca Barbora Krejcikova la finale di Wimbledon, uno dei quattro tornei del Grande Slam, i più importanti e prestigiosi del tennis mondiale (gli altri tre sono Roland Garros, Australian Open e US Open). Nonostante la sconfitta per il tennis italiano è un risultato storico: Paolini è stata la prima tennista italiana di sempre ad arrivare nella finale del torneo singolare di Wimbledon, e la seconda se si considerano anche gli uomini (dopo Matteo Berrettini nel 2021).
Il suo è un risultato eccezionale sotto molti punti di vista: fino a nemmeno un anno fa Paolini era una tennista di buon livello ma piuttosto sconosciuta per i non appassionati, aveva vinto un solo torneo in carriera e non particolarmente importante. Era inoltre entrata tra le prime 100 tenniste al mondo quando aveva già quasi 24 anni, un’età che si considera piuttosto avanzata per atlete di questo livello. Negli ultimi mesi invece è diventata stabilmente una delle migliori tenniste del circuito, ha vinto un torneo della categoria WTA 1000 (la più importante dopo gli Slam), è salita fino al settimo posto della classifica mondiale e dopo Wimbledon diventerà quinta.
Soprattutto, però, Paolini ha giocato la finale di Wimbledon più o meno un mese dopo aver giocato quella di un altro torneo del Grande Slam, il Roland Garros. È una cosa che nella storia del tennis femminile è riuscita solo a quattro tenniste prima di lei: Steffi Graf, Venus Williams, Justine Henin e Serena Williams, cioè quattro delle più forti e vincenti della storia. Giocare le finali del Roland Garros e di Wimbledon consecutivamente è eccezionale per diverse ragioni, ma quella principale e che salta subito all’occhio è che si giocano su due superfici molto diverse, il primo la terra rossa e il secondo l’erba, che per avere successo richiedono stili di gioco molto specifici.
Solitamente il passaggio dai tornei sulla terra rossa a quelli sull’erba, che nella stagione tennistica avviene a giugno in poche settimane, è il più traumatico e difficile da gestire per tenniste e tennisti. È per questo molto difficile avere successo su entrambe. La polacca Iga Swiatek, numero 1 al mondo, ha per esempio battuto Paolini molto nettamente in finale al Roland Garros (torneo che a 23 anni ha già vinto 4 volte), ma è uscita da Wimbledon al terzo turno contro la 35esima del ranking mondiale. I risultati di Paolini sull’erba sono ancora più sorprendenti se si pensa che fino a poche settimane fa non aveva mai vinto una partita del circuito maggiore su questa superficie, nonostante giochi a livelli professionistici già da una decina d’anni.
Prima di queste due finali Paolini aveva ottenuto ottimi risultati anche sul cemento, l’altra superficie del tennis: a gennaio era arrivata agli ottavi di finale degli Australian Open, il primo Slam della stagione, e poco dopo aveva vinto il WTA 1000 di Dubai. Paolini ha insomma dimostrato di essere una tennista molto completa, capace di giocare ad altissimi livelli su tutte le superfici: è forte negli scambi prolungati da fondo campo, fondamentali soprattutto sulla terra rossa, ma ha anche ottimi colpi al volo vicini alla rete, molto efficaci sull’erba. È una qualità per niente scontata, visto che Paolini è alta 1 metro e 63, decisamente sotto la media delle tenniste del suo livello (solitamente le tenniste e i tennisti più alti giocano meglio i colpi al volo a rete, perché hanno braccia e gambe più lunghe).
Un’altra ragione che rende eccezionale la doppia finale è che Roland Garros e Wimbledon sono i due Slam più vicini della stagione: si giocano a circa un mese di distanza l’uno dall’altro e sono due tornei molto stancanti per chi arriva fino in fondo, perché si giocano su due settimane invece che su una sola (come succede nella maggior parte dei casi nel tennis). In questi mesi però Paolini ha dimostrato anche grandi doti atletiche, e oltre ai tornei in singolare ha giocato con continuità anche quelli in doppio (i tornei di singolare e di doppio solitamente si svolgono negli stessi giorni, e quindi chi li gioca entrambi fa molte più partite). Anche qui ha ottenuto grandi risultati, in coppia con la veterana Sara Errani, 37 anni, con cui ha vinto a maggio gli Internazionali di Roma (il torneo italiano più importante) ed è arrivata in finale al Roland Garros a giugno.
Paolini è nata nel 1996 a Castelnuovo di Garfagnana, in Toscana. Il padre è di Lucca, mentre la madre è nata in Polonia – a sua volta da madre polacca e padre ghanese – e si trasferì in Italia più di 30 anni fa. Cominciò a giocare a tennis fin da piccola e ottenne i suoi primi punti WTA, quelli della classifica mondiale femminile, nel 2013, quando aveva 17 anni. La sua crescita è stata abbastanza costante, fino all’exploit degli ultimi mesi: nel 2019 entrò per la prima volta tra le prime 100 al mondo, ma cominciò a restarci stabilmente dal 2020; nel 2022 entrò tra le prime 50, nel 2023 tra le prime 30. Da quest’anno è tra le prime 10 al mondo. Vinse il suo primo torneo nel 2021 in Slovenia a Portorose, l’unico fino al WTA 1000 di Dubai di quest’anno. Fin qui non ne ha vinti altri.
Tra il 2017 e il 2023 le sue partecipazioni ai tornei del Grande Slam sono state poche e poco soddisfacenti: molte volte non era riuscita nemmeno a qualificarsi, molte altre aveva perso al primo turno, pochissime volte si era spinta fino al secondo. Quest’anno ha fatto un ottavo di finale e due finali. La grafica che mostra queste statistiche è abbastanza impressionante:
In questa grafica del sito specializzato Ubitennis, “Q” sta per “qualificazioni”, e quindi “Q1” significa che ha perso al primo turno delle qualificazioni; “1T” invece significa che ha perso al primo turno del torneo, “2T” al secondo.